mashal-082. Essere fuori di testa non è una virtù!
by Georg Moshe Rukacs
Clara era nata a
Brescia, nel 1965, da una famiglia di impiegati trasandati. Prima aveva
frequentato le magistrali e poi aveva studiato lingue all’università. Le prime
frequentazioni e le prime scopate la hanno subito collocata tra il solito
qualunquismo di sinistra, tra i comunistoidi. Un comunismo da parrocchia. Che
significa? Non lo so. Ma non lo sanno neppure loro. Tanto meno lei. Eppure è
così...
Quando incontrò
Bruno, un keniota del 1960, lei si disse che doveva provare un negro con un bel
cazzone grosso, mentre lui si disse che aveva finalmente trovato una bianca che
ci stesse, che ci stesse pure con lui e non solo per qualche scopata
occasionale ma per dargliela più o meno stabilmente. Una vera e propria scalata
sociale, dal suo punto di vista, la fica ‘bianca’.
Si erano sposati
che lei era ancora all’università, a lingue. Mentre lei ancora studiava per
laurearsi, era arrivata la prima figlia, Liliana, nel 1985. Poi, Giulia, nel
1988. Infine, Ivo, nel 1991.
Bruno, il marito,
un tipo vivace ed intraprendente, si arrangiava nei lavori più vari. Lei,
Clara, aveva cominciato ad insegnare, spagnolo, già prima di laurearsi. La casa
non portava loro via molto tempo dato che vivevano felici nella sporcizia e nel
disordine. Non che occorra poi molto tempo a tenere in ordine e pulito. È che
ad entrambi piaceva sporcare e creare confusione. Poi, però, non amavano pulire
né riordinare, neppure velocemente.
Lui si aspettava
che lo facesse lei, la moglie. Lei non ne aveva alcuna intenzione. Apprensiva
ed agitata, Clara non lo era per nulla relativamente alla casa. Per un po’
avevano battibeccato perché lui avrebbe voluto che, oltre a farsi chiavare, lei
facesse pure la moglie donna di casa. Lei si diceva che lei era
un’intellettuale e che non poteva abbassarsi a pulire ed a riordinare. In
realtà, già nella famiglia di origine era abituata a vivere nella merda. Erano,
inoltre, entrambi fumatore e fumatrice accaniti. Cosa che aggiungeva sporcizia
a sporcizia. Subentrata la routine, nel sesso, e con quei dissapori
relativamente alla casa, coll’arrivo del terzo figlio proprio non ne potevano
più l’uno dell’altra, per cui si erano separati e poi avevano formalmente
divorziato.
Le due figlie,
pur piuttosto diverse tra loro, sebbene fossero entrambe prive della logica più
elementare, avevano studiato regolarmente ed avevano completato l’università.
Non studi tecnico-scientifici, ovviamente. Liliana, la prima, aveva preso la
rozzezza e la paraculite del padre. Aveva un’aria sporca e furbastra.
Disseminava di sporcizia e disordine pure dove viveva. La seconda, decisamente
sul grazioso, era nettamente più pretenziosa ed anche con un po’ di disprezzo
per i tipi fuori di testa, pure nella propria famiglia, anche se poi, a livello
di cazzi, non è che andasse troppo per il sottile, pur sempre insoddisfatta da
quelli da cui si faceva chiavare. ...Come già la madre... Eppure si sentiva e
si sognava differente. Faceva la cameriera, la cameriera all’estero, nonostante
la laurea. mentre sognava altro, pur sempre nell’area del posto fisso e sicuro.
...Come già la madre, appunto...
Chi era del tutto
fuori di testa, e lo faceva subito vedere, sciatto come la madre e pretenzioso
come il padre, era Ivo, il terzo. Era stato troppo viziato come il maschietto
di casa infine arrivato. Da un lato, la madre, sciatta ma
apprensivo-possessiva, lo copriva di attenzioni, come del resto faceva colle
due figlie. Ma, con lui, di più. Dall’altro, quando l’aveva vista, dopo la
separazione col marito, che scopava con altri, lui ne era restato sconvolto,
pur tenendosi tutto per sé, dunque senza manifestarlo.
