sabato 28 giugno 2008

MaximaImmoralia. Sabella, Ciancio, le sindromi di Eichmann ed il complesso delle vittime. 28.06.2008

MaximaImmoralia. Sabella, Ciancio, le sindromi di Eichmann ed il complesso delle vittime. 28.06.2008
by Georg Rukacs

I boia sentono sempre d’avere il diritto d’essere boia, ... almeno, fino a che non siano smascherati ed additati alla pubblica ignominia. I criminali sono terrorizzati dalla pubblicità! Gli psicotici sono ossessionati dai “si dice”, “gli altri dicono”!

La prima regola per non essere vittime è non averne i complessi. Sono i boia che si devono vergognare ed avere paura. Non chi loro mettano sotto tiro. Non si è vittime se non si vuole esserlo. Certo, si può finire lo stesso ammazzati od ammaccati. Ma non da vittime. Da umani ammaccati od uccisi da scarafaggi.

Il direttore Papa, Vitale o Vitali e suoi successori al regionale, la Scatizzi, l’Allacca, quelli dell’OVRA (carabinieri, poliziotti etc in attività pazzoidodelinquenziali), CGIL, CISL, RdB, “avevano il diritto” d’essere boia. “Noi siamo lo Stato.” “In fondo obbediamo agli ordini” “Ma ce l’hanno detto dall’alto che quello deve essere liquidato.” “Non facciamo altro che partecipare ad un pogrom e linciaggio sociale lanciati da chi può.” “Facciamo solo il nostro dovere.” “Ce lo ordina il governo.” “Obbediamo agli ordini del Parlamento.” “Siamo coperti dal partito.” “Ce lo ordina il sindacato.”

Autunno 1994. Torino, Inps di Mirafiori Sud.

Ciancio aveva appena firmato una falsa deposizione pretesa dal direttore Papa, in conto OVRA, perché sennò a Ciancio non avrebbero fatto passare il concorso per divenire dirigente. Invece, Ciancio aveva un posto da dirigente (capo reparto od ufficio) senza tuttavia averne il grado. Poi, dopo il concorso, sarebbe divenuto direttore da qualche parte. Lo mandarono a Vercelli, mi sembra, a concorso superato come lottizzato in carico CGIL credo.

Idem Sabella, la capo settore, una funzionaria di VIII livello senza laurea. No, lei non aveva problemi di concorsi. Era lì che poteva andare in pensione in qualunque momento. Anzi, lei neppure figurava nelle deposizioni dell’Ispettore. Insomma, aveva reso la deposizione falsa senza farla risultare. Figuratevi, uno fa un’ispezione su uno e non si fa stilare una bella deposizione falsa pure dalla capa della porta affianco all’ispezionato!

Per cui la falsa deposizione di Ciancio brilla per la sua presenza agli atti. Mentre la falsa deposizione di Sabella non figura ma c’è. La sua assenza testimonia la presenza della falsa deposizione. Una onesta avrebbe dichiarato e firmato la verità, senza spostarsi per far largo alle false deposizioni altrui pretese della teppaglia dell’OVRA, sezione INPS.

Pochi giorni o settimane dopo queste vicende di deposizioni false, c’era non so quale “festicciola” di Ciancio. Sarà stata la promozione a dirigente, il concorso truccato vinto. Sabella: “C’e la festa per Ciancio.” Ci teneva a far vedere che lei controllava tutto il “suo” settore. A festa in corso, mi riviene a chiamare: “Ti stiamo aspettando.” “Oh, certo!” le faccio. Ci mancava che andassi a festeggiare uno che m’aveva appena reso una falsa deposizione per fottermi, chiamato da una idem. Entrambi avevano coperto le corrotte che come loro firmavano false deposizioni: “Ci rifiutiamo di lavorare con quello perché non approvimo i suoi metodi.” Ecco quel che avevano scritto si richiesta del direttore Papa. Appunto, i miei metodi erano fare tutto subito mentre il loro era di non fare nulla per poi chiedere bustarelle per le “pensioni dei fondi speciali”. Non occorreva comunque essere in tre. Era giusto il lavoro per uno, per uno che non rubasse come invece loro, protette “dal sistema”, facevano.

Non vado alla festicciola che era qualche metro più in là.

Poi, Sabella mi viene lì piccata, a “festa” finita: “Mi avevi detto che venivi.” Oh, certo!

Naturalmente, s’è andata a lamentare piccata pure perché, poco tempo dopo, quando me ne sono andato per sempre, ho infilato la porta in uscita senza salutare nessuno, tanto meno lei, “la capa”, lei “così buona e comprensiva con tutti.” C’è chi l’ha guardata con comprensione quando s’è lamentata: “Che tipo quello... Non m’ha neppure salutata!” Buon per loro, che tra scarafaggi si comprendano.