Chinese Asylums 9. Taiwan. Tainan. Tortura bianca di Stato. 2004
by Georg Rukacs
Il 14 marzo 2004 sera, una domenica, arrivo a Hong Kong da Wuhan. Dormo all’aereoporto. Il giorno dopo vado allo pseudo consolato di Taiwan. Pur senza vera documentazione, e da un’impiegata con la fama di terribile, ottengo il visto per ragioni di studio. Mi ha creduto. Del resto le avevo detto la verità. Ero in contatto con la Providence University di Taichung. Sarei andato lì per seguire corsi di cinese. Tuttavia il trimestre iniziava a giugno, per cui non avevo ancora mandato i soldi né loro, di conseguenza, il foglio ufficiale da usare per il visto. In realtà, avevo pure in testa di fare un tentativo a Tainan, sebbene non avessi la lettera di raccomandazione richiesta. Nella sostanza, dal punto di vista del visto e dello Stato taiwanese non cambiava nulla.
Avessi iniziato la scuola subito, a Taichung era in realtà possibile, sebbene per iscritto avessero fatto i formali, non avrei avuto bigogno di tornare a Hong Kong per un nuovo visto, dopo, credo, un 6 mesi. Avrei potuto fare, a Taiwan, la conversione dal visto di studio al permesso di soggiono per ragioni di studio. Conoscevo la normativa ma non avevo capito che l’impiegata consolare mi avesse davvero dato il visto per ragioni di studio. Lei mi aveva detto che non era possibile darmelo, appunto per assenza di documentazione, a parte la stampa di un’email che potevo anche essermi inventato da solo. Però poi m’aveva dato il tipo di visto più favorevole, quello estendibile e trasformabile in ARC [permesso di soggiorno] senza bisogno di uscire da Taiwan e chiedere un altro visto a Hong Kong od altrove.
Pagata l’urgenza, ho il visto il giorno stesso, lunedì 15 marzo 2004. La sera, prendo l’aereo per Kaohsiung. Il biglietto per Kaohsiung costa meno di quello per Taipei, e poi ho in mente di provare a Tainan. A Taichung sono sicuro d’avere l’ammissione. Ma dato che ho creduto al loro formalismo che il trimestre successivo inizia ad inizio giugno, ho tutto il tempo di provare a Tainan. Kaohsiung è più vicino a Tainan di Taipei.
Già al mio arrivo all’areoporto di Kaohsiung, il poliziotto al computer aveva visto che avevo un codice speciale. Infatti mi chiede ansioso il mio indirizzo a Taiwan. E che cacchio ne so! Sono appena arrivato! Lo sa che tanto mi trovano. L’ha visto che ero pieno di bagagli senza proprio le caratteristiche del terrorista né del mafioso, personaggi che si muovono con l’essenziale e comprano sul momento tutto quello serve loro. I bagagli negli aeroporti li fanno ben annusare dai cani e ben danno ad essi un’occhiata ai raggi X. Lo vedono se uno ha altro che vestiti, e pure altro che libri, quaderni, mangianastri, dischetti e cavi per computer e spine, prolunghe e simili, come nel caso mio. Uno viaggiasse con droga od armi lo vedrebbero subito, suppongo. Non è comunque il caso mio. Son cose che, “artigiani” a parte, viaggiano e volano con coperture di Stato e di Stati. Mi hanno dato un qualche codice speciale, dall’Italia, per demenza o peggio. ...delinquenti sdi Stato!
All’aeroporto di Kaohsiung, uscito dall’area arrivi, chiedo ad un ufficio turistico, che mi aggrega ad un furgoncino che va a Tainan e mi trovano pure, a Tainan, un albergo supereconomico, dato che avevo fatto il tirchio. Raggiungo Tainan e lo strano albergo. Sembra un garage con sopra un albergo ma senza clienti. Mi sembra d’essere l’unico. Neppure mi chiedono il documento di identità. Per una notte... Infatti, nessuna stranezza, nessuna battitura. Fa caldissimo. C’è comunque il condizionatore, e pure la doccia. L’unico rumore, mattutino, è una cosa del tutto normale. Caricano su un lungo camion grandi quantità di scooter. Appunto, nessuna stranezza. Dato che avevo in programma di andare subito all’università, a Kaohsiung avevo chiesto un albergo non solo economico ma vicino all’università. Era a due passi.
Il giorno dopo, verso le 9, vado all’università di Tainan dove dico che vorrei iscrivermi per il trimestre successivo, da giugno in pratica, e chiedo che mi indichino un posto dove vivere nel frattempo. Me lo indicano, a pochi metri dall’università, con annessa tortura bianca che inizierà subito, il 16 marzo 2004.
La segretaria stranieri è una ragazza disgustosa. Forme, od assenza di forme a parte, ha una faccia piena di bolle purulente, come da chi affetta, dalla nascita, da una qualche allergia alla vita. Mi chiede che ne pensi della RPC. Le dico che le università, in particolare gli uffici relazioni internazionali (da cui dipendono tutti gli studenti esteri) sono una cosa demenziale, che forse lei neppure può immaginare. No, le immagina. È lo stesso. A Taiwan è tutto i dentico, pur sotto altra forma. Nella RPC c’è la forma sovietica. A Taiwan c’è la forma occidentale normale. La sostanza è tuttavia la stessa. Tra il KMT ed il PCC non c’è mai stata alcuna differenza. Mao era più ossesso e spietato di Chang, oltre che del tutto sottosviluppista, e dunque è stato prescelto dagli anglo-americani come capo secondino per il grande campo di concentramento cinese. I più dementi ed ossesi sono stati prescelti dagli ingleses per sfasciare la Cina. Ma, appunto, era una questione di gradazioni non di differenze qualitative. La Cina era ben lieta di farsi sfasciare ed i cinesi di essere trattati da pidocchi schiavi.
La segretaria mi indica tre posti, e me li abbozza su una cartina dell’area che mi dà. Mi dice che “il migliore per me” è quello più vicino all’universita. È proprio dall’altra parte della strada rispetto al muro di cinta della stessa e ad una delle sue uscite. Vado lì. Ta-Hsueh lu [大學路 dàxuélù, via o strada dellUniversità], 12 xiang , 9 hao, Tainan 701, Taiwan. Via o strada Ta-Hsueh, vicolo 12, numero 9.
Non riuscivo a trovare questo vicolo della via o strada che costeggiava un lato dell’università. Chiedo ad un gruppetto di studenti. Una ragazzetta con lo scooter alla fine lo scoprirà. Tornerà indietro. Mi caricherà sul suo scooter e mi ci accompagnerà. Appena salgo sul suo scooter mi viene duro e lei se lo sente bello grosso, il sedile era piccolo, contro la sua schiena. Quando scendo dallo scooter, arrivato al vicolo dove dovevo chiedere per la stanza, lei era tutta rossa in viso e continuava a dirmi tutta eccitata: “Grazie! Grazie!” Grazie, per quel cazzo duro di cui s’era eccitata... Era una tutta frizzante e ben fatta. Mi sembrava uno spreco lasciarla andare così. Era la solita cinese o taiwanese all’inizio dell’università che sognava solo di farsi fare la festa e di godersi pure il seguito. E naturalmente col mito dello straniero o dell’”americano”. Per loro, gli stranieri sono tutti “americani”. Le dissi che era non solo gentilissima, ma era bellissima e m’ero innamorato di lei, che volevo conoscerla. Le chiesi la email e le detti la mia, dicendole che mi sarei fatto vivo quanto prima, magari il giorno stesso. Ci vedemmo la sera. Visto che era eccitata per quel cazzo duro dietro, le proposi, e lei ne fu felicissima, che mi portasse in scooter a dare un’occhiata alla città. Passai subito al programma irresistibile da scooter. La avvolsi con naturalezza con le mie braccia. Le sussurrai che ero pazzo di lei. Le mie mani scivolarono sotto i suoi vestiti e dentro le sue mutande fino alla fichetta che... ...sbandò, frenò di colpo, restò come senza sensi tra le mie braccia pur dibattendosi senza saper bene che fare: “Grazie! Grazie! Ma non posso. Grazie! Grazie! Magari quando ci cosciamo meglio, ...se davvero ti piaccio. Grazie! Grazie! No, ti prego, noooo.” Ed intanto di dibatteva di piacere. Apriva e chiudeva le gambe, e muoveva il bacino, ma non per farmi davvero smettere. E mi venne tra le braccia mentre la toccavo proprio lì. Era tutta rossa, non solo e non tanto per il caldo di quella città e di qule periodo. “Lo vedi che mi ami, almeno un pochino” le dissi malizioso. E continuai: “Va bene, se non vuoi, ...ti amo anche se non mi vuoi, ora. ...dai, andiamo da me così mi racconti di te.” Comprammo qualche cosa da mangiare ed andammo mentre continuavo ad avvolgerla con le braccia e lei guidava lo scooter, toccandola in prossimità, sì da non farle perdere il controllo dello scooter. Tanto per tenerla calda. Anche se non ce n’era bisogno. Da me, misi il simulatore per i guardoni-origliatori sopra ed affianco e... “Dai, dimmi tutto di te”, e le misi le mani sotto i vestiti accarezzandola in tutti i punti sensibili. “No dai ti prego... ...sono una ragazza seria... ...qui non è come da voi in occidente...”, disse non troppo convinta. “Mi piaci proprio perché sei seria e bellissima... ...dai raccontami di te... ...però... ...dai, devi proprio... ecco chiudi gli occhi, ...spegnamo la luce... ...devi proprio farmi conoscere... ...fammi dare dei bacetti alla tua sorellina...” Le sflilai jeans e mutande, complice il buio, e la lavorai subito sostenuto di labbra, denti e lingua sulla “sua sorellina”, sulla sua fichetta. Impazzì, come impazzisce qualunque femmina a quel modo. Le feci la festa ed oltre. Ci vedemmo, per far l’amore, tutti i giorni e le notti che stetti lì. Quando aveva le sue cose, seguimmo altre vie... Full service! Poi, quando andai a Taichung, veniva quando poteva, ma la distanza... ...Lei aveva da studiare lì, a Tainan, non poteva trasferirsi. Un bel giorno, i genitori, scoperta la cosa, l’hanno messa sotto controllo stretto e tenuta in clausura, tutta scuola e studio. Lei era a Tainan per l’università. La famiglia era altrove. Quando hanno scoperto la cosa e pure con straniero, hanno trovato il modo di crearle una rete di isolamento in modo che non avesse più una vita sua, a parte lo studio. Nelle Cine ed a Taiwan sono così, spesso, spessissimo.