Vivevano tutto
l’anno nella merda. Poi, durante le vacanze scolastiche, pur continuando a
farli vivere nella merda, lei si trascinava coi figli in giro per il mondo, in
particolare nell’area ispanica essendo lei insegnante di spagnolo. Come
compagnuzza, li trascinava nell’area ispanico-compagnuzza, od almeno nei luoghi
che la retorica sinistra considera parte del suo universo.
- “Sono stato a
Cuba e tra gli zapatisti”, diceva Ivo. Anche se poi non è che avesse alcuna
idea di quello avesse visto od appreso da quelle “esperienze dirette”. Si
ricordava solo di avere intravisto, standoci lui male, la madre, sempre alla
ricerca del cazzo grosso, farsi chiavare da neri (che lui, nella sua testa,
chiamava ‘negri’) e da rudi contadini indios.
Beh, come
compagnuzzo, quei luoghi, Cuba ed il Chiapas, facevano parte della retorica
sinistra per cui li sentiva, come compagnuzzo, parte del suo universo. Non
sapeva perché. Erano solo infantili suggestioni materne, di quelle comunque poi
ti restano, se di mente e spirito gretti.
Chissà che aveva
visto poi... A Cuba, da latifondisti, i Castro si erano impadroniti di tutta
Cuba, sprofondandola ancor più nella merda mentre loro si arricchivano. Gli
‘zapatisti’ se li erano inventati gli inglesi che li manipolavano dal Belize
per avere una spina nel fianco contro il Messico. Il Chiapas restava nella
merda mentre qualcuno era divenuto ‘grande’ capo guerrigliero, dunque
accumulato qualche privilegio e qualche soldo. La madre non poteva vederli
questi banali aspetti. Ivo ancor meno. Vedevano pidocchietti inquadrati, non
differentemente dalle burocrazie ed eserciti ufficiali. E si dicevano quelli
erano il mondo alternativo, differente, migliore, che riempiva il cuore al solo
pensarci. Suggestioni da parrocchietta. Quando eviti una parrocchia usuale, è
solo per cercarne altre, di solito.
Incapace delle
minima concentrazione, e subito in preda a crisi di panico non appena avrebbe
dovuto dedicarsi alle cose più elementari, pur studiando nella scuola dove la
madre era docente, dunque favorito, Ivo aveva abbandonato il liceo linguistico
che stava frequentando (e dove la madre insegnava). I centri sociali gli davano
la copertura ideologico-religiosa per dirsi che lui era differente e meglio.
Lavoricchiando, e
coi soldi della madre, quando i suoi non bastavano, era andato un po’ in giro
per il mondo da solo. Fricchettone e compagnuzzo, gli era facile solidarizzare
coi fricchettoni e compagnuzzi anche se poi, alla fine, se sei fuori di testa,
ed ancora più fuori di testa della media di quelli frequenti, gli altri
facciano spesso a stufarsi e, magari con un sorriso e con buone maniere, a
negarsi e, di fatto, a mandarti affanculo.
Dato che le
sorelle si erano stabilite a Bruxelles, ecco che anche lui, in realtà
eterodiretto dalla madre (che, ansiosa, aveva la mania di dovere controllare i
figli, dunque meglio averli concentrati nella stessa città), era finito lì. La
sorella più grande, arruffona e sporcacciona come lui, di tanto in tanto lo
andava a trovare. La seconda, la fichetta, invece lo evitava del tutto. La
madre apprensiva e fuori di testa, gli comprava gli indumenti a Brescia e poi
glieli portava a Bruxelles perché lui non era capace di procurarseli da solo, o
così si dicevano. In realtà, aveva una decina di paia di scarpe e chili di
indumenti di ogni genere che spargeva dappertutto, nelle case dove
abitava.
Riempiva le
cucine delle case dove abitava di piatti sporchi in lavelli, fornelli, tavoli
ed in altri luoghi. Comprava quotidianamente chili di alimenti che poi
marcivano dato che si dimenticava di quello aveva acquistato. Sebbene mangiasse
moltissimo, non riusciva a star dietro a tutto quello comprava.
Uscendo di casa,
perdeva tutto, dai soldi, ai telefonini, ai documenti. Andando al lavoro, si
dimenticava di timbrare il cartellino per cui lo pagavano solo per quello che
lui aveva formalizzato, non pagandolo quando lui si dimenticava di registrare
la sua presenza. Non capiva perché lavorasse così tanto e lo pagassero così
poco. Anzi, lo capiva. Ma se uno è fuori di testa, e non è neppure capace di
timbrare un cartellino o di passare un tesserino magnetico...
