Chinese Asylums 26. Trastulli d’autobus ed altri
by Georg Rukacs
Non credevo proprio potesse mai capitare a Taiwan.
Lunedì mattina presto vado in autobus a Taipei. Volevo prendere gli economici bus verdi ma mi sono sbagliato. Erano verdi ma non erano quelli popolari. Eccomi dunque con una compagnia di bus con tanto di stewardess [così son chiamate, lì] a bordo che cerca d’assistere in mille modi i viaggiatori.
Viene anche da me per spiegarmi tutti i pulsanti, tutte le funzioni, tutte le prese, tutto. Prima era già venuta a controllare la cintura di sicurezza, che come sempre m’ero dimenticato di allacciare. Poi era passata a dare a tutti una coperta leggera ma calda. C’è il condizionatore d’aria ed, in effetti, fa appena freddo, soprattutto per chi voglia approfittare del viaggio per una dormita. Quando passa per le spiegazioni sulle varie funzioni dei vari pulsanti ed altro, mi sfiora un po’ dappertutto. Lo fa un po’ con tutti, anzi con tutte, visto che poi, i viaggiatori, sono quasi tutte femmine. Con la scusa di ricontrollare la cintura di sicurezza che era visibilmente allacciata mi sfiora l’uccello che si inturgidisce subito. Non ho i jeans che, se stretti, lo tengono egualmente compresso. Ho dei dr. Martens che avevo comprato nel centro di Londra. L’uccello mi si gonfia e si vede che mi si gonfia. Lei lo vede e, seppur non vistosamente, arrossisce d’eccitazione. Poi continua con le spiegazioni ed a sfiorarmi dappertutto.
Non è una giovincella, e neppure ha delle grandi forme. Eppure ha delle gambone e delle coscione che fanno subito pensare a come dev’essere a farcisi una chiavata. Continua a ronzarmi attorno, ma lo fa con tutti, anzi con tutte. C’è una, in prossimità, sì che posso vederla, che s’avvolge nella coperta e si stende per dormire. Lei, la stewardess, le ronza di continuo attorno per aggiustarle e riaggiustarle la coperta e non so per che cos’altro. Dopo che mi porta il caffé, un po’ dopo, mi viene voglia di pisciare. Infatti, in genere, non bevo durante quel genere di viaggi. Ma lì, t’offrono tutto, e te l’hanno pure fatto pagare di più che in altre compagnie dove quel servizio non c’è...
Vado a pisciare, dopo essermi trattenuto per un po’, per cui poi non esce tutto in una rapida pisciata. Ci metto un po’. Pisciando d’in piedi, di fronte, la piccola parete è tutta uno specchio, dove mi vedo il coso tozzo, oltre che tutto me, mentre piscio. Chissà che (a Taiwan, ci sono telecamere, di solito visibili, dappertutto) dietro lo specchio non ci fosse una telecamera e lei, la stewardess, non fosse stata in contemplazione di che facesse chi fosse stato al gabinetto...
Inaspettatamente, ed incredibilmente, la porta si apre e compare lei con in mano uno o dei fazzolettini di carta, che si protende appena verso l’uccello: “Posso aiutare...” La porta l’avevo ben chiusa. Non l’avevo proprio lasciata aperta. Avevo ben controllato e ricontrollato. Poi, nessuno, tanto meno a Taiwan, t’entra mentre stai pisciando ed, ancor meno, a quel modo e con quella scusa. ...Era uscita di testa e voleva vedersi dal vero, chissà che non stesse guardando attraverso qualche telecamera dietro lo specchio!, un uccello “americano” per poi toccarsi i prossimi decenni pensando a quell’uccello visto dal vero...
