MaximaImmoralia. Umanoidi e pidocchi. I “rivoluzionari”. 18.02.2006
by Georg Rukacs
Saverio l’avevo incontrato quando ormai ero agli sgoccioli. 1984. Il processo. M’avevano trasferito a Tauronia. Poi di nuovo a Romonia per le vacanze estive. Poi, ancora a Tauronia fisso questa volta, se ben ricordo. Il maxiprocesso era, appunto, maxi, per cui lungo.
Ero arrivato alla sezione, non subito, dopo qualche traversia, perché avevo non so quale divieto d’incontro con un coimputato. A Roma non se n’erano accorti. Non c’eravamo né affrontati né ammazzati, per cui era di quei divieti d’incontro che s’erano inventati quando eravamo chissà dove all’inizio, ma appunto senza alcuna ragione neppur minima. Se n’erano improvvisamente ricordati lì, tra l’altro pure dopo il viaggio assieme. Dopo traffichii per dire che non c’era ragione m’avessero sbattuto là sotto, non ho mai ben capito con che tipi di persone, m’avevano poi fatto finalmente accedere alla sezione politici, quella ordinaria non quella speciale che pure c’era ridottissima. Eravamo tutti assieme al processo, anche nelle stesse gabbie. Ma, poi, c’era chi andava alla sezione ordinaria e chi andava alla speciale.
Saverio era di quelli tutto d’un pezzo. Eravamo pure in cella assieme, con altri, tutti tosti. L’unico che se ne fregava ero io. Ma senza particolari “cedimenti”. Chi cede, poi, e talvolta pure prima e subito, sono sempre quelli tosti, e grandi, e decisi. Non tutti, forse. Quando scrivevano i loro sunti, a turno, su una specie di registro lasciato in giro, nulla di clandestino, del Sole24Ore non sono mai andato a vedere che ci fosse scritto. Beh, se erano sunti del Sole24Ore... ...ma anche fossero state cose segrete, a maggior ragione, meglio non sapere. Quando dal gabinetto, dopo aver spento le luci parlottavano di nulla con chissà chi, mai ho chiesto, mai sono andato a vadere. Meglio sempre non sapere nulla. Se c’ero dormivo e dormivo davvero.
Era già l’epoca delle dissociazioni di massa. Nella sezione c’era una metà di dissociati ed una metà che non lo era. No lo era ancora. Non credo ci fossero proprio pentiti-pentiti, a parte i soliti, anche tra gli irriducibili delle carceri speciali o delle sezioni speciali che se l’erano cantata appena presi e poi erano ridiventati “irriducibili”. C’era chi parlava con tutti. C’era chi coi dissociati non parlava. A dire il vero, non mi ricordo Saverio. Ma forse evitava. In cella con noi c’era qualcuno che, me lo ricordo con nettezza, diceva “C’hanno messo tutti nella stessa sezione. Non è che posso ammazzarli o farmi mandare altrove. Facciano pure quello che vogliono, tanto non sono pentiti, comunque con loro non parlo.” Forse Saverio era di quelli... ...di sicuro era uno dei puri e duri.
Campano. La famiglia di commercianti di verdure credo, non so se avessero il banco od un negozio, forse un negozio. Lui era ferroviere, capotreno, prima dell’arresto. La ragazza o moglie, la seconda moglie, anche lei pura e dura. La famiglia che lo sosteneva tutta. Lui ortodosso su tutto. Autonomia operaia. O, almeno, una delle tante sfumature e versioni. Forse di quelli che prima erano il Lotta Continua o di qualche altro movimentone. In effetti, non mi sembrava tipo da m-l, almeno non quelli tosti, sebbene chissà che non fosse passato da Servire il Popolo, il partitone spuntato all’improvviso e poi presto afflosciatosi e svanitosi. Anche lì non è che avessi chiesto. Mai far domande.
Comunque, Saverio era di quelli che erano sempre il meglio, che facevano sempre le scelte giuste, che non facevano mai errori, di quelli che possono sempre vantarsi di quello che fanno. Specie diffusissima. S’era trovato... Il salto nella lotta armata vera da clandestino non è che l’avesse fatto. In effetti, molti s’erano dedicati poi a sparatorie ed espropri, pur da non clandestini, proprio per dimostrare e dimostrarsi che erano come i grandi clandestini, anzi ancor più furbi. Non doveva essere di quelli che non avevano fatto nulla. Ve ne erano. Pur tra contorcimenti da non crederci erano stato assolti, talvolta. Avessero evitato stroppe genuflessioni, magari li assolvevano pure prima. Immaginatevi giudici che si trovano di fronte quelli che dicono di non entrarci nulla e poi fanno delle dissociazioni [scritte e/o in sede di processo] del tipo non c’entro nulla, però, se mai c’entrassi, mi dissocio dalla lotta armata. Io quelle, queste, parti non me le sono mai fatte. Io non sono meglio di nessuno. Sì, alla fine, fui assolto, in un comico ultimo processo in cui c’ero solo io. Tuttavia, quando, al primo maxiprocesso, l’unico in cui si compariva davvero dinnanzi ad un giudice, quando costui faceva le sue considerazioni sul “lei avrebbe incontrato quello”, e quel “quello” era uno dei capi di una, non le BR, delle massime organizzazioni della “lotta armata”, io lo guardavo in modo tale, sarà stata colpa della mia faccia e sguardo particolare e che cambia pure in modo indeterminabile a seconda delle situazioni, ma il giudice si rispose da solo: “Certo, lei può dirmi che lei discute con chi vuole”. Infatti. Io non dissi nulla. Ma lo stavo proprio pensando. Gli anni me li dette lo stesso, in primo grado, anche altri in altri gradi, poi cassati dalla Corte di Cassazione, ma senza la banda armata, solo per un “reato specifico” che in qualche modo s’era creato ed aveva così permesso non solo di arrestarmi e processarmi ma pure d’andare avanti coi processi dei vari gradi.
No, Saverio era di quelli che qualche storia, forse anche sanguinosa, dovevano averla avuta, oltre ad una ben solida (almeno dal punto di vista dell’accusa e dei giudici) “lotta armata”. Infatti gli anni, per lui, non che fossero troppi ma neppure pochi. Sarà stato di quelli sui 7 o sui 10 o forse appena più, almeno in primo grado. Di quelli che poi, magari, si riducono negli appelli, ma alla fine, non bastano, chessò, un tre anni ed un po’ di preventiva come erano bastati a me anche mi fossero stati confermati i circa 4 anni del primo grado (senza la banda armata, sarei caduto sotto un condono per cui anche in caso di condanna definitiva [finale] avevo già fatto pure di più).
Io, alla fine, ne ero uscito dal gruppone del maxiprocesso. Una Cassazione, e non era neppure la prima, e, grazie alle motivazioni della Cassazione, un’assoluzione. Ed era finita, seppur dopo molti anni. ...Finita, almeno quella storia lì. Nulla finisce mai, quando si vive in ambiente avverso e che reagisce istericamente se t’assolvono... Quelli del gruppo di Saverio dovevano avere anche altri processi, od altri processi erano spuntati nel turbinio di dissociazioni divenuti pentimenti. Sì che c’è il continuato, ma alla fine somma e somma, pur con tagli, “cumuli”, gli anni devi farli, anche se non ergastoli né trent’anni, neppure venti né quindici nel caso di Saverio.
Ecco che, arrivati verso la fine, la famiglia, la ragazza o moglie, certo lo “sostenevano” però, “con tutti i soldi che abbiamo speso, tutti i sacrifici, tutte le pene e sofferenze cui pure noi abbiamo partecipato, adesso anche tu devi fare la tua parte...” ...e così pure lui s’era dissociato. Lui, il grande rivoluzionario, il tutto d’un pezzo. Ah, certo, se n’erano visti di peggio. S’era dissociato, ma non s’era dissociato davvero. Insomma, per l’accusa e per i giudici, s’era dissociato. Però, per sé stesso, ed era quello su cui insisteva coi compagni, lui non s’era dissociato davvero. Ecco che, uscito, pretendeva, forse non proprio pretendeva... ...chiedeva d’essere considerato come il gruppo dei suoi compagni di prigione, come uno di quelli che non solo non aveva tradito, ma non aveva neppure ceduto. Per cui, ecco, che voleva continuare a partecipare “al movimento”. Il “movimento” era poi quel triste vedersi per parlare di nulla in inutili riunioni per organizzare chissà quale resistenza al capitalismo che avanza, che t’ha già fottuto, e pur dopo che hai scoperto che il 90% dei “grandi rivoluzionari” s’è pentito e dissociato. Anzi, se c’aggiungi pure i Saveri e pure quelli che se la sono cantata in vario modo appena presi, ecco che il 95-99% dei “grandi rivoluzionari” s’è l’è fatta sotto ed addosso.