Lì a Ta-Hsueh lu, 12 xiang , 9 hao, era un posto che sembrava un pensionato di preti e suore cattolici. Madonne dappertutto. Fuori e dentro. La struttura era una delle varie classiche nelle Cine. La casa del padrone ed attaccato, in quel caso non sopra, alcuni piani di stanze, forse un tre piani e mezzo, nel senso che l’ultimo era metà stanze e, dall’altra parte del corridoio, aperto, pur sotto il tetto, come area stendi biancheria come spesso sono gli ultimi piani nelle Cine del sud ed a Taiwan.
Date tutte quelle madonne dappertutto, quando vidi la madre ed il padre del padrone, o del figlio amministratore, pensai ad una anziana suora con un anziano prete. L’inserviente poteva essere un’inserviente di una comunità religiosa od essa stessa una religiosa di basso grado. Quando arrivò il figlio, in automobile, poteva essere, dall’aria, un prete, pur in abito normale. Fu solo quando mi disse che doveva andare a prendere sua moglie che intuì fosse una famiglia. M’affittò la stanza, con bagno e presa Internet, per due mesi. Poi non sapevo. Non sapevo se mi avrebbero ammesso anche senza la lettera di raccomandazione e dunque se sarei restato lì. Pagai i due mesi. 13,000 taibi, in tutto. Era ansioso d’incassare, come lo sono ovunque ci sia la tortura bianca. Sperano che uno se ne vada subito così si tengono pure tutto quello che ha già pagato. ...uno “sente le voci” dunque è colpa sua se ne va. Lo straniero è solo un pollo da spennare.
Avevamo già la detezione elettronica che lì c’era un’attività di pidocchi con strumentazione da guardonaggio-origlionaggio con connesssa attività di tortura, sia da sopra che d’affianco, sebbene non fosse poi di grande intensità, anche perché il luogo era già rumoroso di suo. C’era infatti un qualche motore sempre in funzione in un palazzo quasi attaccato, e se avessero fatte battiture di eccessiva intensità avrebbero sentito tutti, studenti che pagavano profumatamente, e gente che lavorava, e le stanze erano tutte occupate. Essendo piccole, alla fine ne avrebbero avuto tutti troppo danno per i loro studi ed i loro lavori. La stanza era l’unica sfitta e non in programma d’essere affittata. Era “in ristrutturazione”, mi disse il padrone, tale Liu Sherman [Liu suppongo il cognome cinese e Sherman il “nome inglese”], anche se era solo sfitta ed in disordine. Infatti, fu subito pronta. La stanza era l’ultima da un lato del corridoio. La stanza sopra, un classico nella tortura bianca a Taiwan, aveva la porta blindata, unica stanza dell’edificio con la porta blindata. Era abitata da uno sbirro grassottello formato standard in queste cose, che capeggiava la tortura bianca. La stanza affianco da una ragazza, una studentessa non del primo anno, che rumoreggiava da affianco con sbattiture di cose contro il muro ma solo quando io fossi stato in prossimità d’esso oppure ad occhi chiusi sul letto. Tutto secondo i loro schemi standard. Con altri quando loro, sia sopra che affianco, non c’erano o dovevano comunque riposarsi. Tutti miliziani da tortura ossessi. E nessuno sentiva nulla naturalmente, nell’edificio. Sentivano e ne erano disturbati ma tacitati dal linciaggio di Stato in corso contro un foresto, foresto che se ne fregava mentre loro pativano.
La famiglia del padrone o dei padroni si componeva, dunque, di lui Sherman, della madre anziana, di un padre visto solo occasionalmente all’inizio, con aria traballante, e di cui poi non ho sentito mai, per cui verosimilmente era ricoverato da qualche parte, la moglie Jojo [黄樂文 Huáng Luò Wén Huang Luo Wen], la figlia alle soglie dell’adolescenza ed un figlio grande che credo vivesse per conto suo ma non sposato. Uno con l’aria affabile e buona. Magari era pure lui un torturatore da camera.
In quelle situazioni, il padrone, i padroni, sanno tutto, dei programmmi in atto degli ossessi della psicopolizia da tortura bianca e relativi miliziani, dato che gran parte del lavoro è fatto da volontari, da pidocchi qualunque. Tutti sanno e tutti parlano tra di loro e con altri cinesi o taiwanesi. Infatti, quando chiesi alla moglie, che s’era innamorata di me, chi abitasse sopra di me, reagì stizzita e non rispose. Sapevo già che era uno sbrirro. Sherman e moglie Jojo erano dei cattolicissimi e pan-nazionalisti, di quelli credono nella grande Cina. Ma non fa differenza. I pidocchi da tortura ci sono senza problemi pure tra i secessionisti e tra quelli del Partito democratico, quello del Presidente che sta ora finendo il secondo ed ultimo mandato. Gli uffici dei pidocchi della psicopolizia dispongono di anziani maniaci, con aria mite da maestrini, che, esperti magnaccia, la contano a seconda dei pidocchi vivono attorno ai loro obiettivi. Ed i pidocchi, qualunque sia il loro orientamento e le loro opinioni, collaborano, in nome della comune patria mafiosa e per innata paura del potere. ...Paure successive od altre turbe a parte che ne provocano poi la rapida dipartita e sostituzione, quando possibile.
Dunque, arrivo lì il 16 marzo. Avevamo già la detezione elettronica ed anche d’archivio sui personaggi lì e quello che facevano quando attivati. Io avevo già i confusometri e la nostra altra strumentazione non rilevabile dai pidocchi né da alcun altro. Avevamo subito intensificato le psicoradiazioni contro i pidocchi operativi lì e contro tutti i pidocchi dell’area.
La stanza “in ristrutturazione” viene messa rapidamente in ordine. Mi danno tutta la mobilia necessaria. Anche una specie di materasso che avevano nelle cantine, sì da non dormire sul legno né da dovermi andare a comprare cose in eccesso. Altre cose, incluse pentole elettriche che userò, ed anche purificatori per l’acqua che non userò, me li darà Jojo appena s’innamorerà di me (più che altro era disinnamorata del marito, se mai era stata innamorata). C’era l’acqua potabile, sia fredda che bollente, da una colonnina nel corridoio. Jojo mi disse che l’aggeggio nuovo m’aveva dato lei era decisamente meglio. Ma a me bastava l’acqua potabile nel corridoio.
Nelle Cine sono così. Ti danno tutto. Sono cooperativssimi. Poi l’ammazzano perché il governo l’ha ordinato loro.
La strumentazione mia segnalava già dell’attività pidocchiesca durante il giorno. Comunque, tra il rumore da un edificio quasi attaccato, e tutto il trambusto di mettere a posto la stanza “in ristrutturazione”, ad orecchio non si sentiva nessuna vera tortura bianca in atto. Almeno, fino al momento di dormire. Appena mi stendo per dormire, od almeno per riposare un po’ (non ho, on ho mai avuto il dogma del sonno dall’ora tale allora tale; possono dormire 12 ore come 2 ed essere egualmente stanco o riposato; ed ho sempre abitato in posti sulla strada e rumorosissimi, per cui, non mi formalizzo, né mi disturbano granche interventi esterni sul mio sonno), ecco che, sarà stata mezzanotte e mezza, proprio appena chiudo gli occhi, sopra hanno preso una centrifuga per asciugare che era nell’area terrazza, non vicina alla stanza sopra, l’hanno portata nella stanza sopra e, appunto appena chiudo gli occhi, la mettono in funzione. Poi battiture solite. Idem, della centrifuga, la notte successiva, con la stessa procedura. Lo scopo? Sarei dovuto andare in escandescenze, andare sotto a chiamare il padrone, lui accorrere sopra, nel frattemo avrebbero rimesso la centrifuga al suo posto, e lui m’avrebbe detto che forse qualcuno l’aveva usava ed ero io che me l’ero immaginata sopra la testa, mentre invece era 20 metri più in là. E poi avrebbero replicato lo show. Conoscevo il gioco. Non me ne fregava nulla. Mi sono detto, “ecco il solito”, e mi sono messo a dormire con la centrifuga che sbatteva al piano di sopra esattamente sulla verticale della testa. Hanno disturbato quelli affianco a loro e sotto. Poi, battiture sempre da sopra e da affianco. Ma non fortissime, non che le sentissero fino al pian terremo, come in altri luoghi facevano e fanno. Disturbavano sopra me, affianco e me e sotto, oltre che loro pidocchi operativi stessi. Ecco, i due mesi lì sono andati avanti così.
Dopo qualche settimana, lo sbirro sopra, stupito che non mi fossi lamentato e che non fossi scoppiato, è venuto sotto, ha bussato alla mia porta, poi m’ha detto che aveva sbagliato piano. Voleva vedere che aria avessi. Sopra, dove abitava lui non c’era in corridoio, c’era solo un lato del corridoio, essendo l’altro lato aperto come area stenditura panni. Non poteva proprio essersi sbagliato. Aria da pidocchio grassotello e tarchiato standard della psicopolizia dementi ossessi. Era uno della polizia, non delle milizie parallele come gli altri lo affiancavano sopra ed affianco a me.