Non c’ho pensato due volte. Senza dire nulla, l’ho presa per il braccio e l’ho tirata dentro. Ho chiuso e controllato fosse ben chiusa la porta di quel piccolo vano. L’ho premuta contro la porta, che appunto mentre pisciavo era alle mie spalle, le ho tolto rapido le mutande che lei m’ha prontamente aiutato a toglierle, con una mano mi tenevo saldo alla maniglia della porta (il bus stava avendo dei sobbalzi e, senza tenermi, sarei e saremmo caduti), e... Non è che ci fosse poi gran altro spazio dove mettersi. Intanto mentre le sollevavo le gambe in una posizione impossbile, ma evidentemente era possibile, lei mi s’era avvinghiata al collo, così sostendosi e sollevandosi, ed io glielo infilavo dentro senza tante storie iniziando una furiosa e lussuriosa montata con lei che mi diceva piano ma decisa: “Sì, sì, amore, amore, ti prego, ti prego, sì...” Mi sembrava tremasse e rimbalzasse tutto ancor di più sotto quei colpi del mio cazzo nella sua fica e della sua fica attorno al mio cazzo, e non son proprio sicuro che non si sia sentito nulla fuori da quell’abitacolo sebbene lei, mentre veniva, cercasse di ricacciarsi in gola quei vagiti che, pur con lei che cercava di soffocarli, le uscivano egualmente dalla gola e dalla bocca. Ho continuato per un po’, dopo l’esplosione del mio liquido seminale dentro di lei, e, sebbene avrei avuto voglia di fermarmi solo per riprendere quanto prima,non potevamo restare lì all’infinito e neppure c’erano le condizioni per abbandonarsi a limoneggi o tenerezze del dopo, dopo quella godutona animale senza tenerezze e pur eccitantissima e lussuriosissima per entrambi. Ho ritirato il cazzo, ormai svuotato dentro di lei, mi sono tirato su le mutande ed i pantaloni e sono uscito per riandarmi a sedere al mio posto. Io, con la mia solita aria fredda ed apparentemente indifferente, con certo con la faccia dello scemotto che vuol dichiarare a tutti quello che ha appena fatto. Lei è passata dopo un po’, tutta ancora visibilmente turbata da quell’eccitazione scaricata e da quel godimento di cui s’era caricata, che le restava dentro e che sembrava traspirale e farsi vedere fin dai capelli, muovendo il culo come da donna resa fiera e più femmina da una cuccata ben goduta ancora viva e calda dentro di lei. Anche nessuno avesse sentito od intuito nulla, bastava guardarla, od anche solo percepire come si muoveva, per capire che doveva proprio esserle appena successo qualcosa. A me, appena seduto sulla poltrona, al solo pensiero di quello che era appena successo, era ridivenuto subito duro, durissimo da far male.
Continuava... Lei, ogni volta che passava, era ancora tutta tesa ed inorgoglita, lo si vedeva dal movimento delle chiappe e del corpo, di quella improvvisa cuccata. Ero riandato al gabinetto. Dovevo, cercando di farmelo divenire mollo, cercare di finire quella pisciata interrotta. No, lei non rivenne. Anzi, non appena mi vedeva in circolazione, spariva verso l’autista sotto. Doveva averla vista troppo cambiata ed averle detto qualcosa, pur con quelle mezze frasi secche, ed ancor più allusive e conclusive, alla cinese. A Taiwan, fanno presto a farti licenziare e pure a farti finire in galera per una cosa del genere. Se una è sposata, a Taiwan c’è la galera, per cuccate corsare, anche se non sono sicuro come funzioni la questione delle prove, sebbene un’autoconfessione potrebbe essere sufficiente, oltre che per nulla improbabile, per come sono fatti i cinesi, mentitori inveterati quanto pidocchietti fessacchiotti ed impotenti di fronte al potere.
Al ritorno a Taichung, sbrigate in pochissimo le mie cose a Taipei, c’era una stewardess giovincella quanto pienotta, con simili coscione per quanto forse non egualmente eccitanti, ma con un bel culetto o culone bello pronunciato. Anche lei gentilissima e premurosissima, era del tutto improbabile, se non impossibile, che ricapitasse una cosa del genere dell’andata. Infatti, non capitò nulla. Neppure con le numerose femmine che, anche al ritorno, affolavano il bus. Un po’ tutti, tutte, o dormivano o guardavano la Tv, ogni poltrona aveva la sua, o non so bene che facessero, ognuno/a, isolato dagli altri seppur in apparenza si fosse tutti lì.
Sbagliando compagnia di bus rispetto alle mie intenzioni, ero alla fine arrivato a Taipei troppo tardi. Con l’errore supplementare d’avere comprato pure il biglietto andata e ritorno, al ritorno ero appunto vincolato con quella, non proprio la più frequente, non essendo tra le più popolari. Arrivato tardi all’andata, era ripartito ancor più tardi al ritorno. Fossi andato a scuola, avevo con me lo zainetto coi libri, al ritorno, sarei proprio arrivato quando era l’ora di andare a casa. C’era uno che un giorno era arrivato, aveva firmato le due ore, e, dopo pochi minuti, se ne era andato a casa dicendo che non stava bene. Andare a scuola a firmare le due ore in prossimità della fine non mi sembrava proprio troppo elegante. In fondo, se un trimestre perdo due ore, e la cosa risulta, non è che cada il mondo sui miei statini di presenza altrimenti, di solito, immacolati da assenze. In effetti, non faccio quasi mai assenze, contrariamente all’andazzo di tutti. Al massimo, ho perso qualche giorno per esigenze “di servizio”, ...le mie “indagini” sulla tortura bianca quando si verificavano eventi che proprio m’obbligavano a continuare il “presidio”.