Comunque, anche Saverio, alla fine s’era dissociato. Però pretendeva d’essere trattato in pratica da irriducibile. Non essendo stati clandestini, quelli non venivano definiti né si autodefinivano “irriducibili”, non facevano processi guerriglia, non giocavano a farsi dare più anni che potevano, salvo poi interrompere il gioco con un pentimento che li portava fuori di galera pur con ergastoli magari definitivi. Però, erano, nella propria autoconsiderazione, e nella considerazione dell’area loro, del loro piccolo mondo che loro pensavano fosse il mondo, la realtà vera, dei para-irriducibili. ...non irriducibili-irriducibili solo perché non in clandestinità e dunque non presi in “covi” né con le armi indosso, né con documenti falsi.
Saverio l’aveva comunque rotta la barriera del “non rispondo” che voleva dire, “ammetto, ma non rompo la solidarietà con chi resta”. Aveva rotto la barriera dei documenti collettivi, del “non so se c’entro coi reati su cui comunque non rispondo, ma comunque mi rivendico come antagonista e come avanguardia delle masse popolari.” Alla fine, Saverio s’era dissociato. Della serie sono colpevole e chiedo lo sconto di pena. Però pretendeva d’essere considerato un para-irriducibile. Da chi lo pretendeva?! Alla fine era questione d’ammissione a qualche collettivo, oppure al nucleo duro e riservato di qualche collettivo, dove magari qualcuno avrebbe pure fatto delle cose per proprio profitto, più che altro, mentre altri avrebbero tranquillamente potuto non far nulla. Non c’era alcuna vera organizzazione armata che continuasse. Alla fine, era una questione d’autostima e di riconoscimento sociale da parte di quattro figuri e di giovinetti che magari cercano idioti come loro dalle cui labbra pendere. Se uno ha autostima, e giudica taluni comportamente abominevoli, semplicemente li evita. Bastava non si dissociasse e si tenesse qualche anno in più. Se la fica ti lascia o se ne va con un altro... Son cose che uno si dovrebbe dire, vedere tra sé e sé, decidere, prima ancora anche solo di andare in un’area dove non è poi improbabile finire arrestati e talvolta pure sparati.
...Ma Saverio era “furbo”. Era di quelli delle serie esco prima, mi tolgo prima la condanna da scontare così riprendo il posto nella lotta... ...anzi dovreste ringraziarmi perché sono prima di nuovo tra voi. È che non c’era nessuna lotta, nessun posto da riprendere, ma appunto solo lo spettegolarsi sul “quello ha confessato”, “quello s’è dissociato”, “tu stai zitto che...”, “io invece...” Già se le inventano, se possono, col più immacolato degli immacolati. Figurarsi su un “puro e duro” che si dissocia su pressione della famiglie e della donna, oltre che per indole evidentemente, e poi pretende pure lo trattino come un irridubile od un para-irriducibile.
Infatti i “compagni” di Saverio, lo avevano escluso dai nuclei duri. Solo dopo sue lunghe suppliche, chiarimenti, garanzie, era stato in qualche modo riaccettato, almeno di facciata.
L’avevo incontrato, un giorno, fuori dalle facoltà umanistiche. Io, uscivo da lì... Lui, solito fare aggressivo, da ortodosso sempre nel giusto, che chiede, pretende risposte, vuole sapere, ti ricorda che lui ha sempre ragione e sono gli altri [tu, io, in quel caso] che dicono sempre stronzate. Il tipo che pure che ti mena se mai gli dessi del quacquaracqua. In effetti... Ancora in prigione, in quella sezione politici, a Tauronia, forse appena v’ero arrivato, trovo uno con cui ero in cella a Romonia e lo trovo colla faccia sfasciata ed occhi neri. Un già operaio della grande industria del luogo, forse di quei personaggi di frontiera tra tirar su soldi per sé e sovversione, accusato di BR, che nega ma solo di fronte ai magistrati forse. Non che io gli avessi chiesto nulla. Sapevo solo, come poteva saperlo chiunque se ci fossero stati microfoni nelle celle, e c’erano, che se s’accennava a qualcosa lui era sempre un ortodosso. Che non significa avesse poi davvero commesso dei reati. C’era anche chi parlava di reati in prigione. Non certo lui con me, non essendo io il tipo chiedesse, né pretendesse. Ah, c’era chi ti diceva i suoi, o cose irrilevanti dei suoi, e poi pretendeva gli raccontassi i tuoi e s’offendeva se dicevi che non c’entravi nulla con reati. ...forse era per i microfoni che almeno in massima sicurezza c’erano e ci sono dappertutto. Forse, qualcuno sapeva che c’erano i microfoni e cercava di farti parlare apposta. Nella massima sicurezza i microfoni c’erano davvero un po’ dappertutto. Non ho idea altrove. Ma la sicurezza penitenziaria usa quei metodi, ...forse anche giusti. Non ho idea se poi le origliate abbiano rilevanza giudiziaria, ...forse no... ...non lo so, non si può mai sapere. Forse dipende da caso a caso. ...Dicevo, che, proprio a Tauronia, avevo incontrato uno con cui ero stato in cella a Romonia, e l’avevo incontrato con gli occhi neri. Era un tipo robusto. Ma aveva incontrato uno più robusto di lui. Uno che s’era dissociato. Lui deve avergli dato dell’infame. Quello gli ha fatto gli occhi neri e varie altre contusioni. Saverio doveva essere uno del genere. Se uno gli avesse dato del quacquaracqua, magari gli avrebbe pure rotto la faccia.
Beh, per me non era un problema, quella volta che avevo incontrato Saverio, del tutto casualmente, all’uscita delle facoltà umanistiche. Forse, allora, neppure sapevo di queste sue traversie coi “compagni”. Io non avevo nessuno cui rendere conto. Non solo non me ne fregava nulla di fare cose non sentissi mie. Neppure, inevitabilmente, sapevo di traversie, né di grandi imprese, dell’uno o dell’altro. Mi fosse mai scappato qualcosa anche di involontario, magari mi mangiava la faccia o mi pestava [quasi...] seduta stante. A sentirlo così aggressivo, mi veniva solo voglia di por termine il più presto possibile a quell’incontro casuale. La mia mente era occupata da programmini stavo cercando per equazioni differenziali. Incontrare un “grande rivoluzionario” della galera comune, almeno per un breve periodo, quando non s’ha nulla da temere né nulla da desiderare... Lui avrà chiesto a me che facessi lì. Io non l’ho chiesto a lui anche perché le facoltà umanistiche sono sempre stati luoghi sensibili per i “rivoluzionari” sebbene lui potesse essere da quelle parti per le ragioni più diverse od anche senza alcuna ragione. Comunque, non me ne fregava nulla. Neppure chiedere se facesse qualcosa o “non facesse nulla”. Sì, era in effetti di moda, in taluni ambienti, chiedere ai conoscenti d’area “compagna” con cui ci si fosse persi di vista un vano “ma allora non fai più nulla”, come se la vita fosse tutta tra riunioni, manifestazioni, progetti, lotta disarmate od armate, oppure un condannarsi al “far nulla”. ....Un modo di percepire le cose, che magari io stesso avevo avuto, in precedenza.
Te li vedi grandi eroi che ti mangiano la faccia se avanzi il minimo dubbio. Ed ecco che poi te li ritrovi... Ah, cose che mi sono capitate mille volte... Se s’ha la fortuna d’essersele studiate tali cose, nel senso d’averle già incontrate in studi su altre vicende ed altri periodi... ...eppure sono sempre distanti, anche quanto te le immagini, te le vivi nel pensiero, le fai come tue, nel senso d’essere come presente a vederle mentre altri le fanno ...sui libri. Poi, te le trovi sotto il naso. Il tale grande rivoluzionario, spacca facce uno avesse mai avanzato il minimo dubbio. Ed eccolo che, appena preso, oppure dopo un po’, se la canta su tutto e su tutti.