Dopo forse un mese che ero lì, mi manderanno una delle milizie, mascherata da insegnante di mezza età od anziana dell’università, che insisterà che vada alla Delegazione Italiana di Taipei per farmi fare una lettera di raccomandazione per l’università. Le dissi che in Italia non le facciamo quelle cose. ...Se voglio farmi una lettera di raccomandazione fasulla, me la faccio da solo. Non vado a farmi fare un falso da altri, che poi neppure me lo fanno. Mi fa, la demente: “Va alla Delegazione Italiana, dice loro quello che devono scrivere anche se non la conoscono, loro lo scrivono, e lei ha la lettera per essere ammesso all’università qui.” Avevo già pagato a Taichung dove non occorrevano lettere di raccomandazione. In realtà voleva che andassi alla Delegazione Italiana. Sotto ipnosi mi dice che mi hanno sottoposto al programma di tortura bianca su richiesta Italica, perché devo essere obbligato a tornare in Italia. Siccome loro se ne sono dette di cotte e di crude, ma per certo non sanno perché, volevano andassi alla Delegazione Italiana perché magari l’avrei scoperto e l’avrei detto poi a loro. ...Imbecilli, oltre che dementi ossessi!
L’intensificazione delle nostre psicoradiazioni fa decantare varie cose nell’area. Sia i pidocchi sopra che affianco, nonostante io resti lì solo due mesi, hanno vari crolli e tutti un peggioramento più rapido delle loro condizioni generali. Con necessità di trattamenti vari. Non sono comunque curabili. I trattamenti sono palliativi senza vero ristabilimento dei dementi ossessi. Qualcuno è ora, dopo in tre anni, deceduto, per una causa o per altra. Anche la famiglia del padrone ed i suoi ambienti pan-cinesi cattolici, che sono nell’area delle milizie della psicopolizia segreta da tortura-linciaggio bianchi, hanno avuto vari crolli supplementari, come conseguenza dell’intensificazione delle nostre psico-radiazioni.
La moglie di Sherman, Jojo/LouWen [anche se i caretteri del suo nome fanno LuòWén], era già in una situazione di disagio. ...Quelle storie demenziali ossesse alla cinese ed alla taiwanese... Non aveva finito l’università, forse, per ragioni di soldi. Il marito e famiglia l’avevano in pratica, forse, comprata perché lei povera, loro ricchastri. “Mio marito non è molto forte... ...hai capito cosa intendo...”: sì, insomma, non l’ha duro e che duri, magari di natura o magari perché stufo di lei. “Faccio l’amore da sola... ...hai capito cosa intendo...”: sì, insomma, insoddisfatta ma vogliosa si tocca e si dà piacere da sola. Vari ricoveri perché “esaurita” perché il marito non sa evidentemente come trattarla pur non essendo poi lei particolamente pazza. Una ha bisogno di cazzo ...ed allora la metti in cura psichiatrica . Foto di lei con uno scrittore di cui s’era innamorata (incontro in ospedale, sezione psichiatrica) ma che l’aveva “rispettata”: non la dà in giro ma si crea amori immaginari col marito che tollera. Tra l’altro, a Taiwan, per adulterio c’è il carcere. Cattolicissimi: infatti madonne dappertutto e militanza cattolica, almeno alla cinese od alla taiwanese. Cancro piuttosto avanzato al cervello, che le retrocede vistosamente dopo poche settimane che io sono lì e che lo ho praticato della suggestione con le mie mani (sulla testa) e con la parola: naturalmente, non ho la prova sperimentale che sia stato merito mio, né conosco gli sviluppi successivi, ma era lì-lì per essere portata a Taipei per farsi aprile il cranio e rimuovere il rimuovibile.
La incontro dopo un paio di giorni che sono lì. Stava o spazzando sulla strada o forse dando l’acqua a delle piante esterne. “Oh, sei italiano! Oh, ma sei cattolico!” Non ho avuto il coraggio di dire che forse non era proprio così. Era così presa che ho assentito. Aveva un’aria che sarebbe crollata avessi detto di no.
Mi portò in giro in bicicletta, nel senso che me ne detta una, mentre lei ne aveva un’altra, a vedere mercati. Mi presentò a commercianti. In un mercato, mi presentò perfino a tutto il mercato usano i megafoni dello stesso. Mi presentò, o cercò di presentarmi, ai suoi conoscenti più cari. Un’anziana della parrocchia, che le insegnava non so che tipo di arte nel dopo messa, fu molto cordiale. Una sua amica carissima, prima cercò di non farci entrare facendoci bloccare dal guardiano. Poi, quando si risolse a lasciarci salire, ci parlò sul pianerotolo senza farci entrare in casa. Non voleva uno straniero in casa, e tantomeno lei, sebbene fossero, diceva lei, amiche ed anche le rispettive figlie lo fossero. Infatti le figlie, coetanee, le vidi assieme. Mi portò poi in parrocchia. Il prete parlava francese ed inglese, oltre che a raccontare alle famiglie ed alla psicopolizia le confessioni dei fedeli. Passiamo pure da un posto di suore, dove lei chiese qualcosa per coprirsi dato che faceva appena fresco. Casa sua era a poche decine di metri: un po’ strano che andasse a chiedere un golfino lì. Lì, chiesi se la conoscessero. Mi dissero freddamente che a volta passava da lì. Poche sere dopo, con le stesse due suore, eravamo lì per una di quelle strane miniriunioni spirituali da parrocchia. ...Dovevano ben conoscerla! Il posto doveva essere una specie di pensionato per ragazze cattoliche. Mi fece offrire gratis, da un preparatore di bevande all’uscita dalla chiesa, una succulenta bevanda. Mi portò a conoscere il vescovo che era stato a Roma e parlava un po’, o forse solo qualche parola, di italiano.
Poi, cominciò a venire nella mia stanza. Mi fece perfino sostituire un vecchio condizionatore d’aria con uno nuovo che, in pratica, permetteva di trasformare la finestra principale in vera finesta aperta verso l’esterno. Invece, prima, il condizionatore d’aria era lì e, con un supporto di legno, la chiudeva alla luce. Una spesa non da poco, che provocò lei mettendo la famiglia di fronte al fatto compiuto e la mise in conflitto aperto con la suocera. Ciò sarà, alla fine, la causa che, combinata ad altre cose ora vedremo, la porterà per un mese buono alla sezione psichiatrica del vicino ospedale dell’università.
Mi chiese se volessi andare ad una di quelle serate spirituali cui ho già accennato. Sono curioso. Se non altro per scoprire che poi, salvo ossessioni specifiche, il mondo si replica dappertutto. Si andò nel posto lì vicino, il pensionato per giovani femmine cattoliche, o qualcosa di simile, suppongo. La mia finestra, aperta alla luce ed alla visione verso l’esterno, dopo la rimozione del vecchio condizionatore, dava proprio sul loro cortile. In pratica, a quella serata spirituale, c’erano le due suore, sebbene non vestite da suore, un ragazza forse sui trentacinque che sembrava avere solo voglia di scopare anche se non cercò d’agganciarmi, Jojo col mariro Sherman, ed io. Lessero non so che brano. Poi lo commentarono con fioriture. Il marito Sherman cantò la gioia dell’essere cattolico ...con tortura bianca cui cooperi nei tuoi immobili! Jojo disse che era una donna e moglie fortunata ...ad avere un tale marito. Altre cazzate, dell’una o dell’altra, che non ricordo. Poi preghiere nella cappella. Lì Jojo si stese per terra. Lo faceva correntemente nelle chiese e non solo. Le piaceva pregare così. Il marito ci si doveva essere abituato perché non fece una piega. Del resto la considerava malata [di mente].
Jojo comincio a riempirmi la camera di oggetti utili, in prestito. Anche delle collanine in regalo che ho ancora con me. Più altre cose sue, libri, quaderni della figlia, etc. che poi ho ridato indietro al marito. E cominciò a piazzarsi in stanza da me. Bisticciò con la suocera per il mio condizionatore. La suocera le avrà detto che aveva fatto loro buttare via soldi. Da un lato, era vero. Dall’altro, rendeva la stanza più attraente. Il prezzo non era poi basso, anzi era considerato piuttosto alto a Tainan, 6,500 taibi inclusa l’acqua fredda e calda, e l’elettricità fino ad un certo consumo. Poi, si pagava l’elettricità eccedente. Per cui, quell’investimento poteva rendere la stanza più attraente per altri clienti, sempre che non volessero usarla solo per guardonare e torturare occasionali segnalati dalla psicolpolizia segreta. Infatti, finiti i due mesi miei, l’aveva già affittata ad un ragazzo e ed una ragazza. Magari a finestra ostruita, e pure da un vecchio condizionatore, sarebbe stato più difficile affittarla a quel prezzo, sempre che non fosse un prezzo speciale per polli stranieri sotto programma di guardonaggio e tortura.
Dopo uno di quei bisticci con la suocera, mi si piazzò nella stanza anche per la notte. Non voleva più tornare a casa sua. Io avevo da amoreggiare e scopare con la ragazzetta... Jojo mi si piazzò lì. Venne il marito. Venne la figlia. Lei voleva restare lì. Poi le portarono le coperte. Solo nel cuore della notte mi stufai di quella situazione e la portai a forza sotto. Intanto, era arrivata la domenica, forse la prima che ero lì. Mi mandò la figlia a dire che voleva andassi in chiesa con loro. Diedi alla figlia un cartellino che avevo preso nella cattedrale dei Tainan, con l’indirizzo della stessa, e le dissi che sarei andato lì. Non che vada a messa, ma mi interessa andare nei luoghi di culto, non tanto e non solo cattolici, durante le funzioni religiose. Tanto più che fossi andato con loro sembrava la famiglia con amante, anche se non eravamo amanti. Ma lei si comportava in modo tale, con me, che tutti l’avrebbero pensato. Non che me ne freghi di quel che pensano gli altri, ma era tutta la situazione che si strava creando che non mi piaceva. Poi, nelle Cine, ogni nuovo venuto viene presentato a tutti, magari dal pulpito del prete o pastore. E, talvolta sempre, talvolta periodicamente, dopo la funzione religiosa c’è un vero e proprio rinfresco. Proprio quella domenica, forse tutte le domeniche, c’era nella loro parrocchia.
