lunedì 26 dicembre 2011

mashal-035. Tra i troppi ladruncoli e ladroni di Rio de Janeiro

mashal-035. Tra i troppi ladruncoli e ladroni di Rio de Janeiro   
by Georg Moshe Rukacs

In molte cose, è sempre meglio parlare di quello si tocchi con mano.

Mesi fa mi offro come pittore dove abito, un ostello per brasiliani. “OK. Lavoro per un mese.” Dopo una settimana, il padrone mi paga il pattuito ma mi dice che, per una nuova settimana, deve “chiedere un’autorizzazione”. Alla Polizia Segreta? 

Un ex-calciatore, ora di 80 anni, di razza bianchetta-livida, terrorista di Stato, si era lamentato con lui che era meglio dare lavoro “a brasiliani”. Esistono “i brasiliani”? Sembra un gran miscuglio mal riuscito di razze, dove c’è chi dorme per strada, anche in pieno giorno, e chi compra dolcetti che costano uno o più stipendi minimi giornalieri ufficiali.  

Lavoravo troppo veloce. Anche un altro pittore, che la tirava per le lunghe, si era lamentato che io stessi andando troppo in fretta. Provarono ad affidarmi alcuni lavori di pittura impossibili, come dipingere con una camicetta bianca sul letto senza spostare nulla e senza far danni, oppure arrampicarsi in anfratti claustrofobici. Li feci. A quel punto, dismesso per non si sa cosa. Anzi, perché si erano lamentati che si deve lavorare lenti e male, e rubare lo stipendio.

Quanto, altri, dipinsero la mia stanza, ognuno sporcava la pitturazione dell’altro ed, infine, per vetrificare il parquet, hanno vetrificato pure ben visibili macchie di pittura da muro.

Quando, poco più avanti, mi offrii, sempre a seguito in un annuncio sotto, alla porta, come inserviente, il padrone, un grassone bianchetto-livido di nome Fausto (lo stesso mi aveva fatto lavorare una settimana come pittore), fece l’aria confusa di uno alla ricerca di una scusa e, poi, se ne uscì con un imbarazzato: “voglio facce nuove e giovani”. Vedremo che, in Rio, quando lavori gratis, diventi all’improvviso “nuovo”, giovane, brasileiro autentico e grande amico.

Più avanti, a dicembre 2011, cercano un portiere di notte, nello stesso luogo. Sono curioso, Chiedo al luccaculo del padrone, Fabio DeZizzo Coniglio (un ragazzone un poco frocesco sui 30-40, che vive in un palazzone in Avenida Vargas, 15 minuti da qui), che dunque riferisce tutto, l’unico che sopravvive a tutti gli altri lavoranti che cambiano in continuazione e che fa gran straordinari. I lavoranti cambiano in continuazione, qui, soprattutto quando sono eccellenti. Lui resta. I due altri stabili, che rispondono agli standard di Fausto, il padrone, sono i due portieri, la anzianotta nera isterica, rozza e volgare, che si lancia in esplosioni nevrotiche contro tutti salvo atteggiarsi a sorridente e dolcissima col padrone grassone, e l’ex-calciatore bianchetto-livido di 80 anni che non capisce un cazzo ma che pseudo-spia tutto come terrorista di Stato attivo o solo od anche mitomane arterio-sclerotico. Entrambi vivono nell’ostello.

Mi offro dunque a chi incontro quando scendo, Fabio il ruffiano. Gli dico che mai avessero bisogno, possono chiamarmi. Ha un orgasmo denegatorio. Infatti, il padrone grassone poi non mi chiama sebbene abbiano problemi a trovare qualcuno come portiere (maschile) di notte per le feste ed oltre. Mi raccomanda pure, di iniziativa sua, il pastore di cui dirò, per motivi che saranno poi chiari. Nulla. Fausto ha raccontato, poco dopo arrivai qui, all’ex-calciatore ottantenne, che la Polizia Segreta gli ha ordinato, pur senza insistere troppo, di creare incidenti. Lui, che non ne ha voglia, si copre dietro l’ex-calciatore terrorista di Stato e l’anzianotta nera isterico-delirante, rozza, ruffiana e malata. Siccome certe cose si auto-alimentano anche da sole, una volta lanciate, quando gli avevo chiesto il lavoro come pittore aveva prima intravisto l’affare, poi l’ex-calciatore terrorista gli aveva detto che forse quelli della Polizia Segreta non volevano mi desse neppure lavoro...

Liberio, un malato di mente di 65 anni, fuggito di casa perché il figlio, più pazzo di lui, tentava di ammazzarlo (forse anche perché Liberio abusava figlie e figli), era ed è sempre a perseguitare tutti, all’ostello, coi suoi deliri. Per un po’, lo son stato a sentire... Quando gli ho chiesto se si prestava per una strana cosa che si chiama “comprovante di residenza”, prima mi ha detto di sì, poi ancora di sì, poi non si faceva trovare, per infine dirmi, un ultimo mattino mi aveva detto di chiamarlo, che era moribondo. Ho lasciato perdere. Ne aveva parlato coll’ex-calciatore terrorista di Stato che gli aveva detto che era dovere patriottico fare ostruzione contro gli stranieri. Da allora, lo evitai.

