domenica 12 maggio 2013

mashal-067.
Musofobia e Sindrome dell'Identità Antropologica

mashal-067. Musofobia e Sindrome dell'Identità Antropologica

by Georg Moshe Rukacs

Rio de Janeiro. Brasile. Un altro pianeta. ...Non del tutto...

Humberto di svegliò di notte tutto sudato. Era in preda ad un incubo. Vedeva topi che lo assalivano da tutte le parti e che lo penetravano.

Humberto è pure una macchietta. Sui cinquant’anni, ha un specie di accordo con la moglie, accordo che si è costruito lui per mostrarsi di essere virile, di trombarla una volta alla settimana, al sabato pomeriggio. Esce dal lavoro. Annuncia a tutti che va a trombare. Arrivato a casa dice alla moglie, con voce roca e volgare, e col sorrisetto del demente: “Dai, apri le gambe che ti sguazzo dentro.” Si tira giù i pantaloni e gli resta mollo. Le dà un ceffone urlandole che è lei che non lo eccita, e si ritira davanti alla TV ad imprecare ed a trincare birre. Il lunedì, va poi dal medico a dire imbarazzato che ha problemi di erezione, oltre che di agitazione. Il medico gli dà calmanti che lo deprimono ancora di più, anche nel pene già floscio.

Alcune settimane prima, Marcelo gli aveva detto di aver visto un topo in cucina. Ne aveva pure incontrato un altro nella cucina del personale e cacciato via tra grandi starnazzi. Avevano poi trovato, forse un paio di volte, degli escrementi di topo, piccoli, proprio di topolini, non di grossi ratti di cui invece vi erano talvolta tracce all’esterno.

Beh, la differenza tra topo e ratto è troppo difficile per il brasilico.

Avevano subito riferito alla direzione, che ne capisce come loro, cioè nulla. L’agitazione era progressivamente cresciuta. La direttora Simone [in italiano sarebbe Simona, ma in brasilico è come scritto e si pronuncia ‘simoni’], una buona donna, e pure bonazza, ma che non capisce un cazzo, sostiene sempre le demenze dei dipendenti dementi.

Arrivato al lavoro, nella cucina, Humberto aveva subito affisso un foglio su cui aveva scritto che, per via “dell’invasione di ratti”, lui vietava di appoggiare cassette su un certo ripiano. Quale la logica? Le sue ossessioni. Quale l’autorità di uno pseudo-cuoco, per inventarsi regole e pure senza senso? Solo la sua follia arrogante, la follia di uno ossessionato “dai ratti”. Le misero lo stesso. Non è che per lavorare potessero sempre seguire i vaneggi di un folle. Dopo qualche giorno, qualcuno, pietoso, e pure impietoso, stracciò quel foglio folle di un folle.

Poi Humberto si diresse ad uno dei due fori di areazione, quello di uscita. Da uno entra l’aria con una ventola elettrica. Da un altro, vicino ai fornelli, esce l’aria spinta dentro dalla ventola dal lato opposto. Lui lo chiuse con del cartone. Ovviamente anche la finestra della cucina, che è in prossimità dei fornelli, lui la teneva continuamente chiusa. Era convinto che non si potesse cucinare “col freddo” dall’esterno. È lo stesso Humberto che non mette il coperchio alle pentole perché sennò le uova sode ‘esplodono’, dice lui, e che non cucina realmente nulla per non sporcare le pentole, per chissà che altre follie della sua testa vuota, e perché non ne è davvero capace.

Qualcuno dette dei colpi a quel cartone che tappava in pratica l’areazione della cucina. Lui, Huberto, cominciò come un ossesso ad agitarsi imprecando contro chi mai gli avesse stappato quel buco d’areazione. E lo ricollocò al suo posto. Anzi, ne collocò un altro, dato che il primo era pure sparito. Marcello, un folle come lui, ovviamente lo sosteneva pienamente come già facevano altri, del tutto in violazione delle regole sanitarie locali che prevedono cucine areate. Infatti, l’addetto alla manutenzione, sollecitato a tappare il foro, non aveva fatto nulla, pur essendo solerte e capace. Anzi, proprio perché solerte e capace. Aveva subito capito che non è che si possa tappare, di propria iniziativa, un foro di areazione e perché te lo chiede un demente.

Tra simili, seguono le stesse follie da cui sono pervasi. C’è pur da dire che i rari dissimili, invece, scantonano.