In chiesa si confessò col prete, quello che sapeva inglese e francese. Lui la interrogò sullo straniero. Lei le disse che si era innamorata di me, che voleva fuggire con me in Italia, che voleva sposarmi, che si era toccata ed era venuta pensando a me. Forse, il prete immaginò pure delle cose che lei non gli disse o le fece dire cose che non erano successe. Il prete, di fronte a quella contaminazione della razza cinese, ebbe un’esplosione. Le disse che ero un malvagio. Che ero il solito straniero che arriva nella Cine ed a Taiwan per trombarsi tutte le ragazze, pure quelle sposate. Che non ero neppure un vero cattolico perché non ero andato a messa. Le disse che lei doveva difendere la santità e le purezza della razza cinese, che facendo quello che [non] aveva fatto aveva fatto piangere la Madonna e Gesù. Lei ne fu scovolta. Naturalmente il prete comunicò tutto all’ufficio della psicopolizia che s’occupa di affari religiosi ed al marito di Jojo. Arrivati a casa la riempirono di psicofarmaci. Stordita e sconvolta, sostenuta dal figlio m’arrivò nella stanza. Mi disse che non ero un vero cattolico perché non ero andato a messa. Le dissi che ero andato nella cattedrale. Mi disse che anche se non voleva più sposarmi, né venire in Italia, voleva una foto con me. Arrivò il marito per la foto. Voleva fare come per lo scrittore che aveva incontrato in casa di cura o simili [la sezione psichiatrica dell’ospedale universitario, forse, dalle foto m’aveva fatto vedere]. Una foto, da far poi ingrandire, da incorniciare e da mostrare a tutti dicendo che io ero uno degli amori spirituali della sua povera vita. Una cosa surreale e pure offensiva per il marito. Non è che devo offendere, e pure su cose inesistenti, un pidocchio collaborazionista di torture, su cose che neppure sento. Era pure offensivo per me, per me stesso, sottostare a quelle stravaganze. Le dissi che non facevo nessuna foto. Pur sotto l’effetto degli psicofarmaci e non in grado di muoversi da sola, la sosteneva infatti quel ragazzone del figlio con aria mite che ogni tanto scuoteva testa come per dire che la madre, cui lui pur obbediva, era fuori di testa, cominciò ad andare in escandescenze. Rifece la scena che voleva restare lì da me, che voleva la lasciassero lì, che non voleva tornare a casa. Io non dissi nulla. O forse le dissi di no, ma senza poi un’opposizione materiale. A qual punto il marito s’incazzò, o già era incazzato con la moglie ma in quel momento si fece uscir fuori l’incazzatura, la prese dall’altro lato rispetto al sotto le ascelle dove la sosteneva per spostarla il figlio, la portanono sotto, la caricarono in macchina e la portarono nella sezione psichiatrica dell’ospedale universitario.
In “galera” per un mese come punizione. Una ha già dei precedenti di quel tipo. Poi la porti lì in escandescenze. Anche una dicesse che non vuole essere ricoverata, viene ricoverata su richiesta della famiglia e d’ufficio, perché i medici la trovano davvero in stato d’agitazione. Una, uno, non è più responsabile di sé, ed anzi altri ne dispongono, senza neppure bisogno d’un processo e d’una corte. Detenzione medica.
L’andai a trovare un paio di volte. Poi, non andai più per non crearle altri problemi col marito ed altre punizioni da parte dello stesso. In ospedale se ne stava agitatissima e loquacissima. Accennai ad un medico che secondo me non aveva nulla. Il medico mi disse che era una che parlava molto. Sì, insomma, gli riempiva un posto letto e dunque, pagasse il sistema sanitario o pagasse la famiglia, erano comunque soldi per quella sezione dell’ospedale. Nella sezione erano un po’ tutti così. Qualche ragazza che avrebbe avuto solo bisogno di farsi trombare, invece se ne stava lì imbottita di sedativi con la madre che “pietosa”, magari felicissima d’averla sottomessa, se la guardava. Qualche ragazzo una volta supersedato e poi la volta dopo del tutto normale. Prima, ti sedano, dunque ti deambuli come un drogato strafatto; poi, non ti sedano più, dunque stai guarendo. Anziani scaricati dalla famiglia. Persone bisognose di riposo. Se uno ha bisogno di riposo, non può mettersi a casa a dormire, magari senza bisogno di droghe/medicine?! Le infermiere con l’atteggiamento delle secondine. Del resto le sezioni psichiatriche sono sezioni chiuse. Non è che uno possa andarsene di sua volontà.
Quando Jojo tornò a casa aveva un’aria del tutto annientata. Prima di andare via le dissi che l’ambiente in cui viveva non era un ambiente sano. Glielo dissi che l’unica l’aveva trattata con amicizia e rispetto era quell’anziana insegnante di cui lei seguiva non so che corso d’arte in parrocchia. E, poi, il vescovo l’aveva trattata almeno con una qualche apparente schiettezza. Ma quanto a tutti gli altri... Le dissi di non andare in ambienti dove la trattavano da pazza che non lo era, anche se innanzitutto doveva essere lei a non comportarcisi. Una entra nel ruolo, ...le fa pure comodo poi giocare alla pazza, mentre la questione è un disagio cui si può venire a capo meglio non a quel modo, non accettando il ruolo di pazza. Ci deve avere pensato, perché poi mi disse che non sarebbe andata a messa in parrocchia, etc. Le avevo infatti detto che, se proprio voleva andarci, andasse nelle cattedrale o, comunque, altrove. In parrocchia, ormai, la conoscevano come pazza e quasi tutti la trattavano come pazza... Oppure, che se ne andasse in altre chiese o templi. Le dissi di leggere il vangelo. Che l’essere cristiani dipende innanzitutto da noi, non da esteriorità, e tanto meno da esteriorità in una pseudo comunità che non ti rispetta e dunque di cui non si è davvero parte.
Mi hanno poi cercato, quando ero a Taichung, con la scusa di della corrispondenza mi era arrivata lì. Non mi sono fatto vivo. La corrispondenza potevano mandarla indietro. O buttala via. O farne quel che credevano. Visto che avevano contattato la scuola, potevano ben mandarmela alla scuola. Mannò, erano i magnaccia dementi ossessi della psicopolizia segreta da tortura da camera che mi aveva perso... ...ed era un periodo usavano i pidocchi più strani per sapere non so cosa. Pidocchi da tortura! E poi lei, una povera ragazza o donna cui avrei creato solo dei problemi col marito dall’ospedale psichiatrico facile.
La mattina del 16 maggio 2004, sono andato a Taichung, in una grande monocamera trovata dalla scuola, la Providence University, city branch. La Providence University, city branch., è in 32, Ta Sheng Street / 32, Tasheng Street / 大聖街, 408 Taichung City / 台中. Mentre la vera università è in Shalu, una località ad ovest o nord-ovest della citta. La “city branch” è proprietà, di fatto, di Matt Leve, il proprietario e/o manager di BizHouse, la scuola, e GoAsia, la compagnia commerciale al pian terreno della stessa affianco alla segreteria della scuola, e della moglie, la “segretaria” della “city branch”, di fatto la direttrice e proprietaria o coproprietaria della “city branch”, 伍純樺/Wǔ Chún Huà/Wu Chun-hua, Jennifer Wu. L’insegnamento è a cura della Providence University, ma sono tutti, insegnanti o segretarie, miliziani della psicopolizia segreta, maniaci allo stesso modo, o loro collaborazionisti, sia alla Providence University vera e propria che nella “city branch” del loro centro di cinese, qui chiamato mandarino, per stranieri. Così sono tutte le scuole, università, compagnie commerciali, ...tutto e tutti. Se non collaborassero sarebbero fatti fuori, od almeno ostruiti forse, dal loro lavoro o professione, e dalla stessa Taiwan che, come tutte le Cine, è solo un sistema mafioso che pretende sottomissione. ...La mia non la hanno... Sono, comunque, loro pidocchi che non sanno dire di no e responsabili del loro non dire no. Nessuno può davvero obbligare ad essere dei pidocchi, se non lo si vuole.
La grande monocamera era a due minuti dalla scuola, in 20, Tasheng Street / 大聖街, 408 Taichung City / 台中. Le prime due notti con battitura con martello del pavimento sopra per tutta la notte, ben udibile in tutte le scale del palazzo con vigilanza, più il programma solito di guardonaggio e tortura linciaggio bianchi che continuerà ininterrottamente dal 16 maggio 2004 al 16 giugno 2005 mattina, quando me ne vado dismesso dalla proprietaria su pressione dei torturatori sempre più ossessi e del tutto impazziti per il loro insuccesso. Fosse stato per me, sarei ancora lì. Ma, appunto, sia sopra che affianco erano al delirio ed all’autodistruzione.
...Magnaccia d’uffici d’ossessi che mobilitano pidocchi e ne reclutano e ne fanno istruire altri sul teatro d’operazioni. Senza badare a spese. Nessuno che dica di no, a parte rapidi tracolli dei pidocchi operativi che non reggono un uomo che se ne fotte delle loro demenze ossesse e li sconfigge ogni volta. Perché un qualche sismi o sisde vuole che sia obbligato a tornare in Italia perché non hanno nulla contro di me, neppure sospetti, ma “informazioni sicurissime” “dalla famiglia” che sarei un grande capo terrorista o un grande capo mafioso-delinquenziale o entrambe. ...Se lo sanno loro... Io non lo sapevo, né lo so! ...Gentaglia malata che parla a vanvera. Ossessi invidiosi non so di cosa. ...lo sapranno loro... Altra gentaglia che li usa. Gentaglia di Stato che dà loro credito.