Nonostante ciò, quando ebbe bisogno di settare il suo pc per internet glielo feci. Mentre stavo operando, e la sua scheda wireless con annesso programma  sembrava non-funzionare, arrivò un nero che ha una ditta proprio di predisposizione di reti informatiche. Si avvicinò con l’aria di uno che dice: “Non sei capace. Faccio tutto io.” Lo lasciai fare. Concluse senza riuscire a fare nulla e, come tutti quelli che non sanno cosa fare, disse a Liberio di comprare un’altra scheda wireless. Dissi di lasciarmi solo col pc per qualche minuto. Lo settai. Ecco che funzionava perfettamente. Il grande professionista brasileiro era incapace. Io l’avevo fatto senza problemi. Questione un po’ di arte ed un po’ di pazienza. Naturalmente, Liberio se ne uscì con altri deliri. Lo invitai a smetterla di delirare. Furioso, chiamò il nero ‘grande’ imprenditore di reti pc. Questi si applicò senza concludere nulla e senza comprendere che, quando uno delira, il problema è il deliro non inesistenti problemi del pc. Naturalmente, Liberio era euforico tutte le volte che Fausto gli aumentava i prezzo dei 6 metri quadri di stanza, un 20% in pochi mesi, sebbene l’inflazione brasileira non sia del 20%, e tutte le volte che l’ex-calciatore lo inondava con lividume delirante xenofobo. Liberio contraccambia quest’ultimo, per essere fatto parte di tale filosofeggiare malato, presentandosi alla reception ed allo stesso con riviste porno che gli sfoglia sotto il naso colante di eccitazione. Ora, quando mi incontra, mi racconta che Fausto gli ha settato l’internet del pc. La prossima volta che ha bisogno di qualcosa, prima lo mando affanculo e poi gli chiedo mille reais anticipati e con testimoni.     

Marco.Az, pastore part-time della Assemblea di Dio (come lavoro ufficiale o ha un negozio o lavora in un negozio di telefonia o simili), mi ha dato 3 laptop da configurargli gratis. Glielo ho fatto. Le ditte che vendono computer fanno una rozza configurazione di base e null’altro. Il cliente non capisce un cazzo ed usa il computer per non si sa bene cosa. Quando cerchi un lavoro, non te lo danno perché sei vecchio e non brasiliano. Quando lavori gratis, ecco che subito divieni giovane e brasiliano. Lui comunque s’è interessato per un lavoro, almeno formalmente. Tutti gli dicevano di sì, gli prospettavano sempre nuove possibilità. È che poi non s’è visto nulla. A volte, mi prepara il caffè o mi offre qualcosa.

Naturalmente Marco.Az attiva tutti quelli che conosce, nell’ostello dove vive, in stanze separate, con la figlia Maria di circa venti anni e che lui sembra controllare in modo strettissimo. Il nero, imprenditore di reti, mi dice che mi chiama quanto prima, ...ma che per ora ha già dipendenti. Infatti non mi ha mai chiamato. Un altro che fa finta di fare il posteggiatore abusivo dove ci sono già posteggiatori del comune e che viaggia in macchinoni di gentaglia con facce da delinquenti non di rango, forse magnaccia di travestiti, di sicuro travestiti da magnaccia di baldracche scadentissime!,un giorno mi chiama per un lavoro giornaliero: “È un lavoro facile. Sono poche ore, solo un paio. Se ti chiede digli che vuoi 80-100 reais. Si devono solo scaricare dei computer da un fiorino. Una cosa da nulla.” L’imprenditore delinquente arriva con un Fiorino. È un bianchetto livido ed anzianotto. Col Fiorino si va a casa sua, una villetta in San Cristoforo, dove lascia il Fiorino e preleva un furgone un po’ più grande dove sono stipati vecchi monitor e vecchi computer. Si va dove si deve fare la consegna. È un’ex-clinica che stanno riadattando a non so cosa. Mi do da fare per scaricare veloce, nonostante il caldo opprimente. Scaricato, viene fuori che in realtà c’è un totale di un 75 vecchi monitor, dunque piuttosto pesanti, e di un 75 vecchi computer, non molto più leggeri, da portare al primo ed al secondo piano, senza ascensori o simili. Vedo che lascia dei soldi ad uno del luogo e sparisce dopo avermi detto che posso trovare un bus per il ritorno verso est, in Avenida Brasil. Comincio. In effetti è una cosa un po’ impossibile per una persona, pure per due. Se ne rende conto uno che poi arriva e che fa lui la prova. Mi dice di muovere tutto il resto dall’ingresso al pian terreno ad una stanza a 10 o 15 metri sullo stesso piano. Sembra che alla fin fine tutti quei vecchi computer siano per beficenza, a quel che mi dice quando gli chiedo. Mi aiuta il ragazzo che aveva preso in consegna i soldi, un nero decisamente più alto di me. Nel caso specifico, il vecchio era un ladrone, mentre il giovane responsabile dell’edificio in ristrutturazione uno che si rende conto. Alla fine, il ragazzo nero aveva preso in consegna i soldi dal ladrone, mi dà 40 o 50 reais, credo 50, da cui devo detrarre i 2.5 che mi costa il rientro. In effetti, mi era sembrato un po’ inverosimile che potessi riceverne 80-100 per un paio d’ore. Ovviamente ho lavorato varie ore, non un paio. Quello che mi aveva prospettato 80-100, mi chiede. Gli dico che ho ricevuto 50 (o quel che fu, ma credo fossero proprio 50), ma non per un banale scarico come mi aveva prospettato. Mi dice che è ottimo. Appunto, parlano un po’ tutti a vanvera, quando si tratta di soldi e lavoro altrui.   

È tutto così, a Rio. Un giorno, a settembre, mi contatta uno, Arthur C. da Costa Jr, per lezioni di italiano, due ore il venerdì pomeriggio. Lascia passare il primo venerdì. Il secondo, mi dice che ha un appuntamento dal medico. Deve poi essere morto, perché il terzo venerdì lo aspetto un’ora senza che si presenti e non ho più notizie. Il luogo dell’appuntamento era chiaro. Non me la sento di scrivergli per dirgli che lo ho aspettato per nulla. Né lui si fa vivo. 

