martedì 12 settembre 2006

Madri di merda 1. Nikla

Madri di merda 1. Nikla
by Georg Rukacs

Lei era ormai sui 25. Detta la suorina. Tutta casa, chiesa, Acli cattocomuniste, stanchi studi che non finivano mai, poi di fatto interrotti col lavoro impiegatizio pubblico.

Famiglia gretta. Il padre di grandi speranze poi frustrate dalla e nella famiglia. Quei grandi, nei sogni, e magari anche nelle capacità, che poi si fanno piccoli per la miseria delle cose quotidiane che non sanno rompere. Impiegato pubblico onesto. Unico sostegno d’una famiglia con 6 bocche, lui incluso. Neppure di quelli che si fanno l’amante o le amanti, che vanno al bar, che vanno a mignotte, o che hanno un secondo lavoro. Tutto ufficio e casa. La moglie senza sogni. Tutta casa e cucina. Di quelle che controllavano che le figlie, due in quel caso, non si faccessero chiavare prima del matrimonio ed avessero le mestruazioni regolari, frugando l’immondizia per controllarne gli assorbenti, ché le figlie, sapendosi controllatissime, non li avessero buttati i giorni giusti ma senza sangue mestruale. Di quelle che aprivano perfino la posta dei figli, oltre a frugarne vestiti ed origliare in ogni modo possibile ed immaginabile nelle loro vite, perché non trasgredissero. Ah, ciò valeva anche per i maschi, due, ché, seppure eran maschi, o non trasgredissero o non trasgredissero troppo.

Entrambi, moglie e marito, originari, poi emigrati poco a nord, d’un paesino toscano sezione-Chiesa. Non so se quelli sezione-PCI fossero più liberi o differenti. Magari, no. Famiglia misera o, comunque, immiserita e di immiseriti. Alla fine, lui pensionato, lei l’aveva di fatto ucciso ...di cucina. Cos’ha uno tutto casa ed ufficio se non, magari pur di struttura esile, riempirsi la pancia?! Lei gliela riempiva. In pensione, la pancia si riempie ancora di più, quando poi uno, nelle mattinate e pomeriggi vuoti pensa alla propria vita ed al nulla che ha concluso rispetto ai suoi sogni che non certo nel momento della fine può davvero coltivare. Si potrebbe se si volesse. Ma quando si cede per una vita, non succede poi che uno se ne scappi nelle praterie del mondo a 60 anni. ...ed anche uno lo facesse, non è che sia così semplice. Così, un po’ di pancia troppo piena, un po’ di tormenti interiori, il cuore non aveva retto. S’immagini pure una di quelle mogliettine perfette tutte attenzioni, che mangiasse tanto, bene, nel modo giusto, che facesse tutte le cose giuste, eppure di cui, uno ne fosse cosciente o meno, s’avvertiva la viscidità. Quel falso vero. Non il falso di una che recita per poi magari scopare in giro. No, peggio. Quella viscidità di chi svolge un ruolo, d’una che s’è trovato il marito perfetto e che fa la mogliettina perfetta, perché così si deve fare. Ma è tutta un’apparenza. Non di quelle, ne esistono, che appena vedono il marito si bagnano e gli saltano addosso per farsi trombare. Lì era la famiglietta perfetta, la reciproca castrazione, almeno per lui, lei era gia nata castrata, dove tutto è perfetto e falso. Un mattino, dopo essere brevemente uscito per una vuota passeggiata da pensionato con macchina fotografica, s’era messo a letto senza più rialzarsene. Nikla era già sposata e la bimba era già nata, quando lui morì.

Lui l’aveva attratta, Nikla, non so come. Ah, forse perche lei cattocomunista aveva incontrato, seppur di lei più giovane, un comunista vero, di quelli bolscevichi-bolscevichi. S’era poco dopo il ’68. S’erano visti. Lui l’aveva toccata, giù giù fino alla passera. Ogni volta di più. E d’eccitazione in eccitazione, lei aveva finito per lasciarsi sanamente trombare. Era restata incinta. S’erano sposati. Era nata una bambinetta proprio bellina e di grandi qualità.