Esistono responsabilità penali e responsabilità civili per tutti questi dementi ossessi. Più fanno passare il tempo, e più sviluppano le loro attività criminali, più aumentano.
by Georg Rukacs
Il 14 marzo 2004 sera, una domenica, arrivo a Hong Kong da Wuhan. Dormo all’aereoporto. Il giorno dopo vado allo pseudo consolato di Taiwan. Pur senza vera documentazione, e da un’impiegata con la fama di terribile, ottengo il visto per ragioni di studio. Mi ha creduto. Del resto le avevo detto la verità. Ero in contatto con la Providence University di Taichung. Sarei andato lì per seguire corsi di cinese. Tuttavia il trimestre iniziava a giugno, per cui non avevo ancora mandato i soldi né loro, di conseguenza, il foglio ufficiale da usare per il visto. In realtà, avevo pure in testa di fare un tentativo a Tainan, sebbene non avessi la lettera di raccomandazione richiesta. Nella sostanza, dal punto di vista del visto e dello Stato taiwanese non cambiava nulla.
Avessi iniziato la scuola subito, a Taichung era in realtà possibile, sebbene per iscritto avessero fatto i formali, non avrei avuto bigogno di tornare a Hong Kong per un nuovo visto, dopo, credo, un 6 mesi. Avrei potuto fare, a Taiwan, la conversione dal visto di studio al permesso di soggiono per ragioni di studio. Conoscevo la normativa ma non avevo capito che l’impiegata consolare mi avesse davvero dato il visto per ragioni di studio. Lei mi aveva detto che non era possibile darmelo, appunto per assenza di documentazione, a parte la stampa di un’email che potevo anche essermi inventato da solo. Però poi m’aveva dato il tipo di visto più favorevole, quello estendibile e trasformabile in ARC [permesso di soggiorno] senza bisogno di uscire da Taiwan e chiedere un altro visto a Hong Kong od altrove.
Pagata l’urgenza, ho il visto il giorno stesso, lunedì 15 marzo 2004. La sera, prendo l’aereo per Kaohsiung. Il biglietto per Kaohsiung costa meno di quello per Taipei, e poi ho in mente di provare a Tainan. A Taichung sono sicuro d’avere l’ammissione. Ma dato che ho creduto al loro formalismo che il trimestre successivo inizia ad inizio giugno, ho tutto il tempo di provare a Tainan. Kaohsiung è più vicino a Tainan di Taipei.
Già al mio arrivo all’areoporto di Kaohsiung, il poliziotto al computer aveva visto che avevo un codice speciale. Infatti mi chiede ansioso il mio indirizzo a Taiwan. E che cacchio ne so! Sono appena arrivato! Lo sa che tanto mi trovano. L’ha visto che ero pieno di bagagli senza proprio le caratteristiche del terrorista né del mafioso, personaggi che si muovono con l’essenziale e comprano sul momento tutto quello serve loro. I bagagli negli aeroporti li fanno ben annusare dai cani e ben danno ad essi un’occhiata ai raggi X. Lo vedono se uno ha altro che vestiti, e pure altro che libri, quaderni, mangianastri, dischetti e cavi per computer e spine, prolunghe e simili, come nel caso mio. Uno viaggiasse con droga od armi lo vedrebbero subito, suppongo. Non è comunque il caso mio. Son cose che, “artigiani” a parte, viaggiano e volano con coperture di Stato e di Stati. Mi hanno dato un qualche codice speciale, dall’Italia, per demenza o peggio. ...delinquenti sdi Stato!
All’aeroporto di Kaohsiung, uscito dall’area arrivi, chiedo ad un ufficio turistico, che mi aggrega ad un furgoncino che va a Tainan e mi trovano pure, a Tainan, un albergo supereconomico, dato che avevo fatto il tirchio. Raggiungo Tainan e lo strano albergo. Sembra un garage con sopra un albergo ma senza clienti. Mi sembra d’essere l’unico. Neppure mi chiedono il documento di identità. Per una notte... Infatti, nessuna stranezza, nessuna battitura. Fa caldissimo. C’è comunque il condizionatore, e pure la doccia. L’unico rumore, mattutino, è una cosa del tutto normale. Caricano su un lungo camion grandi quantità di scooter. Appunto, nessuna stranezza. Dato che avevo in programma di andare subito all’università, a Kaohsiung avevo chiesto un albergo non solo economico ma vicino all’università. Era a due passi.
Il giorno dopo, verso le 9, vado all’università di Tainan dove dico che vorrei iscrivermi per il trimestre successivo, da giugno in pratica, e chiedo che mi indichino un posto dove vivere nel frattempo. Me lo indicano, a pochi metri dall’università, con annessa tortura bianca che inizierà subito, il 16 marzo 2004.
La segretaria stranieri è una ragazza disgustosa. Forme, od assenza di forme a parte, ha una faccia piena di bolle purulente, come da chi affetta, dalla nascita, da una qualche allergia alla vita. Mi chiede che ne pensi della RPC. Le dico che le università, in particolare gli uffici relazioni internazionali (da cui dipendono tutti gli studenti esteri) sono una cosa demenziale, che forse lei neppure può immaginare. No, le immagina. È lo stesso. A Taiwan è tutto i dentico, pur sotto altra forma. Nella RPC c’è la forma sovietica. A Taiwan c’è la forma occidentale normale. La sostanza è tuttavia la stessa. Tra il KMT ed il PCC non c’è mai stata alcuna differenza. Mao era più ossesso e spietato di Chang, oltre che del tutto sottosviluppista, e dunque è stato prescelto dagli anglo-americani come capo secondino per il grande campo di concentramento cinese. I più dementi ed ossesi sono stati prescelti dagli ingleses per sfasciare la Cina. Ma, appunto, era una questione di gradazioni non di differenze qualitative. La Cina era ben lieta di farsi sfasciare ed i cinesi di essere trattati da pidocchi schiavi.
La segretaria mi indica tre posti, e me li abbozza su una cartina dell’area che mi dà. Mi dice che “il migliore per me” è quello più vicino all’universita. È proprio dall’altra parte della strada rispetto al muro di cinta della stessa e ad una delle sue uscite. Vado lì. Ta-Hsueh lu [大學路 dàxuélù, via o strada dellUniversità], 12 xiang , 9 hao, Tainan 701, Taiwan. Via o strada Ta-Hsueh, vicolo 12, numero 9.
Non riuscivo a trovare questo vicolo della via o strada che costeggiava un lato dell’università. Chiedo ad un gruppetto di studenti. Una ragazzetta con lo scooter alla fine lo scoprirà. Tornerà indietro. Mi caricherà sul suo scooter e mi ci accompagnerà. Appena salgo sul suo scooter mi viene duro e lei se lo sente bello grosso, il sedile era piccolo, contro la sua schiena. Quando scendo dallo scooter, arrivato al vicolo dove dovevo chiedere per la stanza, lei era tutta rossa in viso e continuava a dirmi tutta eccitata: “Grazie! Grazie!” Grazie, per quel cazzo duro di cui s’era eccitata... Era una tutta frizzante e ben fatta. Mi sembrava uno spreco lasciarla andare così. Era la solita cinese o taiwanese all’inizio dell’università che sognava solo di farsi fare la festa e di godersi pure il seguito. E naturalmente col mito dello straniero o dell’”americano”. Per loro, gli stranieri sono tutti “americani”. Le dissi che era non solo gentilissima, ma era bellissima e m’ero innamorato di lei, che volevo conoscerla. Le chiesi la email e le detti la mia, dicendole che mi sarei fatto vivo quanto prima, magari il giorno stesso. Ci vedemmo la sera. Visto che era eccitata per quel cazzo duro dietro, le proposi, e lei ne fu felicissima, che mi portasse in scooter a dare un’occhiata alla città. Passai subito al programma irresistibile da scooter. La avvolsi con naturalezza con le mie braccia. Le sussurrai che ero pazzo di lei. Le mie mani scivolarono sotto i suoi vestiti e dentro le sue mutande fino alla fichetta che... ...sbandò, frenò di colpo, restò come senza sensi tra le mie braccia pur dibattendosi senza saper bene che fare: “Grazie! Grazie! Ma non posso. Grazie! Grazie! Magari quando ci cosciamo meglio, ...se davvero ti piaccio. Grazie! Grazie! No, ti prego, noooo.” Ed intanto di dibatteva di piacere. Apriva e chiudeva le gambe, e muoveva il bacino, ma non per farmi davvero smettere. E mi venne tra le braccia mentre la toccavo proprio lì. Era tutta rossa, non solo e non tanto per il caldo di quella città e di qule periodo. “Lo vedi che mi ami, almeno un pochino” le dissi malizioso. E continuai: “Va bene, se non vuoi, ...ti amo anche se non mi vuoi, ora. ...dai, andiamo da me così mi racconti di te.” Comprammo qualche cosa da mangiare ed andammo mentre continuavo ad avvolgerla con le braccia e lei guidava lo scooter, toccandola in prossimità, sì da non farle perdere il controllo dello scooter. Tanto per tenerla calda. Anche se non ce n’era bisogno. Da me, misi il simulatore per i guardoni-origliatori sopra ed affianco e... “Dai, dimmi tutto di te”, e le misi le mani sotto i vestiti accarezzandola in tutti i punti sensibili. “No dai ti prego... ...sono una ragazza seria... ...qui non è come da voi in occidente...”, disse non troppo convinta. “Mi piaci proprio perché sei seria e bellissima... ...dai raccontami di te... ...però... ...dai, devi proprio... ecco chiudi gli occhi, ...spegnamo la luce... ...devi proprio farmi conoscere... ...fammi dare dei bacetti alla tua sorellina...” Le sflilai jeans e mutande, complice il buio, e la lavorai subito sostenuto di labbra, denti e lingua sulla “sua sorellina”, sulla sua fichetta. Impazzì, come impazzisce qualunque femmina a quel modo. Le feci la festa ed oltre. Ci vedemmo, per far l’amore, tutti i giorni e le notti che stetti lì. Quando aveva le sue cose, seguimmo altre vie... Full service! Poi, quando andai a Taichung, veniva quando poteva, ma la distanza... ...Lei aveva da studiare lì, a Tainan, non poteva trasferirsi. Un bel giorno, i genitori, scoperta la cosa, l’hanno messa sotto controllo stretto e tenuta in clausura, tutta scuola e studio. Lei era a Tainan per l’università. La famiglia era altrove. Quando hanno scoperto la cosa e pure con straniero, hanno trovato il modo di crearle una rete di isolamento in modo che non avesse più una vita sua, a parte lo studio. Nelle Cine ed a Taiwan sono così, spesso, spessissimo.