Continuavo comunque a sentirmi questo cazzo... Lo sapete quando vi sentite il coso turgido e pesante, con la cappella gonfia che ha proprio la necessità di farsi delle belle godute, dentro qualche topa succulenta, e che già se la gode al pensiero di potersi andarsi a ficcare in qualche trastullo degno delle sue mire. Avevo passato i giorni precedenti in ritiro, studiando e scrivendo, e poi m’era capitata quella magnifica trombata improvvisa...
Era proprio sulla strada di casa... Sì, quella pischella che s’era lasciata fare la festa un due sabati prima e poi non avevo più cercata visto come se l’era presa male la madre che c’aveva sopresi, fortunatamente a cosa già conclusa. In effetti, non era verosimile che a quell’ora fosse a casa. Ma non si può mai sapere. Ci sono scuole che vanno avanti fini al pomeriggio, altre addirittura fino a sera. C’è anche chi la scuola l’ha già finita. E poi non sapevo con precisione... ...e tanto meno il caso specifico. So solo che fica anche giovane e giovanissima c’è sempre in giro, sia con l’uniforme della scuola [media superiore] che senza... Quella, poteva benisismo essere a casa, pur a metà giornata od inizio pomeriggio.
Meglio sempre provare... Andai così a casa della pischella. La madre c’aveva sopresi in casa sua. Ben sapevo, dunque, dove abitasse. Non fui fortunato. O forse lo fui... Aprì la madre che naturalmente mi riconobbe è mi chiese cosa volessi. Quei cinesi “yao shemmà” che al solo chiederti che cosa vuoi sembra ti stiano dando un ceffone. ...“Prodigi” della lingua cinese.
“Cercavo tua figlia.”
“Non c’è.” mi disse con aria indisponente e fece per chiudere la porta.
Misi il piede in mezzo: “Quando torna?”
“È a scuola e comunque non farti più vedere. Non è per te!”
Che glié fregava a lei?! No, anzi, era la solita madre-padrona cinese e cinesoide.
...Non è quello, è che quando l’avevo vista con la figlia, per strada, durante quella cerimonia, o cos’era, religiosa, anche lei, la madre, era proprio una gran ficazza e pure vestita provocosa.
In cenci da casa, era ancora più ficazza ed eccitante.
Inultile, mettersi a fare conversazione...
Le dissi solo: “Hai ragione!”. Mentre entravo e mi chiudevo la porta dietro.
Il vantaggio delle Cine e che sono abituati a capire al volo...
“Vattene!” mi disse mentre la spingevo verso la camera da letto e sul letto.
Anzi, visto che non c’era alcun dubbio che volessi montarla, cominciò ad urlettarmi “Schifoso! Schifoso!” mentre con pugnetti mi batteva sul petto. “Schifoso! Schifoso! Vai via! Vai via!”
Appena glielo misi dentro, sul letto, ...ah, era proprio ben bagnata, quelle sue esclamazioni dovevano essere in realtà d’autoeccitazione al solo pensiero che volessi montarla..., s’acquetò da quella finta resistenza per cominciare subito a godersi il piacere che iniziò immediatamente a salirle da dentro. Visto che stava venendo subito, tirai anch’io a non farla troppo lunga. Sebbene non avessi la sensazione ci fosse stato un marito in quella casa... ...fosse arrivato mai qualcuno, meglio godersela subito e farsi trovare pronti per andarsene.
Sì, se la godette proprio. Anch’io. Sì che, appena finito, mi stavo rivestendo per andarmene senza troppo indugi o trastulli, mi venne spontaneo di gettarle lì un: “E meno male che non volevi...”
Lei si voltò tutta rossa non solo per la goduta, ma ora da quel mio commento, per nascondermi la faccia che premette contro il letto, mettendosi sulla testa un cuscino che si teneva premuto tutt’attorno come a nascondersi a sé stessa prim’ancora che a me. Intanto s’era ranicchiata col culo per aria.