Credo che l’ingenuità aiuti perché fa vivere più intensamente tutto. Uno ti mangia magari la faccia se avanzi il dubbio che il tale ed il talaltro possa materialmente esserci ad una manifestazione. Poi, proprio chi t’ha mangiato la faccia non c’è. Uno ti racconta d’essere stato un grande partigiano pronto a tirare di nuovo fuori lo Sten. Poi scopri che è un ladruncolo che vive di piccole truffe, che piagnucola ogni volta la polizia lo prende, che magari pure se la canta al tal commissario, e, se sa dove lavori, t’aspetta all’uscita per chiederti soldi. Ti capita d’andare, mandato dal leaderino locale, a chieder ad un “grande rivoluzionario”, e pure riccastro, i soldi della quota del gruppo perché si deve pagare il fitto della sede, e lui, sfruttando uno sciopero studentesco e l’essere in mezzo a folle prementi se ne esce con un urlato: “Ma come, siamo qui nel mezzo della lotta e tu mi vieni a chieder soldi?!” ...a parte che non te li chiedo certo per me, c’è il fitto da pagare e tu t’eri impegnato. E peggio. Ti s’atteggiano a grandi combattenti, poi leggi sul giornale che appena presi si sono pentiti ed hanno fatto arrestare decine d’altri. Cose che non stanno né in cielo né in terra, per l’ingenuo. Ed invece nel mondo dei furbi, che quello dominante, sono cose correnti.
Di Saverio, ma di mille altri, anche irriducibili veri, l’ho scoperto dopo. Ah, sì, è per quella “storia” di Serpente Rosso, che qui non c’entra nulla. ...La nostra missione di distruggere le Cine e le Inghilterre, dappertutto nel mondo... Entriamo in archivi di dati, possiamo ascoltare registrazioni ed intercettazioni, ...mille altre cose. Per cui, ne vengono fuori come questa...
Antonio era uno sbirro capace. Un vero artista. Aveva impattato Saverio... ...più che impattato, l’aveva sedotto. Occorre voler essere sedotti. Ma occorre pure saper sedurre. Deve esserci chi sia pronto a farsi sedurre. Ma occorre pure chi sappia sedurre il seducibile.
Antonio gli era girato attorno. Era il periodo che Saverio s’era dissociato, pur nella sua dissociazione “lo faccio per aver meno anni, ma tanto resto un duro.” I “compagni”, sì, insomma, i quattro o i dieci di un qualche centro di quartiere, e l’opinione pubblica dell’ambiente, lo avevano emarginato. In realtà, Antonio l’aveva impattato nel periodo più sfavorevole per farne un informatore. Uno che è sempre il meglio, come Saverio, lo recluti meglio, almeno nel modo in cui reclutava Antonio, quando tutto va bene. Tutto va bene. Magari, gli prospetti che potrebbe andare ancora meglio, ma anche peggio se capita qualche imprevisto... Quando uno che è “il meglio”, il “duro”, che pur quella dissociazione-non-dissociazione-ma dissociazione l’ha fatta, deve farsi riammetter nel giro, oppure decide magari di mandare tutti a quel paese (il mondo è grande...), non è proprio il momento migliore per esser reclutati da uno sbirro. Ma Antonio era un autentico velluto. Avrebbe avuto grande successo come magnaccia a sverginare ragazzette ed a farle prostituire convinte di farlo per qualche grande ideale e che la loro non fosse veramente prostituzione né lui un vero sfruttatore.
Antonio aveva incrociato Saverio al processo, lanciandogli una qualche occhiata come di rispetto. Aveva poi cominciato a ronzare nella sua area e nei luoghi lui frequentava, ma camuffato, non certo con l’auto di servizio con paletta, né coi colleghi, né con la sua faccia. Sì, insomma s’era un po’ travisato. S’era fatto vedere. Gli aveva lanciato delle occhiate. Saverio aveva capito che c’era qualcosa. “Mi controlleranno”, s’era detto. Magari temendo che lo controllasse qualche compagno per farlo fuori. “Ma no, non ho denunciato nessuno...” Però poi uno si crea delle paranoie. “Perché gli sbirri dovrebbero controllarmi? ...Neppure i compagni, ...e perché mai?! Ma non è che a qualcuno gli è venuta qualche strana idea e vuole giocarmi qualche brutto tiro? Non è che qualcuno ha detto che ho fatto qualche infamita, o qualcuno lo sospetta... ...e qualcuno s’è convinto che io l’abbia fatta sul serio.” Nel contempo, aveva visto quella faccia pur travisata: “Eppure quello l’ho già visto... ...ma no, non è un compagno... ...non è che usino qualcuno che non conosco?! ...eppure mi sembra quasi quello sbrirro...”
Poi, un giorno, Antonio se n’era arrivato con un forgone della Sip e camuffato da operaio della Sip. Aveva impattato Saverio a piedi e s’era offerto di dargli un passaggio: “Saverio, sono io... ...non faccia caso a questo... [accennò al furgone ed all’abito] ...volevo salutarla. Salga un attimo.” Saverio, s’era spaventato. Aveva visto lo sbrirro, ma s’era immaginato una situazione come se i compagni avessero voluto sequestrarlo. Di fronte ad una situazione inaspettata, se n’era prefigurata una del tutto differente e tuttavia plausibile. In pratica, era scappato.
Antonio gli aveva poi telefonato. “Saverio, volevo scusarmi per averla disturbata. ...Sì, il furgone... ...ma c’ero solo io. Volevo davvero solo salutarla. Mi spiace che abbia pensato chissaccosa.” Saverio: “Guardi che non ho nulla da dirle...” Antonio: “Sono io che vorrei dirle delle cose... ...temo sempre che fraintendiate la nostra posizione... ...noi siamo solo funzionari, tecnici, del potere politico, qualunque esso sia. ....appunto, vorrei dirglielo guardandola negli occhi... ...lei è un rappresentante autorevole di un’area dell’opposizione...” Saverio era confuso. Farfugliava. Non sapeva come metterla. “Guardi, che non ho proprio nulla da dirle... ...lei la conosce la mia, la nostra, posizione.” “Lei, non immagina quanti...” gli buttò lì come un’esca, Antonio. Subito, come riprendendosi: “Guardi, che se volessi vederla come sbrirro, me ne arriverei, con l’auto di servizio, con qualche collega... ...mannò non ci penso neppure. Non voglio creale dei problemi... ...Se proprio non vuole parlarmi, non mi faccio più vedere né sentire... ...mannò lei è un rappresentante autorevole di un’area di opposizione, è mio dovere farmi ascoltare e penso anche suo sentirmi. ...Mi dica un momento che non la distrubo... ...se ora ha da fare, mi faccio sentire più in là.” Saverio era ancora più confuso. Temeva nuovi guai. Si prefigurava pure i problemi coi compagni, a farsi vedere con uno sbirro. Antonio lo sapeva: “Lo so che se la vengo a cercare e ci vedono, chissà che pensano... ...Guardi, i prossimi giorni devo fare dei favori a mio cognato che lavora al mercato, ma ora è in ospedale... ...devo passare nella sua zona con un furgone di frutta e verdura... ...mi dica quando va a comprare il giornale o un qualunque altro posto ed ora in cui posso aspettarla. ...se poi cambia idea, non si preoccupi, ci vedremo un altro giorno o, se proprio non vuole, non ci vedremo mai...” Saverio era vieppiù confuso ed ansioso. Alla fine, si misero d’accordo, dove Antonio l’avrebbe prelevato con questo furgone di frutta e verdura.
Il giorno e nel posto convenuto, Antonio arrivò col furgone di frutta e verdura, fece salire Saverio, che pur sospettoso non intravide nulla di sospetto e dunque salì. Antonio era così travisato, come abbigliamento, ed un po’ anche come faccia, che bisognava saperlo che era lui per riconoscerlo. Saverio poteva star sicuro che, se qualche compagno l’avesse visto, non avrebbe immaginato altro che Saverio al lavoro o cose simili. Nessuno l’avrebbe mai immaginato con uno sbirro.