Lì a Ta-Hsueh lu, 12 xiang , 9 hao, era un posto che sembrava un pensionato di preti e suore cattolici. Madonne dappertutto. Fuori e dentro. La struttura era una delle varie classiche nelle Cine. La casa del padrone ed attaccato, in quel caso non sopra, alcuni piani di stanze, forse un tre piani e mezzo, nel senso che l’ultimo era metà stanze e, dall’altra parte del corridoio, aperto, pur sotto il tetto, come area stendi biancheria come spesso sono gli ultimi piani nelle Cine del sud ed a Taiwan.
Date tutte quelle madonne dappertutto, quando vidi la madre ed il padre del padrone, o del figlio amministratore, pensai ad una anziana suora con un anziano prete. L’inserviente poteva essere un’inserviente di una comunità religiosa od essa stessa una religiosa di basso grado. Quando arrivò il figlio, in automobile, poteva essere, dall’aria, un prete, pur in abito normale. Fu solo quando mi disse che doveva andare a prendere sua moglie che intuì fosse una famiglia. M’affittò la stanza, con bagno e presa Internet, per due mesi. Poi non sapevo. Non sapevo se mi avrebbero ammesso anche senza la lettera di raccomandazione e dunque se sarei restato lì. Pagai i due mesi. 13,000 taibi, in tutto. Era ansioso d’incassare, come lo sono ovunque ci sia la tortura bianca. Sperano che uno se ne vada subito così si tengono pure tutto quello che ha già pagato. ...uno “sente le voci” dunque è colpa sua se ne va. Lo straniero è solo un pollo da spennare.
Avevamo già la detezione elettronica che lì c’era un’attività di pidocchi con strumentazione da guardonaggio-origlionaggio con connesssa attività di tortura, sia da sopra che d’affianco, sebbene non fosse poi di grande intensità, anche perché il luogo era già rumoroso di suo. C’era infatti un qualche motore sempre in funzione in un palazzo quasi attaccato, e se avessero fatte battiture di eccessiva intensità avrebbero sentito tutti, studenti che pagavano profumatamente, e gente che lavorava, e le stanze erano tutte occupate. Essendo piccole, alla fine ne avrebbero avuto tutti troppo danno per i loro studi ed i loro lavori. La stanza era l’unica sfitta e non in programma d’essere affittata. Era “in ristrutturazione”, mi disse il padrone, tale Liu Sherman [Liu suppongo il cognome cinese e Sherman il “nome inglese”], anche se era solo sfitta ed in disordine. Infatti, fu subito pronta. La stanza era l’ultima da un lato del corridoio. La stanza sopra, un classico nella tortura bianca a Taiwan, aveva la porta blindata, unica stanza dell’edificio con la porta blindata. Era abitata da uno sbirro grassottello formato standard in queste cose, che capeggiava la tortura bianca. La stanza affianco da una ragazza, una studentessa non del primo anno, che rumoreggiava da affianco con sbattiture di cose contro il muro ma solo quando io fossi stato in prossimità d’esso oppure ad occhi chiusi sul letto. Tutto secondo i loro schemi standard. Con altri quando loro, sia sopra che affianco, non c’erano o dovevano comunque riposarsi. Tutti miliziani da tortura ossessi. E nessuno sentiva nulla naturalmente, nell’edificio. Sentivano e ne erano disturbati ma tacitati dal linciaggio di Stato in corso contro un foresto, foresto che se ne fregava mentre loro pativano.
La famiglia del padrone o dei padroni si componeva, dunque, di lui Sherman, della madre anziana, di un padre visto solo occasionalmente all’inizio, con aria traballante, e di cui poi non ho sentito mai, per cui verosimilmente era ricoverato da qualche parte, la moglie Jojo [黄樂文 Huáng Luò Wén Huang Luo Wen], la figlia alle soglie dell’adolescenza ed un figlio grande che credo vivesse per conto suo ma non sposato. Uno con l’aria affabile e buona. Magari era pure lui un torturatore da camera.
In quelle situazioni, il padrone, i padroni, sanno tutto, dei programmmi in atto degli ossessi della psicopolizia da tortura bianca e relativi miliziani, dato che gran parte del lavoro è fatto da volontari, da pidocchi qualunque. Tutti sanno e tutti parlano tra di loro e con altri cinesi o taiwanesi. Infatti, quando chiesi alla moglie, che s’era innamorata di me, chi abitasse sopra di me, reagì stizzita e non rispose. Sapevo già che era uno sbrirro. Sherman e moglie Jojo erano dei cattolicissimi e pan-nazionalisti, di quelli credono nella grande Cina. Ma non fa differenza. I pidocchi da tortura ci sono senza problemi pure tra i secessionisti e tra quelli del Partito democratico, quello del Presidente che sta ora finendo il secondo ed ultimo mandato. Gli uffici dei pidocchi della psicopolizia dispongono di anziani maniaci, con aria mite da maestrini, che, esperti magnaccia, la contano a seconda dei pidocchi vivono attorno ai loro obiettivi. Ed i pidocchi, qualunque sia il loro orientamento e le loro opinioni, collaborano, in nome della comune patria mafiosa e per innata paura del potere. ...Paure successive od altre turbe a parte che ne provocano poi la rapida dipartita e sostituzione, quando possibile.
Dunque, arrivo lì il 16 marzo. Avevamo già la detezione elettronica ed anche d’archivio sui personaggi lì e quello che facevano quando attivati. Io avevo già i confusometri e la nostra altra strumentazione non rilevabile dai pidocchi né da alcun altro. Avevamo subito intensificato le psicoradiazioni contro i pidocchi operativi lì e contro tutti i pidocchi dell’area.
La stanza “in ristrutturazione” viene messa rapidamente in ordine. Mi danno tutta la mobilia necessaria. Anche una specie di materasso che avevano nelle cantine, sì da non dormire sul legno né da dovermi andare a comprare cose in eccesso. Altre cose, incluse pentole elettriche che userò, ed anche purificatori per l’acqua che non userò, me li darà Jojo appena s’innamorerà di me (più che altro era disinnamorata del marito, se mai era stata innamorata). C’era l’acqua potabile, sia fredda che bollente, da una colonnina nel corridoio. Jojo mi disse che l’aggeggio nuovo m’aveva dato lei era decisamente meglio. Ma a me bastava l’acqua potabile nel corridoio.
Nelle Cine sono così. Ti danno tutto. Sono cooperativssimi. Poi l’ammazzano perché il governo l’ha ordinato loro.
La strumentazione mia segnalava già dell’attività pidocchiesca durante il giorno. Comunque, tra il rumore da un edificio quasi attaccato, e tutto il trambusto di mettere a posto la stanza “in ristrutturazione”, ad orecchio non si sentiva nessuna vera tortura bianca in atto. Almeno, fino al momento di dormire. Appena mi stendo per dormire, od almeno per riposare un po’ (non ho, on ho mai avuto il dogma del sonno dall’ora tale allora tale; possono dormire 12 ore come 2 ed essere egualmente stanco o riposato; ed ho sempre abitato in posti sulla strada e rumorosissimi, per cui, non mi formalizzo, né mi disturbano granche interventi esterni sul mio sonno), ecco che, sarà stata mezzanotte e mezza, proprio appena chiudo gli occhi, sopra hanno preso una centrifuga per asciugare che era nell’area terrazza, non vicina alla stanza sopra, l’hanno portata nella stanza sopra e, appunto appena chiudo gli occhi, la mettono in funzione. Poi battiture solite. Idem, della centrifuga, la notte successiva, con la stessa procedura. Lo scopo? Sarei dovuto andare in escandescenze, andare sotto a chiamare il padrone, lui accorrere sopra, nel frattemo avrebbero rimesso la centrifuga al suo posto, e lui m’avrebbe detto che forse qualcuno l’aveva usava ed ero io che me l’ero immaginata sopra la testa, mentre invece era 20 metri più in là. E poi avrebbero replicato lo show. Conoscevo il gioco. Non me ne fregava nulla. Mi sono detto, “ecco il solito”, e mi sono messo a dormire con la centrifuga che sbatteva al piano di sopra esattamente sulla verticale della testa. Hanno disturbato quelli affianco a loro e sotto. Poi, battiture sempre da sopra e da affianco. Ma non fortissime, non che le sentissero fino al pian terremo, come in altri luoghi facevano e fanno. Disturbavano sopra me, affianco e me e sotto, oltre che loro pidocchi operativi stessi. Ecco, i due mesi lì sono andati avanti così.
Dopo qualche settimana, lo sbirro sopra, stupito che non mi fossi lamentato e che non fossi scoppiato, è venuto sotto, ha bussato alla mia porta, poi m’ha detto che aveva sbagliato piano. Voleva vedere che aria avessi. Sopra, dove abitava lui non c’era in corridoio, c’era solo un lato del corridoio, essendo l’altro lato aperto come area stenditura panni. Non poteva proprio essersi sbagliato. Aria da pidocchio grassotello e tarchiato standard della psicopolizia dementi ossessi. Era uno della polizia, non delle milizie parallele come gli altri lo affiancavano sopra ed affianco a me.