Stavo finendo di vestirmi, quando mi dissi che era proprio un segno del destino. Lo avevo pure di nuovo duro non tanto per quella sua posizione a culo per aria, quanto per l’effetto di ritorno della goduta precedente. ...Visto che s’era messa a quel modo... Mi rispogliai, le aprii le chiappe e glielo misi, sputacchiando un po’ per la lubrificazione, nel culo. Ah, si fece una goduta con gorgheggi gutturali. Pur restando in quella posizione da struzza, anzi nascondendosi il viso ancor più, ancor più vergognosa per quella trasgressione e per l’ulteriore trasgressione della goduta in pertugio ultratrasgressivo per una cinese o cinesoide. Venuto, ma col cazzo ancora duro, le feci qualche ulteriore su e giù lento e profondo mentre le dissi vicino all’orecchio: “Sentimi bene... ...vengo uno di questi giorni sul tardi, quando tua c’è tua figlia... ...non fare tante storie... ...se non ti piace starci a sentire mentre scopiamo, vatti a fare un giro... ...se ti comporti bene, rivengo sul presto, qualche volta, e faccio contenta pure te... ...di nuovo...”
Mi andai a dare una sciacquata all’uccello, mi rivestii e me ne andai, mentre lei se ne restava con la testa in posizione da struzzo, sotto quel cuscino.
Non male, anche tra le chiappe, sebbene nella fica sia pressoché sempre meglio. Mi risentivo questa cappella mezza gonfia ma ora con sfrigolii da godute appena avvenute, non più con sfrigolii da attesa di sbatterla in qualche topa.
A casa, se si può chiamare “casa” questa stanza minuscola, non avevo voglia di controllare subito i pidocchi dementi ossessi di merda ed il loro pidocchiare. Misi il silenziatore ambientale, attivai il simulatore-confusometro, non controllati la strumentazione, mi misi appena a dare un occhiata a qualche cosa che sprofondai in una dormita pesantissima di varie ore, con risveglio lungo. Lo sapete, quando ci si risveglia da un sonno pesantissimo, non si sa neppure dove si sia, ed anzi neppure si è sicuri di volere uscire dal sonno, sebbene ormai si sia svegli o quasi, e si indugia col sonno in cui si rispofonda seppur per riuscirne dopo non molto e risprofondarcisi...
Era buio chissà da quanto, quando mi levai dal letto. Detti un’occhiata alla strumentazione. Erano ore ed ore che i pidocchi dementi ossessi battevano, senza che io, per via degli aggeggini di quelli dell’astronave, sentissi nulla. Qui, i dementi ossessi di Stato della zona, i magnaccia della polizia sezione pidocchi da tortura bianca da camera, avevano ormai da tempo costituito delle squadre congiunte dei 林 (Lín) di quest’edificio coi 林 (Lín) precedenti, più i pidocchi esterni dell’uffico dementi ossessi della polizia taiwanese. Andavano sopra e cominciavano a dirsi l’un l’altro o l’una l’altra: “Che possiamo fare per dargli noia, per torturarlo meglio?” Poi, cominciavano coi loro toc-toc. ...Mentre i nostri sistemi di radiazioni ed altro li stanno distruggendo. Spassoso! Idem i decorsi dei pidocchi in Taipei sotto nostra distruzione accelerata. Idem quelli in Italiozia ed altrove. Chi passa le notti coi pugni chiusi fissando il soffitto rabbiosa e rabbioso. Chi si droga per narcotizzarsi in vario modo. Chi sente fischi e soffre patologie varie che s’acuiscono senza che i pidocchi sotto distruzione possano farci nulla. “Statisti” ed altri che danno pubblici segni di demenza acuta. ...Scusate, ma non li sentite e non li vedete, chessò, da quelli dell’ex-PCI-sucio, ai catto-sucios, ai “fascistoni” o ai “tengo famiglia” delle burocrazie pidocchie dementi ossesse in Italiozia come altrove?! Ah, non lo sapete che sono i nostri sistemi di radiazioni ed altro?! Non importa. Anche se non lo sapete e non lo sanno, funziona tutto ottimamente lo stesso. C’hanno cercato, c’hanno trovato!
Ullallààà. Mi risento la cappellona che fa capolino e mi sfrigola. Ora vado a rirendere felice la pischelletta cui ho fatto la festa una dozzina di giorni fa ed alla cui madre ho fatto servizio completo nel pomeriggio di ieri. Lei va poi a scuola, la mattina [qui, son quasi le cinque del mattino], più contenta, mentre io posso rifarmi una dormita prima della solita scuola di cinese a mezzogiorno. ...Mentre sopra, i degni compari del parentume e del burocratume di merda si rovinano gli occhi e la testa vuota nel loro strumento da guardonaggo e sprofondano ulteriormente nella loro demenza facendo toc-toc. Ah, che spasso!
by Georg Rukacs
Non credevo proprio potesse mai capitare a Taiwan.