Saverio aveva subodorato la cosa, per cui mise subito le mani avanti: “Non ho idea di che cosa voglia parlare... ...ma, guardi, che non sono il tipo da fare l’informatore! Neppure potrei, ora che quegli stronzi mi evitano perché dicono che mi sono dissociato, mentre io ho fatto solo quanto m’ha detto l’avvocato per non dover tornare dentro per qualche anno...” Antonio ben li conosceva quiei discorsi. Gli buttò lì un diretto ed un po’ stupefacente: “Sono, io, noi, che vogliamo fare gli informatori suoi!” Saverio arrossì come gli avessero dato un ceffone. In realtà, per come gli era arrivata inaspettata quell’affermazione. Non sapeva cosa dire. Farfugliò un: “Come sarebbe a dire... ...sia... ...sia... ...più preciso... ...non capisco...”
Antonio attaccò allora con la parte: “Saverio, guardi, credo ci sia una grande confusione su ciò che noi siamo. Noi siamo professionisti, o operatori o operai, se non le piace professionisti, della sicurezza. Se domani va al governo un colore differente, magari ci cambiano nome, magari c’obbligano a prendere una tessera oppure a non prenderla, però, alla fine, noi, come tutti gli altri uffici dello Stato, restiamo e siamo sempre gli stessi.” “Ma voi fate gli interessi dei padroni!”, buttò stereotipato Saverio. Continuò Antonio: “Se domani voi vi chiamate proletariato e fate un vostro governo proletario, gli operai continuano a lavorare il fabbrica e noi sbirri continuiamo a fare gli sbirri. O anche se mandate noi sbirri in fabbrica e qualche operaio lo fare sbrirro, ecco che alla fine le varie polizie ci sono sempre. Cambierà qualcuno. Cambia “il padrone”, il governo, che si serve, ma alla fine è sempre lo stesso... ...se poi voi fate un governo come Pol-Pot ecco che magari siamo noi sbirri d’oggi che andiamo in Francia a fare gli emigrati democratici mentre voi, in nome del proletariato, massacrate il proletariato stesso...”
Saverio, che non aveva una grande cultura, neppure una vera cultura di una qualche consistenza, ma che si credeva furbo, cercò di cambiare l’asse del discorso. In filosofia, ed anche il filosofia politica, Antonio stava avendo la meglio. Per sui, Saverio se ne sbottò con un: “Ma non ha detto che lei o voi volevate fare gli informatori nostri?” Era proprio lì che Antonio lo voleva: “Certo! Noi siamo gli informatori di tutti. Voi ci pagate... ...è il nostro mestiere informare, prevenire e, se serve, pure reprimere. Certamente, se per informatore vostro lei intende che io le dò il nome e l’indirizzo di un mio collega da andare ad ammazzare... ...mannò, che sto a dire queste cose a lei, lei non ha mai ammazzato nessuno né ha alcuna intenzione d’andare ad ammazzare nessuno. Cosa vuole che le dia i nomi dei miei colleghi, neppure li ho tutti i nomi e gli indirizzi, per farsene cosa... Ma poi lei neppure li vuole. E che se ne fa... ...e se poi passano in cattive mani...” Saverio se ne restava silenzioso. Un po’ stroncato da quella logica sottile. Un po’, lui che si credeva furbo, per vedere dove Antonio volesse andare a parare. Se ne sbottò solo in un furbastro: “Ecco, dite che volete fare i nostri informatori ma senza darci informazioni!” Ed Antonio: “Mi dica che informazioni vorrebbe...” Saverio se ne restò muto. Quando s’arriva al dunque, la retorica rivoluzionaria inciampa sulla realtà. Così, Antonio, proseguì: “Vede... ...dobbiamo usare le parole giuste... ...la parola giusta è con-sul-ta-zio-ne... ...dobbiamo aprire dei canali di consultazione. Non creda lo venga a dire a lei... ...è quello che facciamo con tutti ed è quello che tutti fanno con noi.” “Non capisco”, si limitò a dire Saverio ormai preso nella rete.
Antonio: “Noi lo sappiamo quale è il nostro ruolo... ...è la convivenza sociale, contribuire alla convivenza sociale... ...ah, di qualunque società vi sia... ...non abbiamo preferenze di colore o di classe. ...Se lei ha chiaro quale sia la sua collocazione, possiamo definire qualche forma di consultazione se lei crede. Noi le diciamo e lei ci dice, ...se crede. ...Certo, se lei vuole ammazzarci, non ce lo dica e forse non serve ci consultiamo, sebbene talvolta abbiamo canali di consultazione, in un modo o nell’altro, anche con chi ci spara addosso o dice di volerci sparare addosso. ...Sa, si possono avere convergenze.... ...interessi comuni, per un periodo, anche coi più estremi.”
Saverio, un po’ perplesso, ma che cominciava a gustarsi quella cooptazione in qualche circuito di potere, dunque la possibilità di avere qualche informazione e di manipolare, chiese: “Che dovrei fare, in concreto.” Antonio rispose che avrebbe dovuto definire una sua collocazione, delle sue aspirazioni, rispetto al suo lavoro politico. A quel punto, loro, “lo Stato”, lo avrebbero informato di elementi “strambi” e dunque obiettivamente potessero insidiare la sua [di Saverio] autorità. Ed anche Saverio, “se avesse voluto”, avrebbe potuto far presente dei dubbi su personaggi “strambi” fossero comparsi od apparsi. “Glielo ripeto,” insistette Antonio: “noi facciamo gli informatori suoi, vostri, e lo facciamo con pressoché tutti, anche se nessuno lo ammetterebbe mai ed è giusto nessuno lo ammetta né ne parli. Gli informatori, li fermiamo, li ricattiamo, diamo loro qualche biglietto da 50'000 lire. Questa è un altra cosa. Del tutto pulita, con noi che serviamo voi. Noi serviamo lei. ...Perché lo facciamo? ...Perché s’evitano screzi. ...certo, se lei domani ammazza sua moglie noi non possiamo fare nulla... ...sono altri uffici... Lei non è nostro né sotto la nostra protezione... ...se poi lei vuole non incontrarci non incontrarmi, non ha nessun vincolo.”
Saverio fece il ritroso, il sospettoso, ma alla fine disse che si poteva fare. In fondo, lui avrebbe parlato di tanto in tanto con Antonio. Definirono dei canali di comunicazione quando l’uno avesse avuto bisogno di vedere l’altro.
In pratica, Antonio, ed il corpo di polizia rappresentava, o lo specifico ufficio del corpo di polizia lui rappresentava, avrebbe passato a Saverio, come ad altri, informazioni faceva comodo passare (persone da diffamare, da tenere d’occhio, etc.) così come Saverio, come già molti altri, avrebbe passato ad Antonio, ed all’ufficio lui li rappresentava, “informazioni”. Ecco la “consultazione”, un obiettivo lavoro da informatore e da provocatore al servizio di un ufficio di una qualche polizia politica.
Tale il destino vero di tanti “rivoluzionari”. Così come, quello di rivoluzionari senza le virgolette è poi quello di operare in tali ambienti dove nulla è come sembra e tutto quello che sembra è poi fasullo. E dove ad ogni angolo cercano di manipolarti e di indirizzarti nei modi più sottili ed inaspettati.
È cosa di questi giorni. Allora, aggiungiamo qualche riga.
Saverio aveva un’“amico”, un compagno di fede, quando aveva, simulava d’avere, un qualche fede. Alfredo. No, non lui era un informatore, né mai l’è divenuto. Alfredo era uno dei pochi puliti, credo. E dev’esserlo restato. L’hanno preso giorni fa, “capo” (o uno dei “capi”), con documento d’identità taroccato, rientrato dalla Francia, di una qualche rete sovversiva. A Rovigonia. Mi sono subito detto che schifato da Tauronia, a cominciare da quel Saverio, e da mille altri Saveri, aveva optato per il richiamo etnico, per le sue terre. Rovigonia. Scoprirà, forse, che, in qualunque terra, è poi tutto uguale. Uomini e donne, e pidocchi. Pidocchi, e qualche uomo e donna quando ci sono.
by Georg Rukacs
Saverio l’avevo incontrato quando ormai ero agli sgoccioli. 1984. Il processo. M’avevano trasferito a Tauronia. Poi di nuovo a Romonia per le vacanze estive. Poi, ancora a Tauronia fisso questa volta, se ben ricordo. Il maxiprocesso era, appunto, maxi, per cui lungo.