Dopo forse un mese che ero lì, mi manderanno una delle milizie, mascherata da insegnante di mezza età od anziana dell’università, che insisterà che vada alla Delegazione Italiana di Taipei per farmi fare una lettera di raccomandazione per l’università. Le dissi che in Italia non le facciamo quelle cose. ...Se voglio farmi una lettera di raccomandazione fasulla, me la faccio da solo. Non vado a farmi fare un falso da altri, che poi neppure me lo fanno. Mi fa, la demente: “Va alla Delegazione Italiana, dice loro quello che devono scrivere anche se non la conoscono, loro lo scrivono, e lei ha la lettera per essere ammesso all’università qui.” Avevo già pagato a Taichung dove non occorrevano lettere di raccomandazione. In realtà voleva che andassi alla Delegazione Italiana. Sotto ipnosi mi dice che mi hanno sottoposto al programma di tortura bianca su richiesta Italica, perché devo essere obbligato a tornare in Italia. Siccome loro se ne sono dette di cotte e di crude, ma per certo non sanno perché, volevano andassi alla Delegazione Italiana perché magari l’avrei scoperto e l’avrei detto poi a loro. ...Imbecilli, oltre che dementi ossessi!
L’intensificazione delle nostre psicoradiazioni fa decantare varie cose nell’area. Sia i pidocchi sopra che affianco, nonostante io resti lì solo due mesi, hanno vari crolli e tutti un peggioramento più rapido delle loro condizioni generali. Con necessità di trattamenti vari. Non sono comunque curabili. I trattamenti sono palliativi senza vero ristabilimento dei dementi ossessi. Qualcuno è ora, dopo in tre anni, deceduto, per una causa o per altra. Anche la famiglia del padrone ed i suoi ambienti pan-cinesi cattolici, che sono nell’area delle milizie della psicopolizia segreta da tortura-linciaggio bianchi, hanno avuto vari crolli supplementari, come conseguenza dell’intensificazione delle nostre psico-radiazioni.
La moglie di Sherman, Jojo/LouWen [anche se i caretteri del suo nome fanno LuòWén], era già in una situazione di disagio. ...Quelle storie demenziali ossesse alla cinese ed alla taiwanese... Non aveva finito l’università, forse, per ragioni di soldi. Il marito e famiglia l’avevano in pratica, forse, comprata perché lei povera, loro ricchastri. “Mio marito non è molto forte... ...hai capito cosa intendo...”: sì, insomma, non l’ha duro e che duri, magari di natura o magari perché stufo di lei. “Faccio l’amore da sola... ...hai capito cosa intendo...”: sì, insomma, insoddisfatta ma vogliosa si tocca e si dà piacere da sola. Vari ricoveri perché “esaurita” perché il marito non sa evidentemente come trattarla pur non essendo poi lei particolamente pazza. Una ha bisogno di cazzo ...ed allora la metti in cura psichiatrica . Foto di lei con uno scrittore di cui s’era innamorata (incontro in ospedale, sezione psichiatrica) ma che l’aveva “rispettata”: non la dà in giro ma si crea amori immaginari col marito che tollera. Tra l’altro, a Taiwan, per adulterio c’è il carcere. Cattolicissimi: infatti madonne dappertutto e militanza cattolica, almeno alla cinese od alla taiwanese. Cancro piuttosto avanzato al cervello, che le retrocede vistosamente dopo poche settimane che io sono lì e che lo ho praticato della suggestione con le mie mani (sulla testa) e con la parola: naturalmente, non ho la prova sperimentale che sia stato merito mio, né conosco gli sviluppi successivi, ma era lì-lì per essere portata a Taipei per farsi aprile il cranio e rimuovere il rimuovibile.
La incontro dopo un paio di giorni che sono lì. Stava o spazzando sulla strada o forse dando l’acqua a delle piante esterne. “Oh, sei italiano! Oh, ma sei cattolico!” Non ho avuto il coraggio di dire che forse non era proprio così. Era così presa che ho assentito. Aveva un’aria che sarebbe crollata avessi detto di no.
Mi portò in giro in bicicletta, nel senso che me ne detta una, mentre lei ne aveva un’altra, a vedere mercati. Mi presentò a commercianti. In un mercato, mi presentò perfino a tutto il mercato usano i megafoni dello stesso. Mi presentò, o cercò di presentarmi, ai suoi conoscenti più cari. Un’anziana della parrocchia, che le insegnava non so che tipo di arte nel dopo messa, fu molto cordiale. Una sua amica carissima, prima cercò di non farci entrare facendoci bloccare dal guardiano. Poi, quando si risolse a lasciarci salire, ci parlò sul pianerotolo senza farci entrare in casa. Non voleva uno straniero in casa, e tantomeno lei, sebbene fossero, diceva lei, amiche ed anche le rispettive figlie lo fossero. Infatti le figlie, coetanee, le vidi assieme. Mi portò poi in parrocchia. Il prete parlava francese ed inglese, oltre che a raccontare alle famiglie ed alla psicopolizia le confessioni dei fedeli. Passiamo pure da un posto di suore, dove lei chiese qualcosa per coprirsi dato che faceva appena fresco. Casa sua era a poche decine di metri: un po’ strano che andasse a chiedere un golfino lì. Lì, chiesi se la conoscessero. Mi dissero freddamente che a volta passava da lì. Poche sere dopo, con le stesse due suore, eravamo lì per una di quelle strane miniriunioni spirituali da parrocchia. ...Dovevano ben conoscerla! Il posto doveva essere una specie di pensionato per ragazze cattoliche. Mi fece offrire gratis, da un preparatore di bevande all’uscita dalla chiesa, una succulenta bevanda. Mi portò a conoscere il vescovo che era stato a Roma e parlava un po’, o forse solo qualche parola, di italiano.
Poi, cominciò a venire nella mia stanza. Mi fece perfino sostituire un vecchio condizionatore d’aria con uno nuovo che, in pratica, permetteva di trasformare la finestra principale in vera finesta aperta verso l’esterno. Invece, prima, il condizionatore d’aria era lì e, con un supporto di legno, la chiudeva alla luce. Una spesa non da poco, che provocò lei mettendo la famiglia di fronte al fatto compiuto e la mise in conflitto aperto con la suocera. Ciò sarà, alla fine, la causa che, combinata ad altre cose ora vedremo, la porterà per un mese buono alla sezione psichiatrica del vicino ospedale dell’università.
Mi chiese se volessi andare ad una di quelle serate spirituali cui ho già accennato. Sono curioso. Se non altro per scoprire che poi, salvo ossessioni specifiche, il mondo si replica dappertutto. Si andò nel posto lì vicino, il pensionato per giovani femmine cattoliche, o qualcosa di simile, suppongo. La mia finestra, aperta alla luce ed alla visione verso l’esterno, dopo la rimozione del vecchio condizionatore, dava proprio sul loro cortile. In pratica, a quella serata spirituale, c’erano le due suore, sebbene non vestite da suore, un ragazza forse sui trentacinque che sembrava avere solo voglia di scopare anche se non cercò d’agganciarmi, Jojo col mariro Sherman, ed io. Lessero non so che brano. Poi lo commentarono con fioriture. Il marito Sherman cantò la gioia dell’essere cattolico ...con tortura bianca cui cooperi nei tuoi immobili! Jojo disse che era una donna e moglie fortunata ...ad avere un tale marito. Altre cazzate, dell’una o dell’altra, che non ricordo. Poi preghiere nella cappella. Lì Jojo si stese per terra. Lo faceva correntemente nelle chiese e non solo. Le piaceva pregare così. Il marito ci si doveva essere abituato perché non fece una piega. Del resto la considerava malata [di mente].
Jojo comincio a riempirmi la camera di oggetti utili, in prestito. Anche delle collanine in regalo che ho ancora con me. Più altre cose sue, libri, quaderni della figlia, etc. che poi ho ridato indietro al marito. E cominciò a piazzarsi in stanza da me. Bisticciò con la suocera per il mio condizionatore. La suocera le avrà detto che aveva fatto loro buttare via soldi. Da un lato, era vero. Dall’altro, rendeva la stanza più attraente. Il prezzo non era poi basso, anzi era considerato piuttosto alto a Tainan, 6,500 taibi inclusa l’acqua fredda e calda, e l’elettricità fino ad un certo consumo. Poi, si pagava l’elettricità eccedente. Per cui, quell’investimento poteva rendere la stanza più attraente per altri clienti, sempre che non volessero usarla solo per guardonare e torturare occasionali segnalati dalla psicolpolizia segreta. Infatti, finiti i due mesi miei, l’aveva già affittata ad un ragazzo e ed una ragazza. Magari a finestra ostruita, e pure da un vecchio condizionatore, sarebbe stato più difficile affittarla a quel prezzo, sempre che non fosse un prezzo speciale per polli stranieri sotto programma di guardonaggio e tortura.
Dopo uno di quei bisticci con la suocera, mi si piazzò nella stanza anche per la notte. Non voleva più tornare a casa sua. Io avevo da amoreggiare e scopare con la ragazzetta... Jojo mi si piazzò lì. Venne il marito. Venne la figlia. Lei voleva restare lì. Poi le portarono le coperte. Solo nel cuore della notte mi stufai di quella situazione e la portai a forza sotto. Intanto, era arrivata la domenica, forse la prima che ero lì. Mi mandò la figlia a dire che voleva andassi in chiesa con loro. Diedi alla figlia un cartellino che avevo preso nella cattedrale dei Tainan, con l’indirizzo della stessa, e le dissi che sarei andato lì. Non che vada a messa, ma mi interessa andare nei luoghi di culto, non tanto e non solo cattolici, durante le funzioni religiose. Tanto più che fossi andato con loro sembrava la famiglia con amante, anche se non eravamo amanti. Ma lei si comportava in modo tale, con me, che tutti l’avrebbero pensato. Non che me ne freghi di quel che pensano gli altri, ma era tutta la situazione che si strava creando che non mi piaceva. Poi, nelle Cine, ogni nuovo venuto viene presentato a tutti, magari dal pulpito del prete o pastore. E, talvolta sempre, talvolta periodicamente, dopo la funzione religiosa c’è un vero e proprio rinfresco. Proprio quella domenica, forse tutte le domeniche, c’era nella loro parrocchia.