Nello stesso periodo, mi contatta una piuttosto anziana, CissaKabrl, che aveva bisogno di uno per marketing informatico. Ha un socio che, quando lei mi chiama, si ammala. Per cui non lo vedo. Lei aveva seguito un corso di marketing in rete, presso una qualche università locale, che non gli aveva data alcuno strumento pratico per fare nulla. Neppure alcuna vera comprensione di nulla. Sono sicuro che lo avrà ben pagato. Soldi gettati. Ripete delle formulette senza sapere cosa fare. Mi dice che lei è o era giornalista. Dice che hanno l’invenzione del millennio, un aggeggino per la trasposizione di note musicali, una per una, che, nel 2012, dovranno presentare alla Fiera di Francoforte, per cui mio compito dovrebbe essere ora iniziare un marketing su reti sociali e poi andare a Francoforte per presentare il prodotto. In realtà, esistono programmi in rete per trasporre interi spartiti, apparecchi elettronici con trasposizioni incorporate e lo stesso apparecchietto, più completo ma anche a costo superiore, prodotto in Australia e venduto in rete. Ma che in Brasile possano vendere degli aggeggini di plastica infima per un venti reais è un atto di fede per illusi. Sono cose che per un reais, e con impresso il nome di una impresa, si potrebbero vendere a ditte del settore musicale per darli gratis ai clienti come pubblicità. Me la mena un po’ per email. Poi mi chiede se sono sempre disponibile. Le dico di sì. Non si fa più sentire. Avevo fatto delle prove di mio, su reti sociali, ma non sembrava ne fregasse nulla a nessuno di quegli aggeggini, neppure a studenti che avrebbero dovuto essere tra i target della campagna. A giudicare dal sito, fermo e mal funzionante, non sembra che la cosa abbia avuto sviluppi. Deve essere un caso sociologico e familiare. Il marito avvocato, pur anzianissimo. Lei ex-giornalista, se davvero la era. Il marito le dà un angolo della studio dove con un socio su cui non posso dir nulla non avendolo mai visto, ma sembra informatico e programmatore, lei si illude di divenire ricca e famosa con l'invenzione del millennio. Tra l'altro, l'aggeggino può essere usato e copiato gratis dal sito, per cui nessuno si sognerebbe di comprarlo. Chi abbia mai soldi, trova ben di meglio. Chi non ne abbia, non compra neppure quel cosino. La trasposizione di note è una cosa specialistica che o si fa a memoria, o si usano programmi per trasporre interi spartiti, oppure che ci si fa con tabelle già pubblicamente esistenti od anche anche auto-costruite od auto-adattate senza spendere nulla. Per mille reais al mese, voleva trovare uno la facesse diventare milionaria... Mi avesse assunto glielo avrei detto che non si facesse illusioni e che semmai vedesse la cosa come sperimentazione magari per altri prodotti. ...O corrompi uno del governo anche solo locale che te ne compra decine di migliaia... Ma è un aggeggino che in est-Asia ti fanno per meno di un real. Altro che venderlo per una ventina dove non hanno i soldi neppure per le scarpe e le ciabatte che, “grazie” alle barriere doganali protezionistiche, costano varie volte più che in nord-America.     

A dicembre, contatto tale Laura Silva Pereira, in Tijuca, un quartiere di riccastri, che sembra affittare stanze con wireless a 300 al mese. Tale è l’annuncio. Poi metto io un annuncio che cerco una stanza con wireless per 200-300 in quell’area. Lei mi risponde, sempre col suo telefono, di chiamarla che ha quel che cerco. Alla fine, dopo pochi giorni, telefono. Vado. È a 10 minuti giusti da dove lavoro. Perfetto. Non è una stanza ma un letto in una stanza di quattro letti su due castelli. Ha una singola ma occupata e deve essere sui 700-800. Sto egualmente per pagare anche se è  un letto anziché una stanza. Ecco che mi dice che non sono più 300 ma 400. Che vada affanculo. Pago un altro mese di ora 480 (prima era 450, ed alcuni mesi fa 400) dove già ero, in centro. Nel frattempo, appena uscito dalla truffatrice Laura Silva Pereira, avevo già chiesto dove lavoro che attiva lo pseudo-padre. Demetrio mi aveva già detto in precedenza: “Dove abita mio padre, affittano a 200.” Nulla. Immaginazioni deliranti. C’è tutto e conveniente, ...prima, in teoria. Appena uno arriva, non c’è più nulla. Uno onesto (di quelli bevono acqua e non coca-cola a sbaffo, e dunque non pagato regolarmente), dove lavoro, si interessa per un luogo vicino a 300-350 con bagno ma senza internet. Chiede. Aspetta la risposta. Poi la riceve che la stanza è già stata affittata. È l'unico che ci ha provato onestamente e sinceramente. Ah, poi parlo direttamente collo pseudo-padre del padrone, Sergio. Mi dice che si sta interessando per una stanza con bagno e cucina. Gli faccio notare che, in Tijuca, uno con paga base sui 600 reais non è che possa pagare una tale sistemazione, ...che magari costa 1'000, 2'000 o 3'000. Appunto. Vivono tutti in un altro mondo. Mi pensava come foresto che arriva con milioni di dollari, non come uno che lavora per lo pseudo-figlio (che neppure paga regolarmente ed onestamente i dipendenti) secondo cui la paga base è 600. Sia 650 e vi siano pure straordinari (che questi non mi sta pagando, o solo in parte ridottissima), cambia poco. Sono o sono stati imprenditori. Hanno fatto i soldi o qualche soldo. Ma hanno il cervello sconnesso. Non si capisce come siano sopravvissuti. Forse v’è una sconnessione (un borderline) media che permette di derubare ed essere derubati ma sopravvivendo.