Ero arrivato alla sezione, non subito, dopo qualche traversia, perché avevo non so quale divieto d’incontro con un coimputato. A Roma non se n’erano accorti. Non c’eravamo né affrontati né ammazzati, per cui era di quei divieti d’incontro che s’erano inventati quando eravamo chissà dove all’inizio, ma appunto senza alcuna ragione neppur minima. Se n’erano improvvisamente ricordati lì, tra l’altro pure dopo il viaggio assieme. Dopo traffichii per dire che non c’era ragione m’avessero sbattuto là sotto, non ho mai ben capito con che tipi di persone, m’avevano poi fatto finalmente accedere alla sezione politici, quella ordinaria non quella speciale che pure c’era ridottissima. Eravamo tutti assieme al processo, anche nelle stesse gabbie. Ma, poi, c’era chi andava alla sezione ordinaria e chi andava alla speciale.
Saverio era di quelli tutto d’un pezzo. Eravamo pure in cella assieme, con altri, tutti tosti. L’unico che se ne fregava ero io. Ma senza particolari “cedimenti”. Chi cede, poi, e talvolta pure prima e subito, sono sempre quelli tosti, e grandi, e decisi. Non tutti, forse. Quando scrivevano i loro sunti, a turno, su una specie di registro lasciato in giro, nulla di clandestino, del Sole24Ore non sono mai andato a vedere che ci fosse scritto. Beh, se erano sunti del Sole24Ore... ...ma anche fossero state cose segrete, a maggior ragione, meglio non sapere. Quando dal gabinetto, dopo aver spento le luci parlottavano di nulla con chissà chi, mai ho chiesto, mai sono andato a vadere. Meglio sempre non sapere nulla. Se c’ero dormivo e dormivo davvero.
Era già l’epoca delle dissociazioni di massa. Nella sezione c’era una metà di dissociati ed una metà che non lo era. No lo era ancora. Non credo ci fossero proprio pentiti-pentiti, a parte i soliti, anche tra gli irriducibili delle carceri speciali o delle sezioni speciali che se l’erano cantata appena presi e poi erano ridiventati “irriducibili”. C’era chi parlava con tutti. C’era chi coi dissociati non parlava. A dire il vero, non mi ricordo Saverio. Ma forse evitava. In cella con noi c’era qualcuno che, me lo ricordo con nettezza, diceva “C’hanno messo tutti nella stessa sezione. Non è che posso ammazzarli o farmi mandare altrove. Facciano pure quello che vogliono, tanto non sono pentiti, comunque con loro non parlo.” Forse Saverio era di quelli... ...di sicuro era uno dei puri e duri.
Campano. La famiglia di commercianti di verdure credo, non so se avessero il banco od un negozio, forse un negozio. Lui era ferroviere, capotreno, prima dell’arresto. La ragazza o moglie, la seconda moglie, anche lei pura e dura. La famiglia che lo sosteneva tutta. Lui ortodosso su tutto. Autonomia operaia. O, almeno, una delle tante sfumature e versioni. Forse di quelli che prima erano il Lotta Continua o di qualche altro movimentone. In effetti, non mi sembrava tipo da m-l, almeno non quelli tosti, sebbene chissà che non fosse passato da Servire il Popolo, il partitone spuntato all’improvviso e poi presto afflosciatosi e svanitosi. Anche lì non è che avessi chiesto. Mai far domande.
Comunque, Saverio era di quelli che erano sempre il meglio, che facevano sempre le scelte giuste, che non facevano mai errori, di quelli che possono sempre vantarsi di quello che fanno. Specie diffusissima. S’era trovato... Il salto nella lotta armata vera da clandestino non è che l’avesse fatto. In effetti, molti s’erano dedicati poi a sparatorie ed espropri, pur da non clandestini, proprio per dimostrare e dimostrarsi che erano come i grandi clandestini, anzi ancor più furbi. Non doveva essere di quelli che non avevano fatto nulla. Ve ne erano. Pur tra contorcimenti da non crederci erano stato assolti, talvolta. Avessero evitato stroppe genuflessioni, magari li assolvevano pure prima. Immaginatevi giudici che si trovano di fronte quelli che dicono di non entrarci nulla e poi fanno delle dissociazioni [scritte e/o in sede di processo] del tipo non c’entro nulla, però, se mai c’entrassi, mi dissocio dalla lotta armata. Io quelle, queste, parti non me le sono mai fatte. Io non sono meglio di nessuno. Sì, alla fine, fui assolto, in un comico ultimo processo in cui c’ero solo io. Tuttavia, quando, al primo maxiprocesso, l’unico in cui si compariva davvero dinnanzi ad un giudice, quando costui faceva le sue considerazioni sul “lei avrebbe incontrato quello”, e quel “quello” era uno dei capi di una, non le BR, delle massime organizzazioni della “lotta armata”, io lo guardavo in modo tale, sarà stata colpa della mia faccia e sguardo particolare e che cambia pure in modo indeterminabile a seconda delle situazioni, ma il giudice si rispose da solo: “Certo, lei può dirmi che lei discute con chi vuole”. Infatti. Io non dissi nulla. Ma lo stavo proprio pensando. Gli anni me li dette lo stesso, in primo grado, anche altri in altri gradi, poi cassati dalla Corte di Cassazione, ma senza la banda armata, solo per un “reato specifico” che in qualche modo s’era creato ed aveva così permesso non solo di arrestarmi e processarmi ma pure d’andare avanti coi processi dei vari gradi.
No, Saverio era di quelli che qualche storia, forse anche sanguinosa, dovevano averla avuta, oltre ad una ben solida (almeno dal punto di vista dell’accusa e dei giudici) “lotta armata”. Infatti gli anni, per lui, non che fossero troppi ma neppure pochi. Sarà stato di quelli sui 7 o sui 10 o forse appena più, almeno in primo grado. Di quelli che poi, magari, si riducono negli appelli, ma alla fine, non bastano, chessò, un tre anni ed un po’ di preventiva come erano bastati a me anche mi fossero stati confermati i circa 4 anni del primo grado (senza la banda armata, sarei caduto sotto un condono per cui anche in caso di condanna definitiva [finale] avevo già fatto pure di più).
Io, alla fine, ne ero uscito dal gruppone del maxiprocesso. Una Cassazione, e non era neppure la prima, e, grazie alle motivazioni della Cassazione, un’assoluzione. Ed era finita, seppur dopo molti anni. ...Finita, almeno quella storia lì. Nulla finisce mai, quando si vive in ambiente avverso e che reagisce istericamente se t’assolvono... Quelli del gruppo di Saverio dovevano avere anche altri processi, od altri processi erano spuntati nel turbinio di dissociazioni divenuti pentimenti. Sì che c’è il continuato, ma alla fine somma e somma, pur con tagli, “cumuli”, gli anni devi farli, anche se non ergastoli né trent’anni, neppure venti né quindici nel caso di Saverio.
Ecco che, arrivati verso la fine, la famiglia, la ragazza o moglie, certo lo “sostenevano” però, “con tutti i soldi che abbiamo speso, tutti i sacrifici, tutte le pene e sofferenze cui pure noi abbiamo partecipato, adesso anche tu devi fare la tua parte...” ...e così pure lui s’era dissociato. Lui, il grande rivoluzionario, il tutto d’un pezzo. Ah, certo, se n’erano visti di peggio. S’era dissociato, ma non s’era dissociato davvero. Insomma, per l’accusa e per i giudici, s’era dissociato. Però, per sé stesso, ed era quello su cui insisteva coi compagni, lui non s’era dissociato davvero. Ecco che, uscito, pretendeva, forse non proprio pretendeva... ...chiedeva d’essere considerato come il gruppo dei suoi compagni di prigione, come uno di quelli che non solo non aveva tradito, ma non aveva neppure ceduto. Per cui, ecco, che voleva continuare a partecipare “al movimento”. Il “movimento” era poi quel triste vedersi per parlare di nulla in inutili riunioni per organizzare chissà quale resistenza al capitalismo che avanza, che t’ha già fottuto, e pur dopo che hai scoperto che il 90% dei “grandi rivoluzionari” s’è pentito e dissociato. Anzi, se c’aggiungi pure i Saveri e pure quelli che se la sono cantata in vario modo appena presi, ecco che il 95-99% dei “grandi rivoluzionari” s’è l’è fatta sotto ed addosso.