In chiesa si confessò col prete, quello che sapeva inglese e francese. Lui la interrogò sullo straniero. Lei le disse che si era innamorata di me, che voleva fuggire con me in Italia, che voleva sposarmi, che si era toccata ed era venuta pensando a me. Forse, il prete immaginò pure delle cose che lei non gli disse o le fece dire cose che non erano successe. Il prete, di fronte a quella contaminazione della razza cinese, ebbe un’esplosione. Le disse che ero un malvagio. Che ero il solito straniero che arriva nella Cine ed a Taiwan per trombarsi tutte le ragazze, pure quelle sposate. Che non ero neppure un vero cattolico perché non ero andato a messa. Le disse che lei doveva difendere la santità e le purezza della razza cinese, che facendo quello che [non] aveva fatto aveva fatto piangere la Madonna e Gesù. Lei ne fu scovolta. Naturalmente il prete comunicò tutto all’ufficio della psicopolizia che s’occupa di affari religiosi ed al marito di Jojo. Arrivati a casa la riempirono di psicofarmaci. Stordita e sconvolta, sostenuta dal figlio m’arrivò nella stanza. Mi disse che non ero un vero cattolico perché non ero andato a messa. Le dissi che ero andato nella cattedrale. Mi disse che anche se non voleva più sposarmi, né venire in Italia, voleva una foto con me. Arrivò il marito per la foto. Voleva fare come per lo scrittore che aveva incontrato in casa di cura o simili [la sezione psichiatrica dell’ospedale universitario, forse, dalle foto m’aveva fatto vedere]. Una foto, da far poi ingrandire, da incorniciare e da mostrare a tutti dicendo che io ero uno degli amori spirituali della sua povera vita. Una cosa surreale e pure offensiva per il marito. Non è che devo offendere, e pure su cose inesistenti, un pidocchio collaborazionista di torture, su cose che neppure sento. Era pure offensivo per me, per me stesso, sottostare a quelle stravaganze. Le dissi che non facevo nessuna foto. Pur sotto l’effetto degli psicofarmaci e non in grado di muoversi da sola, la sosteneva infatti quel ragazzone del figlio con aria mite che ogni tanto scuoteva testa come per dire che la madre, cui lui pur obbediva, era fuori di testa, cominciò ad andare in escandescenze. Rifece la scena che voleva restare lì da me, che voleva la lasciassero lì, che non voleva tornare a casa. Io non dissi nulla. O forse le dissi di no, ma senza poi un’opposizione materiale. A qual punto il marito s’incazzò, o già era incazzato con la moglie ma in quel momento si fece uscir fuori l’incazzatura, la prese dall’altro lato rispetto al sotto le ascelle dove la sosteneva per spostarla il figlio, la portanono sotto, la caricarono in macchina e la portarono nella sezione psichiatrica dell’ospedale universitario.
In “galera” per un mese come punizione. Una ha già dei precedenti di quel tipo. Poi la porti lì in escandescenze. Anche una dicesse che non vuole essere ricoverata, viene ricoverata su richiesta della famiglia e d’ufficio, perché i medici la trovano davvero in stato d’agitazione. Una, uno, non è più responsabile di sé, ed anzi altri ne dispongono, senza neppure bisogno d’un processo e d’una corte. Detenzione medica.
L’andai a trovare un paio di volte. Poi, non andai più per non crearle altri problemi col marito ed altre punizioni da parte dello stesso. In ospedale se ne stava agitatissima e loquacissima. Accennai ad un medico che secondo me non aveva nulla. Il medico mi disse che era una che parlava molto. Sì, insomma, gli riempiva un posto letto e dunque, pagasse il sistema sanitario o pagasse la famiglia, erano comunque soldi per quella sezione dell’ospedale. Nella sezione erano un po’ tutti così. Qualche ragazza che avrebbe avuto solo bisogno di farsi trombare, invece se ne stava lì imbottita di sedativi con la madre che “pietosa”, magari felicissima d’averla sottomessa, se la guardava. Qualche ragazzo una volta supersedato e poi la volta dopo del tutto normale. Prima, ti sedano, dunque ti deambuli come un drogato strafatto; poi, non ti sedano più, dunque stai guarendo. Anziani scaricati dalla famiglia. Persone bisognose di riposo. Se uno ha bisogno di riposo, non può mettersi a casa a dormire, magari senza bisogno di droghe/medicine?! Le infermiere con l’atteggiamento delle secondine. Del resto le sezioni psichiatriche sono sezioni chiuse. Non è che uno possa andarsene di sua volontà.
Quando Jojo tornò a casa aveva un’aria del tutto annientata. Prima di andare via le dissi che l’ambiente in cui viveva non era un ambiente sano. Glielo dissi che l’unica l’aveva trattata con amicizia e rispetto era quell’anziana insegnante di cui lei seguiva non so che corso d’arte in parrocchia. E, poi, il vescovo l’aveva trattata almeno con una qualche apparente schiettezza. Ma quanto a tutti gli altri... Le dissi di non andare in ambienti dove la trattavano da pazza che non lo era, anche se innanzitutto doveva essere lei a non comportarcisi. Una entra nel ruolo, ...le fa pure comodo poi giocare alla pazza, mentre la questione è un disagio cui si può venire a capo meglio non a quel modo, non accettando il ruolo di pazza. Ci deve avere pensato, perché poi mi disse che non sarebbe andata a messa in parrocchia, etc. Le avevo infatti detto che, se proprio voleva andarci, andasse nelle cattedrale o, comunque, altrove. In parrocchia, ormai, la conoscevano come pazza e quasi tutti la trattavano come pazza... Oppure, che se ne andasse in altre chiese o templi. Le dissi di leggere il vangelo. Che l’essere cristiani dipende innanzitutto da noi, non da esteriorità, e tanto meno da esteriorità in una pseudo comunità che non ti rispetta e dunque di cui non si è davvero parte.
Mi hanno poi cercato, quando ero a Taichung, con la scusa di della corrispondenza mi era arrivata lì. Non mi sono fatto vivo. La corrispondenza potevano mandarla indietro. O buttala via. O farne quel che credevano. Visto che avevano contattato la scuola, potevano ben mandarmela alla scuola. Mannò, erano i magnaccia dementi ossessi della psicopolizia segreta da tortura da camera che mi aveva perso... ...ed era un periodo usavano i pidocchi più strani per sapere non so cosa. Pidocchi da tortura! E poi lei, una povera ragazza o donna cui avrei creato solo dei problemi col marito dall’ospedale psichiatrico facile.
La mattina del 16 maggio 2004, sono andato a Taichung, in una grande monocamera trovata dalla scuola, la Providence University, city branch. La Providence University, city branch., è in 32, Ta Sheng Street / 32, Tasheng Street / 大聖街, 408 Taichung City / 台中. Mentre la vera università è in Shalu, una località ad ovest o nord-ovest della citta. La “city branch” è proprietà, di fatto, di Matt Leve, il proprietario e/o manager di BizHouse, la scuola, e GoAsia, la compagnia commerciale al pian terreno della stessa affianco alla segreteria della scuola, e della moglie, la “segretaria” della “city branch”, di fatto la direttrice e proprietaria o coproprietaria della “city branch”, 伍純樺/Wǔ Chún Huà/Wu Chun-hua, Jennifer Wu. L’insegnamento è a cura della Providence University, ma sono tutti, insegnanti o segretarie, miliziani della psicopolizia segreta, maniaci allo stesso modo, o loro collaborazionisti, sia alla Providence University vera e propria che nella “city branch” del loro centro di cinese, qui chiamato mandarino, per stranieri. Così sono tutte le scuole, università, compagnie commerciali, ...tutto e tutti. Se non collaborassero sarebbero fatti fuori, od almeno ostruiti forse, dal loro lavoro o professione, e dalla stessa Taiwan che, come tutte le Cine, è solo un sistema mafioso che pretende sottomissione. ...La mia non la hanno... Sono, comunque, loro pidocchi che non sanno dire di no e responsabili del loro non dire no. Nessuno può davvero obbligare ad essere dei pidocchi, se non lo si vuole.
La grande monocamera era a due minuti dalla scuola, in 20, Tasheng Street / 大聖街, 408 Taichung City / 台中. Le prime due notti con battitura con martello del pavimento sopra per tutta la notte, ben udibile in tutte le scale del palazzo con vigilanza, più il programma solito di guardonaggio e tortura linciaggio bianchi che continuerà ininterrottamente dal 16 maggio 2004 al 16 giugno 2005 mattina, quando me ne vado dismesso dalla proprietaria su pressione dei torturatori sempre più ossessi e del tutto impazziti per il loro insuccesso. Fosse stato per me, sarei ancora lì. Ma, appunto, sia sopra che affianco erano al delirio ed all’autodistruzione.
...Magnaccia d’uffici d’ossessi che mobilitano pidocchi e ne reclutano e ne fanno istruire altri sul teatro d’operazioni. Senza badare a spese. Nessuno che dica di no, a parte rapidi tracolli dei pidocchi operativi che non reggono un uomo che se ne fotte delle loro demenze ossesse e li sconfigge ogni volta. Perché un qualche sismi o sisde vuole che sia obbligato a tornare in Italia perché non hanno nulla contro di me, neppure sospetti, ma “informazioni sicurissime” “dalla famiglia” che sarei un grande capo terrorista o un grande capo mafioso-delinquenziale o entrambe. ...Se lo sanno loro... Io non lo sapevo, né lo so! ...Gentaglia malata che parla a vanvera. Ossessi invidiosi non so di cosa. ...lo sapranno loro... Altra gentaglia che li usa. Gentaglia di Stato che dà loro credito.
Esistono responsabilità penali e responsabilità civili per tutti questi dementi ossessi. Più fanno passare il tempo, e più sviluppano le loro attività criminali, più aumentano.