lunedì 26 settembre 2011

mashal-026. Erika, LLN

mashal-026. Erika, LLN
by Georg Moshe Rukacs

Era veramente curioso essere lì, in quella sala computer, senza sapere che cosa scrivere. Situazione di attesa. Prova dell'ora, anzi del minuto e del secondo per non sballare. Soprattutto per non essere avanti e per non essere indietro.

Mi spiaceva per la bimba, che quando me ne sono andato, prima di ritornare, aveva gli occhi sbarrati sul video ed incavati nei suoi pensieri. È proprio per questo che mi sono detto che dovevo tornare ed agganciarla.

Ora ha assunto quest'aria più distesa e tesa nello stesso tempo. Vediamo se vorrà resistere fino all’ultimo all’incertezza dell’attesa o se sarà lei ad abbandonare. Ma anche in questo caso, almeno, non avrà la sindrome dell’abbandonata. Semmai quella dell'abbandonante. Può anche darsi che non gliene freghi nulla, per quanto non credo. Se non altro in una femmina c'è sempre il desiderio per l'interesse, per l'attenzione, ed anche per il desiderio che deve suscitare. Come vorrei sapere che cosa scrive. Chissà se le cose asettiche ed innocenti di curiosità sull'una o sull'altra, che intercettai, erano sue. Chissà se il mio essere tornato qui scatena la sua curiosità, od altri sentimenti, o no. Chissa se gli occhi della sua mente si stanno interrogando. Certamente lo stanno facendo! Vedrò così la psicologia femminile cosa si risolve a fare. Lo scrivere frenetico delle sue dita, e delle mie, cela, forse, la risoluzione e l’impazienza di restare fino alla fine.

Basta attendere per saperlo. Se almeno questi stronzoni di teutonici se ne andassero a fottersi. Perché se ne vanno?! Le ragazze dietro al SAS sono del tutto innocue. E poi chi cazzo se ne frega.

Ecco è l'ora di chiusura. Le sono dietro sommessamente e con la forza del pensiero le centro la nuca. Lei si volta.

- “Ciao”, le faccio io.
- “Ciao.”
- “Io mi chiamo Kolba e sono ucraino.”
- “Io mi chiamo Erika e sono viennese.”
- “Oh Vienna! E' una città infinita... Una volta cercai di attraversarla e non riuscivo più ad uscirne.
- “Veramente?”
“E’ proprio così. Anche i tuoi occhi sono infiniti. Uno li guarda e ci si perde.”
- “Ohoh...”
- “E’ vero. Io li guardo e resto senza parole.”
- “E tu che cosa fai oltre a scrivere sempre?”
- “Mi piacciono le bimbe molto belle, con qualcosa di veramente straordinario... Tu!”
- “Noo...”
- “Si, devo assolutamente conoscerti...”, ed intanto a queste parole lei finì di divenire rossa, anzi lo divenne ancora di più.
- “Ma io...”
- “Anch'io...”

Sorrise disarmata e vinta. Allora giocai al rialzo:
- “Amami!”

Divenne ancora più rossa e confusa:
- “Ma tu non sai nulla di me...”
- “E' vero... e non voglio sapere nulla... Voglio amare te e voglio avere il tuo amore.”

Le sfiorai la parte interna del braccio che restò abbandonato a lasciarsi sfiorare. Le presi il polso, e la mano che si lasciò prendere:
- “Tu ora vieni da me...”
- “Ma io...”
- “Non sei obbligata a nulla... Te ne puoi andare quando vuoi... e sarai sempre tu a decidere di te stessa... Ma voglio i tuoi occhi di fronte ai miei, se non altro per ripeterti mille volte che sei meravigliosa”.

Lo era veramente. Straordinariamente.