Comunque, anche Saverio, alla fine s’era dissociato. Però pretendeva d’essere trattato in pratica da irriducibile. Non essendo stati clandestini, quelli non venivano definiti né si autodefinivano “irriducibili”, non facevano processi guerriglia, non giocavano a farsi dare più anni che potevano, salvo poi interrompere il gioco con un pentimento che li portava fuori di galera pur con ergastoli magari definitivi. Però, erano, nella propria autoconsiderazione, e nella considerazione dell’area loro, del loro piccolo mondo che loro pensavano fosse il mondo, la realtà vera, dei para-irriducibili. ...non irriducibili-irriducibili solo perché non in clandestinità e dunque non presi in “covi” né con le armi indosso, né con documenti falsi.
Saverio l’aveva comunque rotta la barriera del “non rispondo” che voleva dire, “ammetto, ma non rompo la solidarietà con chi resta”. Aveva rotto la barriera dei documenti collettivi, del “non so se c’entro coi reati su cui comunque non rispondo, ma comunque mi rivendico come antagonista e come avanguardia delle masse popolari.” Alla fine, Saverio s’era dissociato. Della serie sono colpevole e chiedo lo sconto di pena. Però pretendeva d’essere considerato un para-irriducibile. Da chi lo pretendeva?! Alla fine era questione d’ammissione a qualche collettivo, oppure al nucleo duro e riservato di qualche collettivo, dove magari qualcuno avrebbe pure fatto delle cose per proprio profitto, più che altro, mentre altri avrebbero tranquillamente potuto non far nulla. Non c’era alcuna vera organizzazione armata che continuasse. Alla fine, era una questione d’autostima e di riconoscimento sociale da parte di quattro figuri e di giovinetti che magari cercano idioti come loro dalle cui labbra pendere. Se uno ha autostima, e giudica taluni comportamente abominevoli, semplicemente li evita. Bastava non si dissociasse e si tenesse qualche anno in più. Se la fica ti lascia o se ne va con un altro... Son cose che uno si dovrebbe dire, vedere tra sé e sé, decidere, prima ancora anche solo di andare in un’area dove non è poi improbabile finire arrestati e talvolta pure sparati.
...Ma Saverio era “furbo”. Era di quelli delle serie esco prima, mi tolgo prima la condanna da scontare così riprendo il posto nella lotta... ...anzi dovreste ringraziarmi perché sono prima di nuovo tra voi. È che non c’era nessuna lotta, nessun posto da riprendere, ma appunto solo lo spettegolarsi sul “quello ha confessato”, “quello s’è dissociato”, “tu stai zitto che...”, “io invece...” Già se le inventano, se possono, col più immacolato degli immacolati. Figurarsi su un “puro e duro” che si dissocia su pressione della famiglie e della donna, oltre che per indole evidentemente, e poi pretende pure lo trattino come un irridubile od un para-irriducibile.
Infatti i “compagni” di Saverio, lo avevano escluso dai nuclei duri. Solo dopo sue lunghe suppliche, chiarimenti, garanzie, era stato in qualche modo riaccettato, almeno di facciata.
L’avevo incontrato, un giorno, fuori dalle facoltà umanistiche. Io, uscivo da lì... Lui, solito fare aggressivo, da ortodosso sempre nel giusto, che chiede, pretende risposte, vuole sapere, ti ricorda che lui ha sempre ragione e sono gli altri [tu, io, in quel caso] che dicono sempre stronzate. Il tipo che pure che ti mena se mai gli dessi del quacquaracqua. In effetti... Ancora in prigione, in quella sezione politici, a Tauronia, forse appena v’ero arrivato, trovo uno con cui ero in cella a Romonia e lo trovo colla faccia sfasciata ed occhi neri. Un già operaio della grande industria del luogo, forse di quei personaggi di frontiera tra tirar su soldi per sé e sovversione, accusato di BR, che nega ma solo di fronte ai magistrati forse. Non che io gli avessi chiesto nulla. Sapevo solo, come poteva saperlo chiunque se ci fossero stati microfoni nelle celle, e c’erano, che se s’accennava a qualcosa lui era sempre un ortodosso. Che non significa avesse poi davvero commesso dei reati. C’era anche chi parlava di reati in prigione. Non certo lui con me, non essendo io il tipo chiedesse, né pretendesse. Ah, c’era chi ti diceva i suoi, o cose irrilevanti dei suoi, e poi pretendeva gli raccontassi i tuoi e s’offendeva se dicevi che non c’entravi nulla con reati. ...forse era per i microfoni che almeno in massima sicurezza c’erano e ci sono dappertutto. Forse, qualcuno sapeva che c’erano i microfoni e cercava di farti parlare apposta. Nella massima sicurezza i microfoni c’erano davvero un po’ dappertutto. Non ho idea altrove. Ma la sicurezza penitenziaria usa quei metodi, ...forse anche giusti. Non ho idea se poi le origliate abbiano rilevanza giudiziaria, ...forse no... ...non lo so, non si può mai sapere. Forse dipende da caso a caso. ...Dicevo, che, proprio a Tauronia, avevo incontrato uno con cui ero stato in cella a Romonia, e l’avevo incontrato con gli occhi neri. Era un tipo robusto. Ma aveva incontrato uno più robusto di lui. Uno che s’era dissociato. Lui deve avergli dato dell’infame. Quello gli ha fatto gli occhi neri e varie altre contusioni. Saverio doveva essere uno del genere. Se uno gli avesse dato del quacquaracqua, magari gli avrebbe pure rotto la faccia.
Beh, per me non era un problema, quella volta che avevo incontrato Saverio, del tutto casualmente, all’uscita delle facoltà umanistiche. Forse, allora, neppure sapevo di queste sue traversie coi “compagni”. Io non avevo nessuno cui rendere conto. Non solo non me ne fregava nulla di fare cose non sentissi mie. Neppure, inevitabilmente, sapevo di traversie, né di grandi imprese, dell’uno o dell’altro. Mi fosse mai scappato qualcosa anche di involontario, magari mi mangiava la faccia o mi pestava [quasi...] seduta stante. A sentirlo così aggressivo, mi veniva solo voglia di por termine il più presto possibile a quell’incontro casuale. La mia mente era occupata da programmini stavo cercando per equazioni differenziali. Incontrare un “grande rivoluzionario” della galera comune, almeno per un breve periodo, quando non s’ha nulla da temere né nulla da desiderare... Lui avrà chiesto a me che facessi lì. Io non l’ho chiesto a lui anche perché le facoltà umanistiche sono sempre stati luoghi sensibili per i “rivoluzionari” sebbene lui potesse essere da quelle parti per le ragioni più diverse od anche senza alcuna ragione. Comunque, non me ne fregava nulla. Neppure chiedere se facesse qualcosa o “non facesse nulla”. Sì, era in effetti di moda, in taluni ambienti, chiedere ai conoscenti d’area “compagna” con cui ci si fosse persi di vista un vano “ma allora non fai più nulla”, come se la vita fosse tutta tra riunioni, manifestazioni, progetti, lotta disarmate od armate, oppure un condannarsi al “far nulla”. ....Un modo di percepire le cose, che magari io stesso avevo avuto, in precedenza.
Te li vedi grandi eroi che ti mangiano la faccia se avanzi il minimo dubbio. Ed ecco che poi te li ritrovi... Ah, cose che mi sono capitate mille volte... Se s’ha la fortuna d’essersele studiate tali cose, nel senso d’averle già incontrate in studi su altre vicende ed altri periodi... ...eppure sono sempre distanti, anche quanto te le immagini, te le vivi nel pensiero, le fai come tue, nel senso d’essere come presente a vederle mentre altri le fanno ...sui libri. Poi, te le trovi sotto il naso. Il tale grande rivoluzionario, spacca facce uno avesse mai avanzato il minimo dubbio. Ed eccolo che, appena preso, oppure dopo un po’, se la canta su tutto e su tutti.