Lunedì mattina presto vado in autobus a Taipei. Volevo prendere gli economici bus verdi ma mi sono sbagliato. Erano verdi ma non erano quelli popolari. Eccomi dunque con una compagnia di bus con tanto di stewardess [così son chiamate, lì] a bordo che cerca d’assistere in mille modi i viaggiatori.
Viene anche da me per spiegarmi tutti i pulsanti, tutte le funzioni, tutte le prese, tutto. Prima era già venuta a controllare la cintura di sicurezza, che come sempre m’ero dimenticato di allacciare. Poi era passata a dare a tutti una coperta leggera ma calda. C’è il condizionatore d’aria ed, in effetti, fa appena freddo, soprattutto per chi voglia approfittare del viaggio per una dormita. Quando passa per le spiegazioni sulle varie funzioni dei vari pulsanti ed altro, mi sfiora un po’ dappertutto. Lo fa un po’ con tutti, anzi con tutte, visto che poi, i viaggiatori, sono quasi tutte femmine. Con la scusa di ricontrollare la cintura di sicurezza che era visibilmente allacciata mi sfiora l’uccello che si inturgidisce subito. Non ho i jeans che, se stretti, lo tengono egualmente compresso. Ho dei dr. Martens che avevo comprato nel centro di Londra. L’uccello mi si gonfia e si vede che mi si gonfia. Lei lo vede e, seppur non vistosamente, arrossisce d’eccitazione. Poi continua con le spiegazioni ed a sfiorarmi dappertutto.
Non è una giovincella, e neppure ha delle grandi forme. Eppure ha delle gambone e delle coscione che fanno subito pensare a come dev’essere a farcisi una chiavata. Continua a ronzarmi attorno, ma lo fa con tutti, anzi con tutte. C’è una, in prossimità, sì che posso vederla, che s’avvolge nella coperta e si stende per dormire. Lei, la stewardess, le ronza di continuo attorno per aggiustarle e riaggiustarle la coperta e non so per che cos’altro. Dopo che mi porta il caffé, un po’ dopo, mi viene voglia di pisciare. Infatti, in genere, non bevo durante quel genere di viaggi. Ma lì, t’offrono tutto, e te l’hanno pure fatto pagare di più che in altre compagnie dove quel servizio non c’è...
Vado a pisciare, dopo essermi trattenuto per un po’, per cui poi non esce tutto in una rapida pisciata. Ci metto un po’. Pisciando d’in piedi, di fronte, la piccola parete è tutta uno specchio, dove mi vedo il coso tozzo, oltre che tutto me, mentre piscio. Chissà che (a Taiwan, ci sono telecamere, di solito visibili, dappertutto) dietro lo specchio non ci fosse una telecamera e lei, la stewardess, non fosse stata in contemplazione di che facesse chi fosse stato al gabinetto...
Inaspettatamente, ed incredibilmente, la porta si apre e compare lei con in mano uno o dei fazzolettini di carta, che si protende appena verso l’uccello: “Posso aiutare...” La porta l’avevo ben chiusa. Non l’avevo proprio lasciata aperta. Avevo ben controllato e ricontrollato. Poi, nessuno, tanto meno a Taiwan, t’entra mentre stai pisciando ed, ancor meno, a quel modo e con quella scusa. ...Era uscita di testa e voleva vedersi dal vero, chissà che non stesse guardando attraverso qualche telecamera dietro lo specchio!, un uccello “americano” per poi toccarsi i prossimi decenni pensando a quell’uccello visto dal vero...