Tornando a casa,
dal lavoro, prima passava dagli spacciatori per approvvigionarsi di cannabis
che fumava tutta la notte, fino a che facesse alba.
- “Sono
apprensivo, in questo periodo. Fumare mi calma.”
In realtà il
cannabis gli aumentava crisi di panico, assenza di capacità di concentrazione,
agitazioni e depressioni.
- “Io voglio
vivere per qualcosa. Sono un comunista. Voglio fare la rivoluzione. Credo nella
superiorità nera, nel potere nero.”
Lasciava
sigarette e cicche dappertutto. Idem stoviglie sporche. Idem indumenti sia
sporchi che appena lavati. ...Settimane in lavatrice, o gettati umidi su una
sedia od un tavolo, perché non era capace di stenderli... Quello era il suo
‘comunismo’, la sua ‘rivoluzione’, la sua ‘superiorità’!
Se aveva un
banale problema col computer, gli venivano le convulsioni al solo pensiero di
doversi concentrare un minuto per vedere come risolverlo.
- “Tanto ho un
amico che me lo fa...” Non era vero.
Se doveva
compilare un modulo, non riusciva neppure a scrivere correttamente i suoi dati
anagrafici e l’indirizzo dove viveva.
- “Tanto ho un
amico che me lo fa...” Non era vero.
Se si svitava un
pezzo di una lampada, di quelle col braccio e che si fissano al tavolo con con
qualche sistema di avvito, ...con una staffa o come si chiama..., non riusciva
a risistemarla. Cose da trenta secondi. Gli veniva il panico al solo pensiero
di dover vedere come un meccanismo, un incastro ed un avvito fossero mai
combinati.
Un pacco grande
di rotoli di carta igienica, comprato da altri, lo consumava in dieci giorni.
Uno e più al giorno. Lui non era capace di ricompralo. Si accontentava di
rotoli che rubacchiava sul lavoro, quando poteva. Oppure restava senza carta
igienica che pur consumava a chili. Tuttavia comprava chili di cibarie ...che
dimenticava cucinate e ricucinate nel forno, od addirittura nel lavello coi
piatti e le pentole sporche e le cicche che si accatastavano, e sui fornelli
esposte all’aria ed agli insetti, od in tutti i luoghi più impossibili. Lì
restavano giorni, settimane, pure di più.
Ovunque passava,
sembrava passato un ciclone di arruffo e di sporcizia. Non, ‘sembrava’. Era
proprio così e pure peggio.
- “Lavoro troppo.
Sono poi troppo stanco per mettere in ordine e pulire”.
Però per passare
la notte a fumare cannabis ed a rimestare su facebook... Non era stanchezza.
Era il panico che lo pervadeva, e lo faceva tremare e perdere, al solo pensiero
di dovere fare qualcosa. Panico!
Ah, siccome la
madre gli aveva ordinato di leggere dei libri che gli mandava, ogni notte
leggeva qualche pagina, o qualche decina di pagine, dei libri della madre...
Romanzetti o romanzoni. Nulla di davvero serio. Qualunque cosa lo avesse mai
fatto pensare, gli mandava in tilt il cervello in frazioni di secondo. A
proposito... Siccome la madre, abituata pure lei alla sporcizia, apriva
periodicamente tutte le finestre di casa
per fare uscire un po’ di odore di sozzume, aveva detto pure a lui di fare così
almeno ogni qualche giorno. E lui lo faceva. Non serviva a nulla. Perché se
fumi cannabis tutta la notte e lasci sporcizia nauseabonda, cose deperibili
quale il cibo è, dappertutto, non serve a nulla far entrare periodicamente pure
la puzza dei gas di scarico di fuori. Il puzzo ‘naturale’, di schifezze, dentro
casa, si ricrea subito. No, poveretto, non c’arrivava. Glielo aveva detto la
madre... Tuttavia, osservando questi aspetti animaleschi di obbedienza alla
madre, pur nella confusione esistenziale, inettitudine e panici già accennati,
mi venne il sospetto che se la madre, beh un’altra ‘madre’, gli avesse mai
ordinato, prescritto... ...del tipo: “Ogni giorno studia analisi matematica e
connessi per almeno un’ora. Poi almeno un paio d’ore di programmazione
informatica. Provvedi a te stesso, lasciando pulito ed ordinato dove passi.