Credo che l’ingenuità aiuti perché fa vivere più intensamente tutto. Uno ti mangia magari la faccia se avanzi il dubbio che il tale ed il talaltro possa materialmente esserci ad una manifestazione. Poi, proprio chi t’ha mangiato la faccia non c’è. Uno ti racconta d’essere stato un grande partigiano pronto a tirare di nuovo fuori lo Sten. Poi scopri che è un ladruncolo che vive di piccole truffe, che piagnucola ogni volta la polizia lo prende, che magari pure se la canta al tal commissario, e, se sa dove lavori, t’aspetta all’uscita per chiederti soldi. Ti capita d’andare, mandato dal leaderino locale, a chieder ad un “grande rivoluzionario”, e pure riccastro, i soldi della quota del gruppo perché si deve pagare il fitto della sede, e lui, sfruttando uno sciopero studentesco e l’essere in mezzo a folle prementi se ne esce con un urlato: “Ma come, siamo qui nel mezzo della lotta e tu mi vieni a chieder soldi?!” ...a parte che non te li chiedo certo per me, c’è il fitto da pagare e tu t’eri impegnato. E peggio. Ti s’atteggiano a grandi combattenti, poi leggi sul giornale che appena presi si sono pentiti ed hanno fatto arrestare decine d’altri. Cose che non stanno né in cielo né in terra, per l’ingenuo. Ed invece nel mondo dei furbi, che quello dominante, sono cose correnti.
Di Saverio, ma di mille altri, anche irriducibili veri, l’ho scoperto dopo. Ah, sì, è per quella “storia” di Serpente Rosso, che qui non c’entra nulla. ...La nostra missione di distruggere le Cine e le Inghilterre, dappertutto nel mondo... Entriamo in archivi di dati, possiamo ascoltare registrazioni ed intercettazioni, ...mille altre cose. Per cui, ne vengono fuori come questa...
Antonio era uno sbirro capace. Un vero artista. Aveva impattato Saverio... ...più che impattato, l’aveva sedotto. Occorre voler essere sedotti. Ma occorre pure saper sedurre. Deve esserci chi sia pronto a farsi sedurre. Ma occorre pure chi sappia sedurre il seducibile.
Antonio gli era girato attorno. Era il periodo che Saverio s’era dissociato, pur nella sua dissociazione “lo faccio per aver meno anni, ma tanto resto un duro.” I “compagni”, sì, insomma, i quattro o i dieci di un qualche centro di quartiere, e l’opinione pubblica dell’ambiente, lo avevano emarginato. In realtà, Antonio l’aveva impattato nel periodo più sfavorevole per farne un informatore. Uno che è sempre il meglio, come Saverio, lo recluti meglio, almeno nel modo in cui reclutava Antonio, quando tutto va bene. Tutto va bene. Magari, gli prospetti che potrebbe andare ancora meglio, ma anche peggio se capita qualche imprevisto... Quando uno che è “il meglio”, il “duro”, che pur quella dissociazione-non-dissociazione-ma dissociazione l’ha fatta, deve farsi riammetter nel giro, oppure decide magari di mandare tutti a quel paese (il mondo è grande...), non è proprio il momento migliore per esser reclutati da uno sbirro. Ma Antonio era un autentico velluto. Avrebbe avuto grande successo come magnaccia a sverginare ragazzette ed a farle prostituire convinte di farlo per qualche grande ideale e che la loro non fosse veramente prostituzione né lui un vero sfruttatore.
Antonio aveva incrociato Saverio al processo, lanciandogli una qualche occhiata come di rispetto. Aveva poi cominciato a ronzare nella sua area e nei luoghi lui frequentava, ma camuffato, non certo con l’auto di servizio con paletta, né coi colleghi, né con la sua faccia. Sì, insomma s’era un po’ travisato. S’era fatto vedere. Gli aveva lanciato delle occhiate. Saverio aveva capito che c’era qualcosa. “Mi controlleranno”, s’era detto. Magari temendo che lo controllasse qualche compagno per farlo fuori. “Ma no, non ho denunciato nessuno...” Però poi uno si crea delle paranoie. “Perché gli sbirri dovrebbero controllarmi? ...Neppure i compagni, ...e perché mai?! Ma non è che a qualcuno gli è venuta qualche strana idea e vuole giocarmi qualche brutto tiro? Non è che qualcuno ha detto che ho fatto qualche infamita, o qualcuno lo sospetta... ...e qualcuno s’è convinto che io l’abbia fatta sul serio.” Nel contempo, aveva visto quella faccia pur travisata: “Eppure quello l’ho già visto... ...ma no, non è un compagno... ...non è che usino qualcuno che non conosco?! ...eppure mi sembra quasi quello sbrirro...”
Poi, un giorno, Antonio se n’era arrivato con un forgone della Sip e camuffato da operaio della Sip. Aveva impattato Saverio a piedi e s’era offerto di dargli un passaggio: “Saverio, sono io... ...non faccia caso a questo... [accennò al furgone ed all’abito] ...volevo salutarla. Salga un attimo.” Saverio, s’era spaventato. Aveva visto lo sbrirro, ma s’era immaginato una situazione come se i compagni avessero voluto sequestrarlo. Di fronte ad una situazione inaspettata, se n’era prefigurata una del tutto differente e tuttavia plausibile. In pratica, era scappato.
Antonio gli aveva poi telefonato. “Saverio, volevo scusarmi per averla disturbata. ...Sì, il furgone... ...ma c’ero solo io. Volevo davvero solo salutarla. Mi spiace che abbia pensato chissaccosa.” Saverio: “Guardi che non ho nulla da dirle...” Antonio: “Sono io che vorrei dirle delle cose... ...temo sempre che fraintendiate la nostra posizione... ...noi siamo solo funzionari, tecnici, del potere politico, qualunque esso sia. ....appunto, vorrei dirglielo guardandola negli occhi... ...lei è un rappresentante autorevole di un’area dell’opposizione...” Saverio era confuso. Farfugliava. Non sapeva come metterla. “Guardi, che non ho proprio nulla da dirle... ...lei la conosce la mia, la nostra, posizione.” “Lei, non immagina quanti...” gli buttò lì come un’esca, Antonio. Subito, come riprendendosi: “Guardi, che se volessi vederla come sbrirro, me ne arriverei, con l’auto di servizio, con qualche collega... ...mannò non ci penso neppure. Non voglio creale dei problemi... ...Se proprio non vuole parlarmi, non mi faccio più vedere né sentire... ...mannò lei è un rappresentante autorevole di un’area di opposizione, è mio dovere farmi ascoltare e penso anche suo sentirmi. ...Mi dica un momento che non la distrubo... ...se ora ha da fare, mi faccio sentire più in là.” Saverio era ancora più confuso. Temeva nuovi guai. Si prefigurava pure i problemi coi compagni, a farsi vedere con uno sbirro. Antonio lo sapeva: “Lo so che se la vengo a cercare e ci vedono, chissà che pensano... ...Guardi, i prossimi giorni devo fare dei favori a mio cognato che lavora al mercato, ma ora è in ospedale... ...devo passare nella sua zona con un furgone di frutta e verdura... ...mi dica quando va a comprare il giornale o un qualunque altro posto ed ora in cui posso aspettarla. ...se poi cambia idea, non si preoccupi, ci vedremo un altro giorno o, se proprio non vuole, non ci vedremo mai...” Saverio era vieppiù confuso ed ansioso. Alla fine, si misero d’accordo, dove Antonio l’avrebbe prelevato con questo furgone di frutta e verdura.
Il giorno e nel posto convenuto, Antonio arrivò col furgone di frutta e verdura, fece salire Saverio, che pur sospettoso non intravide nulla di sospetto e dunque salì. Antonio era così travisato, come abbigliamento, ed un po’ anche come faccia, che bisognava saperlo che era lui per riconoscerlo. Saverio poteva star sicuro che, se qualche compagno l’avesse visto, non avrebbe immaginato altro che Saverio al lavoro o cose simili. Nessuno l’avrebbe mai immaginato con uno sbirro.