Nel matrimonio lei s’era lasciata andare ancora di più, come spesso succede. Era proprio divenuta una schifezza totale e poi così ossessionata dalla sua famiglia. L’evangelico lascerete le vostre famiglie per divenire un solo corpo, una nuova famiglia, è restato nel Vangelo, anche per i catto, cattocomuniste incluse. Lui s’era proprio stufato sopra ogni limite. Aveva sogni e voleva continuare a sognare e cercare di realizzare qualcosa che non fosse l’ufficio e la TV. O magari realizzare nulla, ma non vivere già con nulla prep-programmato. Un giorno che non ne potette più, glielo disse che era tutto finito. Prima s’era trovato qualche altra. Poi era andato ad abitare con una, una maestrina indisponente e troiazza, ma che almeno gli permetteva di mettersi alle spalle quella vita chiusa tutta ufficio, politica gruppettara e famiglia tradizionale senz’uscite d’alcun genere. Poi un arresto kafkiano per terrorismo gli aveva permesso di chiudere anche quella fase. Uno che s’era voluto vendicare perché lui evava evitato che ragazzetti si rovinassero la vita, gli eveva accollato qualche reato di cui solo dopo nove anni s’era liberato con un’assoluzione finale. Erano invece i tempi in cui tutti non solo d’infognavano, ma cercavano d’infognare gli altri. Della serie: prima s’ammazza poi una giustificazione la si trova. Ma lui era differente. Generoso, ma un po’ formalista, forse, se si trattava d’infognare il prossimo. Il tipo che può anche essere o fare il fanatico, ma pensa sempre prima che se punti una pistola ti possono ammazzare e che se ammazzi qualcuno, costui muore sul serio. Uno, insomma, che sebbene capace forse di tutto, si prefigura sempre quello che può succedere e che può succedere pure altro da ciò ci si prefigura prima.

La figlia aveva rappresentato per Nikla il poter dire ch’era donna a sé stessa, alla sua famiglia, a tutti quelli gli erano attorno. Era una di quelle che vivono per gli altri. In viaggio di nozze, la sua unica ossessione era mandare 200 cartoline ad un lunghissimo indirizzario d’amiche ed amici. La figlia era diventata così il suo culto. S’esaltava con toni fanatici in qualunque situazione dove la figlia si trovasse in una qualche competizione o confronto con gli altri. La fligli era divenuta la sua proprietà privata e della famiglia d’origine ed attraverso la figlia si sentiva come riscattata da una squallida esistenza fatta d’ufficio e spendaccionerie, avendo Nikla la mani bucata. La classica che non ha mai avuto soldi. Per cui non appena cominciò a lavorare si dedicò pure a spendere tutto in nulla. Mille piccole spese che ti fanno consumare in pochi giorni lo stipendio e però servono all’ossessa come conferma ch’esiste. Spendo dunque sono.

Quando l’ex-marito era tornato dalla detenzione per terrorismo, Nikla ne aveva sofferto perché il concorrente, rispetto alla figlia, era ricomparso. Lui non s’era mai formalizzato sui Natali, che invece Nikla voleva passare tutti coi suoi e con la figlia sempre, ossessivamente, con lei. Lui aveva promesso alla figlia che appena avesse riavuto il passaporto la avrebbe portata a Parigi. Non so perché Parigi. Un posto come un altro. Non c’era alcuna connessione con gli esuli italici con cui lui, nonostante queste marginali frequentazioni nell’area, non aveva alcun rapporto, né alcuna ragione per averne. Forse perché da ragazzetto era stato una settimana a Parigi con la scuola. Alla figlia l’idea era comunque piaciuta. Quando ebbe il passaporto, prima d’un Natale, erano dunque d’accordo che sarebbero andati a Parigi. Siccome in detenzione preventiva aveva già scontata un’eventuale condanna, il passaporto lo ebbe poi in fretta. Ci furono solo complicazioni burocratiche d’altro ordine. Infine, con l’insistenza e la pazienza, si risolsero. Poteva essere il 1987. A Natale e fine anno sarebbe andato con la figlia a Parigi.