Andreina e Demetrio, Zenarium Cazzioca in Tijuca (via barone moskito), mi contattato il 5 dicembre rispondendo ad un mio annuncio. Li incontro il 6. Il 7 dicembre lavoro. C’è dove è tutto in regola e burocratizzato, ...e non ti chiamano mai. Dove funziona tutto alla cazzo e, poi, magari, non ti pagano è tutto semplice. Il primo giorno ho fatto 8 ore e poi altre 6 di seguito. Per le ore straordinarie mi dà 30 più il bus (5 reais) che poi scoprirò essere dovuto tutti i giorni. A volte paga le extra (che in teoria dice che paga subito). Altre volte non le paga. Io li chiamo acconti che poi risulteranno in stipendio. Lui rifiuta di dire come siano calcolate ed è chiaro che poi non risulteranno da nessuna parte. In realtà lo straordinario è, per legge, almeno un 50% per cento in più, se festivo 100%, più altre maggiorazioni per lavoro notturno ed altre. Demetrio non sa neppure calcolate una paga oraria. Le divisioni sono troppo difficili. La moglie, che dice aver studiato sociologia o simili, neppure. Lui dice che la paga minima è 600 al mese. In realtà, esiste un decreto dello Stato di Rio per cui da vari mesi è superiore. Dovrebbe essere 662.81, nel mio caso. Sono troppo occupati a far soldi, a rubare ed a farsi derubare, per conoscere i rudimenti del proprio lavoro. 

Paga subito solo il pizzaiolo Carlos e l’aiuto pizzaiolo (che è pure un vero chef) Claudio, sebbene per le parti a percentuale presenti loro dei conti pesantemente truccati. Non ha una vera contabilità. Come fa a calcolare le parti a percentuale di vari dipendenti? Aveva assunto un vero cameriere, di quelli che calzano bene l’uniforme ed attirano clienti per il solo fatto di esibirsi sugli ingressi del ristorante. Demetrio gli truccava gli incassi per non pagargli tutto il dovuto. Ecco che il cameriere professionale se ne è andato dopo pochi giorni.

Il 23 dicembre, Demetrio ha tentato di gestirsi la serata, a volte foltissima di clienti, coi tre (i due più io) in cucina, il delivery-boy che arriva prima del pizzaiolo (che organizzazione!) e lui e moglie alla cassa ed a servire. Era già un po’ isterico (sebbene si celi quasi sempre dietro una grande affabilità) perché installata una porta a soffietto, questa era già sconnessa dopo poco (la ingegneria e chimica latinoamericane!), oltre ai dissapori, con Andreina, durante l’installazione (io cercavo di scantonare... e comunque mi evito quei conflitti anche quando altri vadano in escandescenze). Ad un certo punto, mi chiama e mi dice di avere scoperto (dopo 3 settimane che sono lì!) che gli sfascio i bicchieri ...perché impilandoli si rompono. Dimostrazione: prende un bicchiere; lo spinge con violenza sopra un altro; spacca il bicchiere e si ferisce pure un dito che poi gli sanguina. Gli faccio notare che io non presso i bicchieri a quel modo per cui se si spacchino dopo è per altri motivi. ...Appunto, li spacca lui perché è nervoso o impasticcato. Mi dice di impilarli per un massimo di quattro. Gli dico che per evitare sospetti di poter, anche solo indirettamente, poter mai provocare la rottura di bicchieri, li farò avere uno per uno... In effetti, pur lavati ad acqua fredda (non ce ne è altra), in cucina si scaldano in pochi minuti, quando il forno sia accesso. Non sono sicuro che la contrazione termica fuori dalla cucina ne provochi poi la rottura quando siano impilati, visto che in tre settimane non era mai successo... Cercava impossibili incidenti con me... Gli altri li ha licenziati tutti... Non aveva altri con cui cercare di prendersi...

La fisica, anche solo applicata od intuitiva, non è il suo, il loro, forte. Un paio di giorni prima era comparso un grande freezer doppio (di seconda mano) come da gelati. Vi aveva riposto alcune decine di bottiglie di birra che, dopo poche ore, avevano cominciato sia a scoppiare che ad esibirsi in strane eruzioni. Quando aperte, espellevano liquido semi-congelato. Il cameriere supposto ladro (con moglie; ora ne parlo), si limitava a portare le bottiglie aperte ed eruttanti in cucina per esser svuotate nel lavandino, senza far notare ai proprietari (anzi alla sola presente, Andreina) che sarebbero tutte esplose in qualche decina di minuti. In realtà, bastava passare le stesse bottigliere eruttanti sotto l’acqua, perché la maggiore temperatura le riconducesse alla normalità. Demetrio non era presente. Quando dissi alla moglie, che le bottiglie in freezer sarebbero tutte esplose, s’era offesa. Era meglio fare come il cameriere supposto ladrone. Non far commenti e lasciarle esplodere tutte. Lo dissi allo pseudo-padre che passa spesso da lì ed aveva capito, staccando subito la corrente. Appunto, non deve proprio essere suo padre. Gli ha dato il cognome, ma Demetrio stesso dice che nonno (che sempre evoca come suo istruttore pizzaiolo e cuoco) e padre reale (che mai nomina) ne avevano uno differente, Catald, non Gregò. In effetti, non sembra somigliare fisicamente né al padre né alla madre ufficiali. Lei doveva essere piuttosto bella e pure un po’ altezzosa o, forse davvero, di un'altra classe sociale. Lui in tipo gentile ed affabile e, sembrerebbe, senza la falseria del figlio ufficiale. Non, non è figlio naturale né di lui né di lei. Deve esserci dell’altro.    

Già il giorno stesso od il giorno prima, Demetrio si era messo ad urlare per una spatola, l’unica!, che da giorni era rotta. “Perché l’hanno rotta?”, continuava ad urlare. Poteva chiederlo alla moglie Andreina che si dimentica tutto sul fuoco... Senza spatola, di quelle sintetiche flessibili, come fanno a cucinare? E ne avevano solo una! Concretamente non potevano neppure provare a fare una sfoglia per gli involtini che lì fanno con una pastella di latte, farina e uova e che poi friggono sottilissima. Non l’hanno fatta... Neppure il super-chef nero “aiuto-pizzaiolo” riusciva. Demetrio s’era inutilmente applicato ma, giorni prima, aveva problemi pure con la spatola, pur essendo lui stesso pizzaiolo e cuoco. Useranno la sfoglia prefabbricata e comprata, se proprio ne han bisogno. Io mi offri di andare in un supermercato alla ricerca di spatole. Mi guardava con sospetto, dopo avere controllato i soldi aveva in tasca. Incassa e poi i soldi spariscono? Od aveva il cervello del tutto sconnesso.   

