mercoledì 2 luglio 2008

ItalicChinese Asylums 94. Chris & Jenny in crisi di nervi idraulica

ItalicChinese Asylums 94. Chris & Jenny in crisi di nervi idraulica
by Georg Rukacs

Christine O'Brian o O'Brien, canadese del Quebec o di zone di frontiera tra Quebec ed aree anglofone.
JenniferWu [伍純樺], cino-taiwense.
Providence University [靜宜大學]/BizHouse. 32, Tasheng Street / 大聖街, 408 Taichung City / 台中, Taiwan

Lasciamo stare il contesto solito, che sennò sembra di voler funzionalizzare le vicende alla “morale”.

Dobbiamo solo evidenziare che, arrivati a Taiwan, si viene presto solennemente introdotti a che i cessi locali sarebbero del tutto differenti da quelli comuni, per cui, viene detto, si otturerebbero al solo contatto con qualunque carta od altro che non siano piscio ed escrementi. Non è vero. Si provi. Tuttavia, questo è quello tutti solennemente dicono e molti foresti religiosamente ripetono.

Lunedi 30 giugno 2008. Attorno alla 13:15. A scuola.

Dato che l’intervallo delle 13:00..13:10 tarda, del resto l’insegnante è tutta un intervallo infervoratissima a interrogare tutti sui fatti loro e ad incoraggiarli con commenti, esco un attimo, verso le 13:15, per la consueta “bevuta”. La salto solo, o la riduco ad un bicchiere, il giovedì, così evito di usare il gabinetto, visto che mi fermo per le altre due ore, al pomeriggio. Gli altri giorni, invece, bevendomi anche un 4 bicchieri piccoli di acqua, mi faccio, a quel modo, “la colazione”. In genere, non ho mangiato né bevuto (acqua; non bevo altro), prima. Per cui, con quella “bevuta” di dopo le 13, mi faccio “la colazione” e, se poi ho necessità urinarie, sarà quando, dopo le due e attorno alle tre od oltre, se ho qualcosa da fare in giro, sono a casa o, comunque fuori dalla scuola. Se non contribuisco all’affollamento dei cessi, è meglio per me e per il mondo. A scuola è tutta una corsa, di un po’ tutti, a bere e pisciare. Le insegnanti bevono sorsetti e fanno pisciatine. Ancor di più bevono, oltre a mangiare, gli studenti, che sembra ormai, un po’ dappertutto, vadano a scuola, per bere e mangiare durante le lezioni. A Taiwan, è uno status symbol arrivare con bevande acquistate in giro. Forse, anche altrove nel mondo.

Attorno alle 13:15, esco un attimo. Mi bevo i consueti 4 piccoli bicchieri d’acqua fredda dalla colonnina che filtra l’acqua corrente ed offre anche acqua bollente per tè ed altro. Rientro.

È tutto a qualche metro dalla porta vetrata trasparente dell’aula 202, che è dove sono, siamo.

Rientrato io in classe, esce, non so se a controllare non so cosa o per necessità sue, Christine, la gigante canadese, ora di 37 anni.

Rientra furiosa. Me lo deve dire qualche volta, perché la guardo allibito: “Hai buttato tu la carta nel vaso del gabinetto?! Hai buttato tu la carta nel vaso del gabinetto?! Hai buttato tu la carta nel vaso del gabinetto?! Hai buttato tu la carta nel vaso del gabinetto?!”

Non so cosa le rispondo: “Che problema c’è...?! ...Tira l’acqua che va giù...”

Si precipita sotto da Jennifer, la segretaria-direttrice-proprietaria. Ecco, una di 37 anni, forse oltre i due metri, non magra, che va concitata a “far la spia”. Non so, invero, se ci fosse qualcosa da riferire, o fosse tutta una creazione pazzoidale sua e loro. Corre giù come una bambinetta spiona, ma non so, in effetti, se diventino maturi con gli anni. Credo di no. Si precipita dalla segretaria-padrona, la gerarchià, lì

Salgono. Si dirigono verso il gabinetto. Guardano. C’è solo acqua. Non ci sono carte. Non ci sono intasi. Non ci sono danni.

Arrivano furiose da me. Jennifer si mette ad urlare che non si deve buttare carta nel vaso del gabinetto perché sennò il gabinetto si tappa e si deve chiamare l’idraulico. In più di 4 anni che vado quotidianamente lì, nonostante i cartelli minacciosi, nei due gabinetti ai due piani, che se s’intasa occorre qualche giorno “per la riparazione”, non ho mai visto i gabinetti con problemi. Sono sempre stati funzionanti.

In effetti, urla ed autoconcitazione loro a parte, non essendo successo nulla, non si capisce se sia una sfuriata filosofica unilaterale loro sui cessi taiwanesi. Ad un certo punto, offro a Jennifer un foglietto appallottolato per fare la prova. Lo rifiuta. Continua ad inveire mentre spallottolo il foglietto, che mi userò per i soliti esercizi di scrittura.

Butto lì qualche commento casuale, non con toni accesi, mentre lei e loro urlano, dicendo loro soave che sono sciocchezze, che sono malate e che non so nulla. Forse, avere visto che il gabinetto fosse libero “da carte” le ha rese più furiose. Jennifer continua ad urlare. Arriva, di rinforzo, Christine, che è corsa un attimo al cesso, con il tabellone di medie dimensioni c’è nel gabinetto con scritto di non buttarvi carte che sennò s’ottura ed occorrono alcuni giorni per la riparazione e me lo mostra. “C’è scritto qui quello che si deve fare e non fare! C’è scritto qui! C’è scritto qui!”

Le lascio finire. Quando si stufano, smettono e Jennifer se ne va. Christine è della classe. Quando Christine va via, al lavoro, poco dopo le 13:30, mi scappa da sorridere. Anzi, [le] lancio un bacio, ma senza guardarla, che non succedano altre tragedie. Lei, che è già uscita, riguarda dentro, mi guarda, mi vede ed ha un segno di rivolta, forse perché sorrido. Poi va sotto. Deve necessariamente passare da Jennifer per uscire. Non ci sono altre vie. “Cosa ha detto, dopo che sono scesa?” “Nulla. Ma ora sorrideva. Sor-ri-de-va! Quello si diverte!”

Quando, alle 14:00, scendo per andare via da scuola, Jennifer è ancora alterata. S’aspetterebbe un qualche mio commento di ritorno o vorrebbe continuare. Le vedo, con la coda dell’occhio, rabbia e atteggiamento proteso di chi vorrebbe continuare o che uno continuasse quel da lei, da loro, iniziato. O forse teme, ma teme desiderandolo, un seguito. Seguito di che?! Esco indifferente.