Metti soldi e documenti in una tasca ben chiusa della camicia o dei pantaloni e
controlla in permanenza che non fuoriesca nulla. Tieni sempre ben a mente
quello che hai con te, ed in mano, e controlla sempre di non avere perso nulla
ed in nessun posto. Timbra sempre il cartellino prima di iniziare a lavorare ed
alla fine. Etc. etc.” ...ed ecco che lui, bravo pidocchietto, da scemo sarebbe
divenuto un genietto, ...forse. Un’altra madre, ho scritto. Perché una sozzetta
e trasandata, nervosamente concentrata sul succhiare e gettare sigarette,
maniacalmente contro i computers, che panica di fronte a qualunque scienza e
tecnica, col mito che per essere colti, anzi appena normali, si debba andare al
cinema [sì, al cinema-cinema, quando oggi si trova tutto gratis online!] dove
vedere film impegnati [cioè il luogo-comunarismo “di sinistra”, che poi è come
quello di centro e di destra! ...o di qualunque altra collocazione o colore, od
assenza di colore e collocazione, tanto tra essere e non essere non c’è poi
alcuna differenza], cioè che facciano il lavaggio del cervello facendo vedere
di farlo anziché quelli troppo ovvi ed in-apparenza-leggeri perché sembra lo
facciano, e legger quotidianamente qualche pagina di ‘buona’ [quale è la
differenza tra ‘buona’ e non tale?!] letteratura... ...beh, una tale scemotta, non
avrebbe mai potuto ‘prescrivergli’ qualcosa di sensato!
Se Ivo doveva
trovare casa...
- “Tanto ho un
amico tedesco che me la trova...” Non era vero. Anche gli ‘amici’ poi si
stufano di quelli troppo fuori di testa. ...Pure le sorelle...
Dato che non risparmiava
nulla, bensì spendeva tutto in cannabis ed in cibarie sprecate, oltre ai soldi
che perdeva dalle tasche per trasandatezza, più quello che perdeva per non
timbrare il cartellino sul lavoro, non aveva i soldi per pagare cauzioni. Beh,
li chiedeva alla madre che tuttavia non è che fosse ricca anche se, arruffona
come lui, magari se li faceva prestare in giro per alimentare la trasandatezza
del figlio scemo... ...scemo come lei... anche se lei, infine, il “posto fisso
e sicuro” lo aveva trovato.
Era terrorizzato
di consumare troppa energia e di dover poi pagare un fitto più alto. Lo avevano
convinto, facile convincere scemi su scemenze!, che non paghi quello consumi ma
che, se superi certi limiti indefiniti, poi ci siano scatti da cento euro e cento
euro! Tuttavia si dimenticava il forno ed i fornelli elettrici accesi dato che
aveva troppo fretta e trasandatezza di dovere uscire di casa. Appunto, il
panico di tutto e tutti lo pervadeva e controllava, e lo rovinava, ci fosse mai
stato qualcosa da rovinare ulteriormente in un tale tipo. Al peggio, comunque,
non c’è mai limite.
- “Sono attivo.
Sono uno sportivo. Devo andare ad allenarmi a pallacanestro.”
Tutte scuse, come
e con tutte le altre, per non saper fare le cose più elementari, di panicare in
permanenza. Infatti, quando aveva un
giorno libero, dormiva tutto il giorno. Se ne aveva due, usciva “per fare
sport”, “a divertirmi”, “perché io sono uno attivo!”.
Ah, uno che non
ci sta con la capa [la testa, il cervello che non ha] perde i soldi suoi ma non
è neppure preciso coi soldi altri. O si fa fregare o ti frega, per sciatteria
naturalmente, ma ti frega se gli dai dei soldi in più, come successe a me.
...Magari perché panica tropo a fare quattro conti e perché lascia tutti i
soldi si trova momentaneamente in tasca a spacciatori ed a supermercati, per
cui è sempre col conto in rosso. Panico ed eccessi. Eccessi senza essere
geniale [contrariamente a quel che fa credere l’industria
propagandistico-pubblicitaria, per cui l’eccesso (l’eccesso di consumi, di
fatto) sarebbe automaticamente genio] ma solo troppo banale.
No, essere fuori
di testa non è una virtù!