Non c’ho pensato due volte. Senza dire nulla, l’ho presa per il braccio e l’ho tirata dentro. Ho chiuso e controllato fosse ben chiusa la porta di quel piccolo vano. L’ho premuta contro la porta, che appunto mentre pisciavo era alle mie spalle, le ho tolto rapido le mutande che lei m’ha prontamente aiutato a toglierle, con una mano mi tenevo saldo alla maniglia della porta (il bus stava avendo dei sobbalzi e, senza tenermi, sarei e saremmo caduti), e... Non è che ci fosse poi gran altro spazio dove mettersi. Intanto mentre le sollevavo le gambe in una posizione impossbile, ma evidentemente era possibile, lei mi s’era avvinghiata al collo, così sostendosi e sollevandosi, ed io glielo infilavo dentro senza tante storie iniziando una furiosa e lussuriosa montata con lei che mi diceva piano ma decisa: “Sì, sì, amore, amore, ti prego, ti prego, sì...” Mi sembrava tremasse e rimbalzasse tutto ancor di più sotto quei colpi del mio cazzo nella sua fica e della sua fica attorno al mio cazzo, e non son proprio sicuro che non si sia sentito nulla fuori da quell’abitacolo sebbene lei, mentre veniva, cercasse di ricacciarsi in gola quei vagiti che, pur con lei che cercava di soffocarli, le uscivano egualmente dalla gola e dalla bocca. Ho continuato per un po’, dopo l’esplosione del mio liquido seminale dentro di lei, e, sebbene avrei avuto voglia di fermarmi solo per riprendere quanto prima,non potevamo restare lì all’infinito e neppure c’erano le condizioni per abbandonarsi a limoneggi o tenerezze del dopo, dopo quella godutona animale senza tenerezze e pur eccitantissima e lussuriosissima per entrambi. Ho ritirato il cazzo, ormai svuotato dentro di lei, mi sono tirato su le mutande ed i pantaloni e sono uscito per riandarmi a sedere al mio posto. Io, con la mia solita aria fredda ed apparentemente indifferente, con certo con la faccia dello scemotto che vuol dichiarare a tutti quello che ha appena fatto. Lei è passata dopo un po’, tutta ancora visibilmente turbata da quell’eccitazione scaricata e da quel godimento di cui s’era caricata, che le restava dentro e che sembrava traspirale e farsi vedere fin dai capelli, muovendo il culo come da donna resa fiera e più femmina da una cuccata ben goduta ancora viva e calda dentro di lei. Anche nessuno avesse sentito od intuito nulla, bastava guardarla, od anche solo percepire come si muoveva, per capire che doveva proprio esserle appena successo qualcosa. A me, appena seduto sulla poltrona, al solo pensiero di quello che era appena successo, era ridivenuto subito duro, durissimo da far male.
Continuava... Lei, ogni volta che passava, era ancora tutta tesa ed inorgoglita, lo si vedeva dal movimento delle chiappe e del corpo, di quella improvvisa cuccata. Ero riandato al gabinetto. Dovevo, cercando di farmelo divenire mollo, cercare di finire quella pisciata interrotta. No, lei non rivenne. Anzi, non appena mi vedeva in circolazione, spariva verso l’autista sotto. Doveva averla vista troppo cambiata ed averle detto qualcosa, pur con quelle mezze frasi secche, ed ancor più allusive e conclusive, alla cinese. A Taiwan, fanno presto a farti licenziare e pure a farti finire in galera per una cosa del genere. Se una è sposata, a Taiwan c’è la galera, per cuccate corsare, anche se non sono sicuro come funzioni la questione delle prove, sebbene un’autoconfessione potrebbe essere sufficiente, oltre che per nulla improbabile, per come sono fatti i cinesi, mentitori inveterati quanto pidocchietti fessacchiotti ed impotenti di fronte al potere.
Al ritorno a Taichung, sbrigate in pochissimo le mie cose a Taipei, c’era una stewardess giovincella quanto pienotta, con simili coscione per quanto forse non egualmente eccitanti, ma con un bel culetto o culone bello pronunciato. Anche lei gentilissima e premurosissima, era del tutto improbabile, se non impossibile, che ricapitasse una cosa del genere dell’andata. Infatti, non capitò nulla. Neppure con le numerose femmine che, anche al ritorno, affolavano il bus. Un po’ tutti, tutte, o dormivano o guardavano la Tv, ogni poltrona aveva la sua, o non so bene che facessero, ognuno/a, isolato dagli altri seppur in apparenza si fosse tutti lì.
Sbagliando compagnia di bus rispetto alle mie intenzioni, ero alla fine arrivato a Taipei troppo tardi. Con l’errore supplementare d’avere comprato pure il biglietto andata e ritorno, al ritorno ero appunto vincolato con quella, non proprio la più frequente, non essendo tra le più popolari. Arrivato tardi all’andata, era ripartito ancor più tardi al ritorno. Fossi andato a scuola, avevo con me lo zainetto coi libri, al ritorno, sarei proprio arrivato quando era l’ora di andare a casa. C’era uno che un giorno era arrivato, aveva firmato le due ore, e, dopo pochi minuti, se ne era andato a casa dicendo che non stava bene. Andare a scuola a firmare le due ore in prossimità della fine non mi sembrava proprio troppo elegante. In fondo, se un trimestre perdo due ore, e la cosa risulta, non è che cada il mondo sui miei statini di presenza altrimenti, di solito, immacolati da assenze. In effetti, non faccio quasi mai assenze, contrariamente all’andazzo di tutti. Al massimo, ho perso qualche giorno per esigenze “di servizio”, ...le mie “indagini” sulla tortura bianca quando si verificavano eventi che proprio m’obbligavano a continuare il “presidio”.