Il 22 dicembre, pieno di clienti, per un “evento” (o scuola, o ufficio o simile), che in realtà ha fatto collassare la produzione di pizze che credo siano proprio ciò che porta maggior profitti, aveva solo un cameriere, un ragazzone lungo col viso duro ed ottuso da borgataro, non di quelli professionali attirino clienti di passaggio ed altri. Mi chiamava affannato che c’erano tavoli da liberare e pulire. Poi, il cameriere mi riprendeva di non svuotare posti ancora “attivi”. Come facevo a saperlo se non c’era nessuno? Non volevo mica farmi la parte di quello che non ubbidiva a tali geni! Tra l'altro, in uniforme da cucina e con la maglietta tutta bagnata, ...che figura del ristorante coi clienti! 

Quando c’erano ancora i coniugi supposti ladroni, la cameriera giovane con un bel culo tondo, e poi, per pochi giorni, il cameriere professionale, aveva almeno tre camerieri in contemporanea. La manager-cassiera venne licenziata meno di un paio di settimane fa con l’accusa informale di furto, 4-5'000 al mese dice Demetrio. Il marito si sarebbe poi licenziato “per solidarietà”. Come si fa ad affidare la cassa, e per la sera o parte della sera (quando si fanno soldi veri!), senza che vi siano ricevute fiscali, dunque senza alcun tipo di riscontro? Se poi si assumono marito e moglie, cameriere con aria ed atteggiamenti da delinquente ottuso (l’ho sentito dai discorsi che faceva che era uno che non capiva un cazzo, salvo rubacchiare o rubar alla grande se è vera l’accusa informale) e cassiera con l’aria tuta a modino, è chiaro che o sono egualmente responsabili od è il marito che ruba soldi con la copertura della moglie, mai abbiano rubato soldi. I due arrivavano e, come prima cosa, mangiavano. Poi, altro pasto nella notte appena v'era un momento di stanca. Del resto, nei ristoranti si ha diritto a due pasti, anche se tendono a darne uno. In realtà, non dovrebbero essere in orario di lavoro. Appena licenziata la moglie manager-cassiera, i due si presentarono, un giorno che lui non lavorava, e lui continuava ad ordinare bistecche e bevande (quel giorno a mezzogiorno v’era il cameriere professionale) senza pagare. Andreina, che era in cucina ed alla cassa al medesimo tempo, continuava a dire che erano delle  canaglie ma senza dirlo a loro e senza mandarli via. Alcuni giorni dopo, lui lavora come cameriere e mezzogiorno, in grande confidenza apparente con Andreina e, quando viene il momento del pasto del giorno, arriva in cucina, si prende quasi tutte le tagliatelle rimaste (una doppia porzione) e tre fettone di arrosto. Poi, comportandosi come sempre da padrone, si stappa coca-cole senza problemi. E Demetrio racconta che quelli gli hanno rubato per un anno 4-5'000 reais al mese?! Boooh...

Eggià, perché dopo la mia settimana, la seconda (12..18/12), di 82.5 ore gli faccio notare che è una pazzia, oltre che illegale fare tutte quelle ore. Lui, mentendo, si mette a piagnucolare che è stato derubato per un anno e che ora deve salvare il ristorante per lui, la moglie e la figlia ancora piccolina. Con uno che lavora 82.5 ore, non pagando il fattorino a domicilio delle pizze e altro (che fa iniziare a “lavorare” quando non v’è ancora nulla da consegnare!), e tentando di truffare il cameriere professionale che se ne è subito andato?! ...E pure truffando pizzaiolo ed aiuto-pizzaiolo sulla loro parte a percentuale? Tra l’altro gli è scappato detto che è uno abile ad inculare il prossimo (sostiene di essere un genio a procurare clienti) ma del tutto incapace ad amministrare. Se lanciano l’apertura per il pranzo, pur con spesa di volantini stampati, ma, poi, di fatto, essa funziona ad intermittenza, i clienti non si affezionano e scoprono luoghi dove si mangia meglio. Le cose cucinate da lui e dalla moglie sono piuttosto alla caserecce e senza sapori sofisticati. Riso (sostituto del pane), che regolarmente bruciano lasciando il fuoco acceso sotto l’acqua per tenerlo caldo che si consuma verso le 14:00, mentre loro se ne fregano. Fagioli. Il piatto centrale del giorno che non eccelle in sofisticazioni e con loro che gettano via gustosissime acque/sughi di cottura, oppure che consiste in pollo o altro alla piastra od in friggitoria. A volte tagliatelle con sugo senza sapore. Ed il tutto lasciato scoperto all’alta temperatura della cucina dove tutto si deteriora presto. Le uova sono “conservate” per giorni a temperatura ambiente o nella ancora più alta temperatura della cucina. Il frigo è solo per altre cose. Mescolate, un paio, con la farina per la pizza, anche se deteriorate non se ne accorge nessuno. Bollite per poi frammentarle per metterle sulle pizze, forse idem. Non sono sicuro che per omelette non condurrebbero i clienti subito a disturbi intestinali, ma lì i grandi geni dell’arraffare soldi si evitano proprio le ore del mattino che sarebbero, oltre a quelle dalle sera, quelle che porterebbe soldi sia al mattino che tutta la giornata. Un ristorante aperto da dieci anni, senza caffè, né tè, camomille, cioccolate in tazza con annessi dolcetti e biscotti, panini e simili... Mancano le sinergie tra cibi e bevande oltre a varie fonti di guadagno immediato e successive. Scarsità di frigo e freezer. Una specie di magazzino al piano superiore di difficile accesso. Il locale ristrutturato forse da un paio di mesi, ma ristrutturato alla cazzo, raffazzonato ed arraffato. La favola che da un anno spariscono 4-5'000 reais e loro che se ne accorgono solo ora. Da alcuni particolari, deduco che il pizzaiolo deve avere detto che gli sono state date percentuali per molte meno pizze di quelle da lui realmente prodotte. Facile accusare i due coniugi (anzi, informalmente ma con licenziamento immediato, solo lei, la cassiera-manager formale), mentre è lui Demetrio che ha truffato il pizzaiolo ed il vice-pizzaiolo. O i due non hanno rubato nulla di soldi, nonostante l’aria da ottuso delinquente del lui della coppia. Oppure hanno rubacchiato dettagli. Non sono sicuro sia facile far sparire 200 reais al giorno di lavoro, in una piccola pizzeria-ristorante, coi proprietari che controllano tutto e che se ne vanno solo per poche ore nella notte ma per poi tornare alla chiusura. Guarda caso, finge di accorgersene solo quando il pizzaiolo gli contesta i conti delle pizze... Una cosa del tutto strumentale! 