Saverio aveva subodorato la cosa, per cui mise subito le mani avanti: “Non ho idea di che cosa voglia parlare... ...ma, guardi, che non sono il tipo da fare l’informatore! Neppure potrei, ora che quegli stronzi mi evitano perché dicono che mi sono dissociato, mentre io ho fatto solo quanto m’ha detto l’avvocato per non dover tornare dentro per qualche anno...” Antonio ben li conosceva quiei discorsi. Gli buttò lì un diretto ed un po’ stupefacente: “Sono, io, noi, che vogliamo fare gli informatori suoi!” Saverio arrossì come gli avessero dato un ceffone. In realtà, per come gli era arrivata inaspettata quell’affermazione. Non sapeva cosa dire. Farfugliò un: “Come sarebbe a dire... ...sia... ...sia... ...più preciso... ...non capisco...”
Antonio attaccò allora con la parte: “Saverio, guardi, credo ci sia una grande confusione su ciò che noi siamo. Noi siamo professionisti, o operatori o operai, se non le piace professionisti, della sicurezza. Se domani va al governo un colore differente, magari ci cambiano nome, magari c’obbligano a prendere una tessera oppure a non prenderla, però, alla fine, noi, come tutti gli altri uffici dello Stato, restiamo e siamo sempre gli stessi.” “Ma voi fate gli interessi dei padroni!”, buttò stereotipato Saverio. Continuò Antonio: “Se domani voi vi chiamate proletariato e fate un vostro governo proletario, gli operai continuano a lavorare il fabbrica e noi sbirri continuiamo a fare gli sbirri. O anche se mandate noi sbirri in fabbrica e qualche operaio lo fare sbrirro, ecco che alla fine le varie polizie ci sono sempre. Cambierà qualcuno. Cambia “il padrone”, il governo, che si serve, ma alla fine è sempre lo stesso... ...se poi voi fate un governo come Pol-Pot ecco che magari siamo noi sbirri d’oggi che andiamo in Francia a fare gli emigrati democratici mentre voi, in nome del proletariato, massacrate il proletariato stesso...”
Saverio, che non aveva una grande cultura, neppure una vera cultura di una qualche consistenza, ma che si credeva furbo, cercò di cambiare l’asse del discorso. In filosofia, ed anche il filosofia politica, Antonio stava avendo la meglio. Per sui, Saverio se ne sbottò con un: “Ma non ha detto che lei o voi volevate fare gli informatori nostri?” Era proprio lì che Antonio lo voleva: “Certo! Noi siamo gli informatori di tutti. Voi ci pagate... ...è il nostro mestiere informare, prevenire e, se serve, pure reprimere. Certamente, se per informatore vostro lei intende che io le dò il nome e l’indirizzo di un mio collega da andare ad ammazzare... ...mannò, che sto a dire queste cose a lei, lei non ha mai ammazzato nessuno né ha alcuna intenzione d’andare ad ammazzare nessuno. Cosa vuole che le dia i nomi dei miei colleghi, neppure li ho tutti i nomi e gli indirizzi, per farsene cosa... Ma poi lei neppure li vuole. E che se ne fa... ...e se poi passano in cattive mani...” Saverio se ne restava silenzioso. Un po’ stroncato da quella logica sottile. Un po’, lui che si credeva furbo, per vedere dove Antonio volesse andare a parare. Se ne sbottò solo in un furbastro: “Ecco, dite che volete fare i nostri informatori ma senza darci informazioni!” Ed Antonio: “Mi dica che informazioni vorrebbe...” Saverio se ne restò muto. Quando s’arriva al dunque, la retorica rivoluzionaria inciampa sulla realtà. Così, Antonio, proseguì: “Vede... ...dobbiamo usare le parole giuste... ...la parola giusta è con-sul-ta-zio-ne... ...dobbiamo aprire dei canali di consultazione. Non creda lo venga a dire a lei... ...è quello che facciamo con tutti ed è quello che tutti fanno con noi.” “Non capisco”, si limitò a dire Saverio ormai preso nella rete.
Antonio: “Noi lo sappiamo quale è il nostro ruolo... ...è la convivenza sociale, contribuire alla convivenza sociale... ...ah, di qualunque società vi sia... ...non abbiamo preferenze di colore o di classe. ...Se lei ha chiaro quale sia la sua collocazione, possiamo definire qualche forma di consultazione se lei crede. Noi le diciamo e lei ci dice, ...se crede. ...Certo, se lei vuole ammazzarci, non ce lo dica e forse non serve ci consultiamo, sebbene talvolta abbiamo canali di consultazione, in un modo o nell’altro, anche con chi ci spara addosso o dice di volerci sparare addosso. ...Sa, si possono avere convergenze.... ...interessi comuni, per un periodo, anche coi più estremi.”
Saverio, un po’ perplesso, ma che cominciava a gustarsi quella cooptazione in qualche circuito di potere, dunque la possibilità di avere qualche informazione e di manipolare, chiese: “Che dovrei fare, in concreto.” Antonio rispose che avrebbe dovuto definire una sua collocazione, delle sue aspirazioni, rispetto al suo lavoro politico. A quel punto, loro, “lo Stato”, lo avrebbero informato di elementi “strambi” e dunque obiettivamente potessero insidiare la sua [di Saverio] autorità. Ed anche Saverio, “se avesse voluto”, avrebbe potuto far presente dei dubbi su personaggi “strambi” fossero comparsi od apparsi. “Glielo ripeto,” insistette Antonio: “noi facciamo gli informatori suoi, vostri, e lo facciamo con pressoché tutti, anche se nessuno lo ammetterebbe mai ed è giusto nessuno lo ammetta né ne parli. Gli informatori, li fermiamo, li ricattiamo, diamo loro qualche biglietto da 50'000 lire. Questa è un altra cosa. Del tutto pulita, con noi che serviamo voi. Noi serviamo lei. ...Perché lo facciamo? ...Perché s’evitano screzi. ...certo, se lei domani ammazza sua moglie noi non possiamo fare nulla... ...sono altri uffici... Lei non è nostro né sotto la nostra protezione... ...se poi lei vuole non incontrarci non incontrarmi, non ha nessun vincolo.”
Saverio fece il ritroso, il sospettoso, ma alla fine disse che si poteva fare. In fondo, lui avrebbe parlato di tanto in tanto con Antonio. Definirono dei canali di comunicazione quando l’uno avesse avuto bisogno di vedere l’altro.
In pratica, Antonio, ed il corpo di polizia rappresentava, o lo specifico ufficio del corpo di polizia lui rappresentava, avrebbe passato a Saverio, come ad altri, informazioni faceva comodo passare (persone da diffamare, da tenere d’occhio, etc.) così come Saverio, come già molti altri, avrebbe passato ad Antonio, ed all’ufficio lui li rappresentava, “informazioni”. Ecco la “consultazione”, un obiettivo lavoro da informatore e da provocatore al servizio di un ufficio di una qualche polizia politica.
Tale il destino vero di tanti “rivoluzionari”. Così come, quello di rivoluzionari senza le virgolette è poi quello di operare in tali ambienti dove nulla è come sembra e tutto quello che sembra è poi fasullo. E dove ad ogni angolo cercano di manipolarti e di indirizzarti nei modi più sottili ed inaspettati.
È cosa di questi giorni. Allora, aggiungiamo qualche riga.
Saverio aveva un’“amico”, un compagno di fede, quando aveva, simulava d’avere, un qualche fede. Alfredo. No, non lui era un informatore, né mai l’è divenuto. Alfredo era uno dei pochi puliti, credo. E dev’esserlo restato. L’hanno preso giorni fa, “capo” (o uno dei “capi”), con documento d’identità taroccato, rientrato dalla Francia, di una qualche rete sovversiva. A Rovigonia. Mi sono subito detto che schifato da Tauronia, a cominciare da quel Saverio, e da mille altri Saveri, aveva optato per il richiamo etnico, per le sue terre. Rovigonia. Scoprirà, forse, che, in qualunque terra, è poi tutto uguale. Uomini e donne, e pidocchi. Pidocchi, e qualche uomo e donna quando ci sono.