Continuavo comunque a sentirmi questo cazzo... Lo sapete quando vi sentite il coso turgido e pesante, con la cappella gonfia che ha proprio la necessità di farsi delle belle godute, dentro qualche topa succulenta, e che già se la gode al pensiero di potersi andarsi a ficcare in qualche trastullo degno delle sue mire. Avevo passato i giorni precedenti in ritiro, studiando e scrivendo, e poi m’era capitata quella magnifica trombata improvvisa...
Era proprio sulla strada di casa... Sì, quella pischella che s’era lasciata fare la festa un due sabati prima e poi non avevo più cercata visto come se l’era presa male la madre che c’aveva sopresi, fortunatamente a cosa già conclusa. In effetti, non era verosimile che a quell’ora fosse a casa. Ma non si può mai sapere. Ci sono scuole che vanno avanti fini al pomeriggio, altre addirittura fino a sera. C’è anche chi la scuola l’ha già finita. E poi non sapevo con precisione... ...e tanto meno il caso specifico. So solo che fica anche giovane e giovanissima c’è sempre in giro, sia con l’uniforme della scuola [media superiore] che senza... Quella, poteva benisismo essere a casa, pur a metà giornata od inizio pomeriggio.
Meglio sempre provare... Andai così a casa della pischella. La madre c’aveva sopresi in casa sua. Ben sapevo, dunque, dove abitasse. Non fui fortunato. O forse lo fui... Aprì la madre che naturalmente mi riconobbe è mi chiese cosa volessi. Quei cinesi “yao shemmà” che al solo chiederti che cosa vuoi sembra ti stiano dando un ceffone. ...“Prodigi” della lingua cinese.
“Cercavo tua figlia.”
“Non c’è.” mi disse con aria indisponente e fece per chiudere la porta.
Misi il piede in mezzo: “Quando torna?”
“È a scuola e comunque non farti più vedere. Non è per te!”
Che glié fregava a lei?! No, anzi, era la solita madre-padrona cinese e cinesoide.
...Non è quello, è che quando l’avevo vista con la figlia, per strada, durante quella cerimonia, o cos’era, religiosa, anche lei, la madre, era proprio una gran ficazza e pure vestita provocosa.
In cenci da casa, era ancora più ficazza ed eccitante.
Inultile, mettersi a fare conversazione...
Le dissi solo: “Hai ragione!”. Mentre entravo e mi chiudevo la porta dietro.
Il vantaggio delle Cine e che sono abituati a capire al volo...
“Vattene!” mi disse mentre la spingevo verso la camera da letto e sul letto.
Anzi, visto che non c’era alcun dubbio che volessi montarla, cominciò ad urlettarmi “Schifoso! Schifoso!” mentre con pugnetti mi batteva sul petto. “Schifoso! Schifoso! Vai via! Vai via!”
Appena glielo misi dentro, sul letto, ...ah, era proprio ben bagnata, quelle sue esclamazioni dovevano essere in realtà d’autoeccitazione al solo pensiero che volessi montarla..., s’acquetò da quella finta resistenza per cominciare subito a godersi il piacere che iniziò immediatamente a salirle da dentro. Visto che stava venendo subito, tirai anch’io a non farla troppo lunga. Sebbene non avessi la sensazione ci fosse stato un marito in quella casa... ...fosse arrivato mai qualcuno, meglio godersela subito e farsi trovare pronti per andarsene.
Sì, se la godette proprio. Anch’io. Sì che, appena finito, mi stavo rivestendo per andarmene senza troppo indugi o trastulli, mi venne spontaneo di gettarle lì un: “E meno male che non volevi...”
Lei si voltò tutta rossa non solo per la goduta, ma ora da quel mio commento, per nascondermi la faccia che premette contro il letto, mettendosi sulla testa un cuscino che si teneva premuto tutt’attorno come a nascondersi a sé stessa prim’ancora che a me. Intanto s’era ranicchiata col culo per aria.