Alla storia del mega-furto continuato che stava collassando il ristorante crede pure lo pseudo-padre che si presenta con mazzette di soldi per far fronte alle spese del giorno. E dove se ne vanno gli incassi? A parte pizzaiolo ed aiuto-pizzaiolo, gli altri sono assunti sulla base del “tanto li pago poco o non li pago, o solo in ritardo”. E Demetrio che piange miseria con tutti ma cercando di fare in modo che gli altri non lo sappiano. Quando si fece la parte con me, dicendomi di non dire ad alta voce quello che stava scrivendo sul computer, gli ho fatto notare che lo sapevano già tutti, per cui che si evitasse quelle sceneggiate. E tutte le volte gli insisto che deve dirmi come calcola quei suoi originali extra che a volta paga ed altre volte no, sostiene che non tiene contabilità delle ore. Il 6 gennaio, quando non mi dà uno statino dello stipendio regolare e con tutte le ore e quando, ancora peggio, non mi paga tutte le ore e mi dice “poi ne parliamo”, finisce in tribunale. Per non pagare qualche centinaio di reais dovuti, ne spenderà migliaia o più... Ha avuto settimane per spiegare “le regole”. Ma in Brasile sono molto semplici. O si lavora a salario regolare o come professionista esterno. In tutti e due i casi, si deve essere pagati ed 82.5 ore settimanali non sono contemplate visto che vi sono limiti anche per gli straordinari.

La prima mia settimana (da un mercoledì), sono 47 ore, di cui un 18 di straordinari (9 festivi), diurni e notturni. La seconda, 82.5 di cui 38.5 come sopra. La terza (settimana corta col 24 e 25 dicembre chiusi), 52.50, di cui un 15.5 come sopra. Queste 63 sono state “pagate”, in realtà solo dati acconti parzialissimi, con 130 reais, meno di 1/3 del legalmente dovuto. 

Naturalmente, ora che ha licenziato o si sono licenziati quasi tutti, gli ultimi giorni ha visto un drastico calo dell’attività, o forse è il periodo di feste. Ma non sembrerebbe, perché gli altri bar, ristoranti, pizzerie dell’area, lindi o luridi, familiari o professionali, per proletari o spendoni, sembrano tutti ben pieni di gente a tutte le ore. ...O uno si fa il ristorantino marito e moglie, oppure uno deve pensare come e se impiegare altre persone. Raffazzonare non funziona molto, a meno che uno non sia capace di soluzioni dinamiche, cosa che non sembra. Perdersi caffè, latti e colazioni non spinge le vendite di pranzo e le pizze decollano, quando decollano, nella notte. Tra l’altro, la mozzarella messa subito, e non gli ultimi due minuti, la fa uscire o appena bruciacchiata o comunque striminzita. Non so se tutti facciano lo stesso. Il tutto è cotto troppo. Ho provato con pizze ben più spesse e cotte meno e non è che uscissero indigeste. La pommarola non è rossa ma fatta con pomodori in pratica da tavola. Per cui esce sull’arancione. Comunque, se fan tutti così. Se...         

Possono provare a piangere in tribunale o ad offrire bevande e soldi al giudice. Vedremo il 6 gennaio, quando non paga il dovuto, come probabilissimo, ...pressoché certo... Non si segna nulla. Corre dietro, forse, a pagare commercialisti per contabilità truccate per fregare perfino pizzaiolo e vice nella parte a percentuale del salario. Pensa che acconto e “poi ne parliamo” bastino. E se uno gli dice che 82.5 ore per settimana sono una pazzia, chiede se uno sia inabile a lavorare. Posso lavorare pure di più, ma per me... Per piccole truffe, Demetrio ed Andreina si giocano tutto. Come me sbattono la faccia contro un muro. Vi racconterò.

Gli avvocati del lavoro non aspettano altro che nuovi polli (imprese disinvolte ed imbroglione) su cui lucrare e su cui far lucrare lo Stato con multe. “Il sistema” funziona così...

Gli ho chiesto perché non li ha denunciati, pur con forma dubitativa, i due della coppia gli avrebbe dissestato il ristorante con un furto di 50-60'000 reais, oltre a licenziarli subito tutti e due e non solo quella chiaramente meno colpevole, sempre i due abbiano mai rubato soldi. Mi dice che avrebbe dovuto sorprenderli sul fatto. Menzogna, perché non esiste l’essere presi sul fatto. Certo che, non avendo alcun riscontro contabile... Può pure darsi, anzi è probabile, che i due (sempre che abbiano rubato ed abbiano rubato quella somma), fossero complici od a conoscenza di altri crimini per cui... Mannò, per non pagare il giusto al pizzaiolo e vice, s’è fatto la scena del derubato. Con lui sempre presente a chiacchierare coi clienti, potevano solo rubarsi degli spiccioli, al massimo. Il ristorante è piccolo. Anche quando sembra che escano pizze a getto continuo (e ciò non accade tutti i giorni), non sono centinaia. Sono decine. Più c’erano soldi in quantità, più i proprietari erano sempre lì a controllare ed intascare, nonostante la cassiera-manager ufficiale.