Per Nikla era stato un colpo. Aveva detto ch’era d’accordo. Però venuto il momento, non poteva proprio lasciare che la figlia andasse a Parigi col padre, lei che sperperava tutto e alla figlia faceva solo visitare le case di madre e sorella con relativo marito e figli. Già, le non frequenti volte che la figlia andava a spasso col padre, Nikla se ne sbottava in dei pagnucolosi e patetici: “Ma mi lasci sola?!” Aveva così combinato le cose in modo che la figlia, che s’era già impegnata dcol padre, s’impegnasse con la nonna materna che sarebbe andata da lei. “Magari la porti a Pasqua...” Della serie: Natale coi tuoi, Pasqua con chi vuoi.

Aveva poi mandato i genitori di lui a “trattare” con lui. “Glela faccio vedere ancora solo se lui non gli parla male di me.” La madre di lui era una pazza. I pazzi trovano sempre la solidarietà degli altri pazzi, che sono la grande maggioranza poi del pianeta. Di fatto, pagherà fino ad oggi, un paio di decenni, la nuora, Nikla (le sperperone hanno sempre bisogni di soldi nonostante i lauti stipendi e le ruberie di certi personaggi di categorie del settore pubblico), per non far vedere la figlia al padre e poi pure per farlo licenziare dal posto pubblico, lo stesso di Nikla.

Quando lui, l’ex-marito, era stato assolto dai processi per terrorismo, Nikla aveva avuto delle esplosioni di rabbia. Pure la madre di Nikla. Anche la madre di lui, invero, una di quelle (se ne trovano tante, troppe, più di quante si pensi) ch’odiano i propri figli. Siccome Nikla lavorava presso la direzione regionale di quell’Istituto pubblico, era subito andata esalata ed alterata dal direttore regionale. Nikla, già cislina, poi cigiellina, s’era infine iscritta ad un sindacato di di cui era l’unica iscritta in quella regione. Tuttavia, succede nei posti pubblici, era riconosciuta come sindacalista con relativi permesssi sindacali ed altri benefici. I direttori di quell’Istituto pubblico avevano bisogno dell’unamità di tutti i sindacali per esistere e sopravvivere. Per cui, Nikla, di fatto, si trovava in una posizione d’un qualche potere. Era andata ad urlare al direttore regionale che l’ex-marito era un grande delinquente e che lo si doveva obbligare a licenziarsi. In realtà, era solo ossessionata della perdita di credibilità di fronte alla figlia. Dopo che, con la madre di lui (la nonna della figlia), aveva ripetuto per anni che il padre era un delinquente, ecco che se lo erano trovate assolto. Nel frattempo non s’era dato alla mala (non era mai stato un malavitoso), non s’era drogato (non l’aveva mai fatto; neppure aveva mai fumato una sigaretta di tabacco), anzi stava finendo l’università. Era in pratica finita. È che s’era appassionato ad una lunga tesi su cose non convenzionali. Ecco che lei, Nikla, che aveva di fatto abbandonato l’università, si trovava ora questo ex-marito che si sarebbe pure tra non molto laureato. Nulla d’eccezionale. Però lei lo viveva come un ulteriore sminuimento di fronte alla figlia. Così, non solo l’aveva rovinato col direttore e la direzione regionali. Aveva fatto pure il giro degli altri sindacalisti e sindacaliste, e non solo, per raccontarne di tutti i colori. I paranoici si credono tra loro. La maggioranza delle persone è di fatto tale. I paranoici si credono e si sostengono attivamente. Revocatagli la sospensione, e riammessolo in servizio, l’avevano mandato, abusivamente, nel luogo più distante di quella regione. Lui si faceva 5 ore al giorno di treno. Più altre angherie d’ogni genere.

Nikla continuava intanto con quest’attaccamento ossessivo alla figlia. Quando la figlia aveva avuto il primo ed unico ragazzo, davanti Nikla sorrideva e faceva la gentile, la viscida insomma e lo si percepiva pure tutto il viscidume del personaggio. Ma nel intimo si rodeva ed aveva un solo pensiero fisso: distruggere tutto ciò si frapponesse tra lei e la figlia. Aveva travato una solida alleata, come già contro l’ex-marito, nella suocera, un sessuofoba invidiosa, una che aveva invidia perfino dei figli. Al solo pensiero della figlia, della nipote per la nonna, che si sbaciucchiava e si sollazzava nel letto col ragazzo, entrambe impazzivano di rabbia.