Stavo finendo di vestirmi, quando mi dissi che era proprio un segno del destino. Lo avevo pure di nuovo duro non tanto per quella sua posizione a culo per aria, quanto per l’effetto di ritorno della goduta precedente. ...Visto che s’era messa a quel modo... Mi rispogliai, le aprii le chiappe e glielo misi, sputacchiando un po’ per la lubrificazione, nel culo. Ah, si fece una goduta con gorgheggi gutturali. Pur restando in quella posizione da struzza, anzi nascondendosi il viso ancor più, ancor più vergognosa per quella trasgressione e per l’ulteriore trasgressione della goduta in pertugio ultratrasgressivo per una cinese o cinesoide. Venuto, ma col cazzo ancora duro, le feci qualche ulteriore su e giù lento e profondo mentre le dissi vicino all’orecchio: “Sentimi bene... ...vengo uno di questi giorni sul tardi, quando tua c’è tua figlia... ...non fare tante storie... ...se non ti piace starci a sentire mentre scopiamo, vatti a fare un giro... ...se ti comporti bene, rivengo sul presto, qualche volta, e faccio contenta pure te... ...di nuovo...”
Mi andai a dare una sciacquata all’uccello, mi rivestii e me ne andai, mentre lei se ne restava con la testa in posizione da struzzo, sotto quel cuscino.
Non male, anche tra le chiappe, sebbene nella fica sia pressoché sempre meglio. Mi risentivo questa cappella mezza gonfia ma ora con sfrigolii da godute appena avvenute, non più con sfrigolii da attesa di sbatterla in qualche topa.
A casa, se si può chiamare “casa” questa stanza minuscola, non avevo voglia di controllare subito i pidocchi dementi ossessi di merda ed il loro pidocchiare. Misi il silenziatore ambientale, attivai il simulatore-confusometro, non controllati la strumentazione, mi misi appena a dare un occhiata a qualche cosa che sprofondai in una dormita pesantissima di varie ore, con risveglio lungo. Lo sapete, quando ci si risveglia da un sonno pesantissimo, non si sa neppure dove si sia, ed anzi neppure si è sicuri di volere uscire dal sonno, sebbene ormai si sia svegli o quasi, e si indugia col sonno in cui si rispofonda seppur per riuscirne dopo non molto e risprofondarcisi...
Era buio chissà da quanto, quando mi levai dal letto. Detti un’occhiata alla strumentazione. Erano ore ed ore che i pidocchi dementi ossessi battevano, senza che io, per via degli aggeggini di quelli dell’astronave, sentissi nulla. Qui, i dementi ossessi di Stato della zona, i magnaccia della polizia sezione pidocchi da tortura bianca da camera, avevano ormai da tempo costituito delle squadre congiunte dei 林 (Lín) di quest’edificio coi 林 (Lín) precedenti, più i pidocchi esterni dell’uffico dementi ossessi della polizia taiwanese. Andavano sopra e cominciavano a dirsi l’un l’altro o l’una l’altra: “Che possiamo fare per dargli noia, per torturarlo meglio?” Poi, cominciavano coi loro toc-toc. ...Mentre i nostri sistemi di radiazioni ed altro li stanno distruggendo. Spassoso! Idem i decorsi dei pidocchi in Taipei sotto nostra distruzione accelerata. Idem quelli in Italiozia ed altrove. Chi passa le notti coi pugni chiusi fissando il soffitto rabbiosa e rabbioso. Chi si droga per narcotizzarsi in vario modo. Chi sente fischi e soffre patologie varie che s’acuiscono senza che i pidocchi sotto distruzione possano farci nulla. “Statisti” ed altri che danno pubblici segni di demenza acuta. ...Scusate, ma non li sentite e non li vedete, chessò, da quelli dell’ex-PCI-sucio, ai catto-sucios, ai “fascistoni” o ai “tengo famiglia” delle burocrazie pidocchie dementi ossesse in Italiozia come altrove?! Ah, non lo sapete che sono i nostri sistemi di radiazioni ed altro?! Non importa. Anche se non lo sapete e non lo sanno, funziona tutto ottimamente lo stesso. C’hanno cercato, c’hanno trovato!
Ullallààà. Mi risento la cappellona che fa capolino e mi sfrigola. Ora vado a rirendere felice la pischelletta cui ho fatto la festa una dozzina di giorni fa ed alla cui madre ho fatto servizio completo nel pomeriggio di ieri. Lei va poi a scuola, la mattina [qui, son quasi le cinque del mattino], più contenta, mentre io posso rifarmi una dormita prima della solita scuola di cinese a mezzogiorno. ...Mentre sopra, i degni compari del parentume e del burocratume di merda si rovinano gli occhi e la testa vuota nel loro strumento da guardonaggo e sprofondano ulteriormente nella loro demenza facendo toc-toc. Ah, che spasso!