Comunque, ora, senza i due informalmente accusati, senza, o quasi, camerieri, con lui e la moglie che controllano ferreamente la cassa e tutto, dovrebbe avere, subito, almeno un 7-8'000 reais in più al mese secondo la loro logica di ignorantoni allupati di fronte ai soldi che contano ...e spariscono. Che si droghino di coca od altre sostanze costosissime... O che stiano pagando mutui galattici per comprasi un castello? Se ora, coi soldi che dovrebbero sgorgare magicamente senza più nessuno li sottragga, continuano a piangere miseria con tutti ed a non pagare, o con gran ritardo, i dipendenti o parte d’essi...

sabato 19 novembre 2011

mashal-034. Kavkaz, 1992..95

mashal-034. Kavkaz, 1992..95  
by Georg Moshe Rukacs

Non sarei mai dovuto andare a Trieste eppure alla fine toccò a me. Al dipartimento di orientalistica c’era lei.

Appariva ancor più giovane di quanto non fosse. Le dita affusolate senza anelli. Un corpo più che perfetto. Il velo semitico che non la celava, bianchissima. Non ascoltai una parola di ciò che disse. Ero troppo preso dall’osservarla. Lei se ne accorse e fu attraversata da un rossore impercettibile, delicato come un brivido senza sussulto esteriore.

Quando gli altri se ne andarono mi presentai. Lei mi disse il suo nome senza civetterie né sorrisi ammalianti, in modo piano e tranquillo. Le dissi soltanto, dandole del Lei, arrossendo leggermente: “Vorrei sposarla”. Lei mi guardo negli occhi, mi scrutò, e tranquillamente, senza proferire parola, se ne andò.

Il giorno dopo, nel corridoio esterno, ampio, dell'ex-convento, io mi diressi verso di lei. Mi disse soltanto:
- “Perché?”.

Ed io:
- “Perché non può essere altrimenti.”

- “Io sono di famiglia karaim del Caucaso.”
- “Anch’io. Son diventato caraita appena ti ho vista.”

Non so come fece, ma una settimana dopo eravamo sposati, seppur lì, a Trieste, da un hakham chissà come comparso. Dopo qualche settimana in Croazia, partimmo per il Caucaso dove dovevamo occuparci di questioni della sua famiglia, un clan guerriero. Lei si muoveva tra i mille dialetti della zona come si fosse trattato di sfumature di una stessa lingua. Io dovevo occuparmi dell’altra parte de lavoro.

La ‘casa’ era una combinazione tra un castello ed un forte. Solidissima. In parte costruita, in parte scavata. Antico e moderno. Architettura locale ed edilizia contemporanea, fuse come casualmente, a strati o affiancate. Internamente considerevolmente più vasta di quanto potesse apparire dall’esterno. Su un rilievo ed attorniato da altri ancora più alti. Là, in terra caucasica, per quanto in alto si sia, c’è quasi sempre qualcosa, oltre, più su. La difesa era soprattutto nella difficoltà di accesso, ed ancor più nella vastità dei territori e in una atavica abitudine alla vigilanza che non permetteva di arrivare inosservati, non segnalati. Per quanto la sicurezza assoluta non esista mai, e la guerra moderna se ne fotta, se vuole, delle difese naturali o tradizionali.

Ci spostavamo come possibile, per non più di qualche centinaio di chilometri, con ogni mezzo, dalle jeep ai muli, a piedi. Eravamo sempre assieme Sarah ed io. Ovunque. Ed era un sogno. Era lei che era magica: qualcosa che non può essere espresso con le parole e che forse non voglio neppure. Anche Milia, che cresceva dentro di lei, era sempre con noi, naturalmente. Esile eppure indistruttibile, non solo non si lamentava mai ma neppure lasciava trasparire sensazioni di disagio. 

Il matrimonio delle sue due sorelle, anch'esse molto belle e discretamente aristocratiche, l'una di quindici, l'altra di sedici anni, fu un festeggiamento interminabile, ma funestato da un’incursione di una banda shan. Già maritate, ma ancora al banchetto nuziale, noi aprimmo il fuoco immediatamente con le Uzi, ma intanto i due sposi erano fottuti. Uno da orecchio ad orecchio, l'altro con gola e giugulare trapassati, con precisione e potenza da vecchi Mauser. Risultato: due vedove di un matrimonio non ancora consumato. Passarono a me, secondo la tradizione locale, e vennero da noi, sebbene io evitassi assolutamente. Sarah era tutto e non vedevo perché dovessi approfittare della situazione nonostante certe insistenze che la stessa Sarah fece, come casualmente. Soprattutto non volevo offenderla, o che si creassero distanze che non esistevano e che non dovevano esistere.

Fu lei, quando Milia stava per nascere, che me le mise praticamente nel letto. E così successe, ed altre due creature furono presto in arrivo, con grande felicità della famiglia, che prima era apparsa come offesa per queste due giovanissime vedove bianche che restavano tali. Intense e poi discretissime. E Sarah presente e vicina come sempre, senza le ombre che avevo temuto. Io ero suo, ma c’erano, talvolta, anche le altre due. Forse un modo per dirmi: tu ora appartieni a questa terra.

L'attacco degli shan aprì un lungo periodo di rappresaglie. Loro si fecero vivi nuovamente lì, nel cuore del clan, come in altri punti del territorio. Noi individuammo e liquidammo alcune loro basi mobili e tutti i loro villaggi che fu possibile trovare. Alla fine, probabilmente, decisero di concentrare i loro sforzi altrove e di trasferirsi, se ne erano restati. Ed il pericolo cessò. Sebbene in terre caucasiche nulla cessi mai veramente.

Fu immediatamente dopo la terza nascita da Sarah che eravamo in pianura per consolidare certi interessi del territorio del clan minacciati da piccole bande di indipendenti, molto mobili, e molto noiose e dannose. Sarah era su un’altra jeep quando fu centrata da un RPG. Volarono tutte e due (sia lei che la jeep) per aria e lei era abbastanza distante quando la jeep bruciò con un tuono, ma non c’era egualmente più nulla da fare. Sopravvisse e fu cosciente abbastanza per farmi promettere di andarmene di là, per sempre, e solo.