Avevano provato con lei. “Ma allora vi sposate?” “Ma hai un futuro con lui?” “Ma allora mettete su casa?” “Ma sei sicuro che sia un ragazzo serio?” Ma figuratevi che cosa gliene frega ad una ragazzetta innamorata. Il futuro è il suo, il loro, amore. Allora erano andate, madre e suocera, a parlare con la famiglia di lui. I soliti discoscorsi da ossesse. Ma, appunto, tra paranoici, più s’è ossessi e paranoici, più si trova comprensione attiva. “Sono preoccupata per mia figlia...” “Sono preoccupata per mia nipote...” “Sa, sono la mamma...” “Sa, sono la nonna...” “Ah, dobbiamo proprio dirglielo... ...il padre è un delinquente... ...è appena uscito di prigione per terrorismo...” “Voi ci capirete...” “Pensate a vostro figlio...” In quella regione del nord-ovest succede ancora che in certe famiglie si combinino matrimoni di convenienza e che ragazzi e ragazze, pur in storie d’amore e di letto con altre/i, vi si sottomettano. Così, per liberalo da quel pericolo, i genitori di lui combinarono in fretta in furia un matrimonio del figlio con una sua pari, una che aveva egualmente transazioni di letto con uno che non piaceva ai rispettivi genitori perché non di status adeguato. Due piccolo-boghesi infinocchiati da genitori piccolo borghesi...

Così, un bel giorno, il ragazzo della figlia di Nikla, le fece dire da una comune conoscente che s’era appena dovuto sposare con una imposta dalla famiglia. Immaginatevi. Poi naturalmente la madre, Nikla, aveva finto di piangere con la figlia distrutta, mentre in realtà in cuor suo se la rideva. Pure la nonna era felicissima d’aver contribuito a rovinare la vita della nipote. Pure l’altra nonna, la madre di Nikla, era esaltata per quel capolavoro di figlia che seguiva perfetta le sue orme.

Intanto, Nikla, con la suocera Franca, e grazie ai soldi che queste le dava perché non facesse vedere la nipote al figlio, o la figlia all’ex-marito dal punto di vista di Nikla, avevano foraggiato un gesuita. Uno che infinocchiava il prossimo come fanno molti i gesuiti, per produrre soldi per sé vendendo “spiritualità”. La figlia s’era intanto laureata in architettura e dato l’esame di Stato per poter firmare progetti. E s’era subito, fottuta da madre, nonna/e e gesuiti, fatta suora. Faceva la suora, con vocazione alla clausura, ed intanto faceva l’architetta gratis per quella sottocongregazione dei quel gesuita, un ex-ebreo con velleità cultural-misticheggianti, Koppellot che aveva creato una sua piccola, ma ben florida di soldi che arrivavano da ogni dove, congregazione di cui era il capo.

La madre di Nikla poi tirò le cuoia. Sul letto di morte, lei che aveva fatto del male a tutti, naturalmente perdonò tutti coloro cui aveva fatto del male. Doveva setirsi un pontefiche, anche se magari non è detto che i pontefici dei nostri tempi facciano del male. No, alludevo all’atteggiamento pontificaleggiante di taluni catto. Certo quello di quella miserabile.

Intanto Nikla, coi gesuiti che sfruttano la figlia, e che lei, con suocera, pur sussidia per ringraziarli di quello sfruttamento provvidenziale, da lei stessa voluto, che le tiene la figlia libera dalle tentazioni del mondo, si fa da loro mandare la figlia per tutte le feste comandate. Ossessiona Koppellot e collaboratori con valanghe di telefonate ansiose e deliranti, cui loro, evidentemente non meno ansiosi e deliranti, sottostanno magari infelici. Solo invidia. Invidie di maniaci che si trovano e si complementano. Gesuiti castrati. Una setta. Madri castrate. Madri di merda.