Nel villaggio da cui era partito il razzo, trovammo l’RPG con le tracce del suo uso recente. Nessuno sapeva nulla e così si applicò la regola del ‘nessun colpevole, tutti colpevoli’. Le fiamme, le esplosioni e le raffiche di kala non potevano farla tornare in vita. Suo padre voleva darmi un acconto di centomila dollari per il lavoro fatto. Ne presi duemila come liquidazione totale, per pagarmi l'aereo fino a Zurigo. Sconfinai nelle Russie. Lasciai dietro di me i sette bimbi. E me ne andai col volto di lei negli occhi. Discreta, tenera, sensuale, forte, sensibilissima, sorridente, meravigliosa. Continuavo a sentirla lì, con me, che mi riempiva il petto ed il cuore, e che era tutti i miei pensieri.

Quando le mie ceneri saranno disperse al vento sarà là che voleranno.

mashal-033. Treni Senza Voltarsi

mashal-033. Treni Senza Voltarsi  
by Georg Moshe Rukacs

Me ne andai di mattino presto, senza voltarmi.

Credo ci siano delle cose che non cambieranno mai. Che non siano mai cambiate. Che erano così mille anni fa. E che saranno così tra mille anni. E ci sono delle cose che, seppur frutti della civiltà, appaiono come sempre esistite e che sempre esisteranno.

Un acquazzone pesante ed intenso in una stazione di montagna, in agosto. Che rompe il caldo intenso, eccessivo, fastidioso. Che rende scura, buia, la sala d’aspetto. Che crepita sulla tettoia metallica, sulle rotaie, sulle traversine di legno, sul granito, sulla ghiaia, sulle pietre. Con spruzzi leggeri e friabili che si frangono nell'aria e ti sfiorano impalpabili. Che cancella il sole nemico. Che oscura la vista. Che crea un presente, un territorio. Un territorio attorno alla mia estraneità.

Poi il treno arriva. Ci salgo. Mi siedo. Mi trasporta. Attraverso le gocce che punteggiano i finestrini, vedo scorrere verde, muri grigi, case e poi ancora verde. Che non mi appartengono. E neppure il treno che scorre, scivola, tra le cose. Si ferma. Riparte. Riscivola. Più a valle l’acquazzone non è ancora arrivato. O non arriverà mai. Voci non so di chi, non so di cosa. No, le gocce arrivano. Prima nulla. Poi inclinate nell'aria. Non vedo se arrivino a terra. Dovranno ben arrivarvi. Ma non lo vedo, né mi interessa. Schioccano appena sulle pareti del treno. Ora non più.

Le stazioni non sono tutte uguali. Quelle impossibili, dismesse, monumenti di nulla nel nulla. Quelle normali con gente che sale e che scende come nella via affollata di una cittadina. Ma preferisco quelle come dove sono salito io, dopo un’ampia curva della ferrovia, silenziosissima e dimessa, più un posto di guardia che un centro di traffico e di traffici.

Il cambio è con un treno più vecchio e che attraversa zone più rudi, con più vegetazione e più deserte. È pressoché in pianura ma si ricrea la dimensione della montagna. Sarà la vegetazione fitta che costeggia la ferrovia e che impedisce la vista. Un lampo sgretola il cielo e cade con un tonfo lontano. La pioggia che ritorna. Una stazione chiusa, che sembra, ed è, come fermata nel tempo e nei tempi, testimonia di un’epoca passata ma ancora presente, presente nelle cose.

Una stazione chiusa, ma non abbandonata, resta come un monito, un’attesa. La pioggia batte come sulle pareti di una latta, di uno scatolone. Queste gocce che percorrono a reticolo i finestrini mi ricordano una voglia, un bisogno, di piangere. E l’incapacità di farlo. Ma non è possibile tenersi tutta la vita le lacrime dentro. ...Non è un gran problema. Quando vogliono fluiscono.

mashal-032. Sapori dei luoghi

mashal-032. Sapori dei luoghi  
by Georg Moshe Rukacs

Montecarlo, vista avvicinandosi dalla statale, è una striscia di palazzi pressati l’uno sull’altro, sempre più alti, che cercano la via del cielo. E cercano spazio verso la montagna retrostante. Ma forse, lì, è già Francia. Ovunque ci sia un fazzoletto di terra ancora libera, qualcuno si ingegna a fabbricarvi. In ogni luogo lo si permetta, perché il mare sta lì solo per arrendersi al cemento.

Mi trovo a fare il confronto con Hong Kong. Se non fosse che in quest'ultima, con maggiori spazi assoluti, è possibile l'espansione sulla terra, lasciando il mare alle abitazioni sulle barche. Mentre, a Montecarlo, resta solo l’espansione sul mare.

Ventimiglia. Nei pressi della stazione ci sono due tipi di bar e di self-service. Quelli luridi. E quelli solo sporchi. Coll'odore opprimente dei cibi che si mescola al lezzo dell'aria.

Ferrovia Ventimiglia-BreilSurRoya-Limone. Attorno alla ferrovia si ergono pareti scoscese e desolate, che danno una sensazione di grandiosità e di pericolo. Il treno, che passa gallerie che sembrano scavate da sempre nella roccia, procede per tutto un tratto quasi a passo d'uomo, come timoroso dell'ambiente imponente che si trova ad attraversare. Stazioni che non si capisce chi servano. Un campetto da golf. Piccole attrezzature sportive. Qualche costruzione collettiva. Una linea, sembra ferroviaria, più in alto, che va chissà dove, o forse chiusa. Polizia, alla partenza, ed alle frontiere, solo italiana. Ferrovieri solo italiani. Senza traccia di francesi, che né lì, né tra Ventimiglia e Mentone, si preoccupino anche solo di farsi vedere.