mashal-085. La paura è una condizione dello spirito
by Georg Moshe Rukacs
In fondo, siamo
frutto delle nostre esperienze e di come le abbiamo vissute. In effetti, come
si vivano le cose è sempre ben più determinante delle cose in sé. Nulla esiste
all’infuori di come sia percepito.
Mio padre,
Angelo, crebbe sulla strada, in Piazza Brin, a La Spezia. Poi divenne fattorino
in un cantiere navale, il Cantiere di Portovenere.
Quando infine lo
chiamarono per il servizio militare, già a 19 anni, non poté sottrarsi. La
madre era impiegata civile della Marina Militare. Il fratello, mezzo fratello
(non di padre), era in campo di concentramento in Germania come ufficiale
italiano che aveva prudentemente rifiutato di eludere il giuramento di fedeltà
al Re, quello frettolosamente scappato, con la corte, in area anglo-americana.
No, Angelo
proprio non poteva sottrarsi. Deve essere stata la madre a farlo raccomandare,
sfruttando qualche connessione familiare acquisita o non, perché fu mandato
nella contraerea alla Palmaria, nel Golfo della Spezia. Quando passavano gli
aerei degli Alleati, “il nemico”, aspettavano che fossero passati e poi
aprivano il fuoco coi cannoni contraerei. Del resto, la Palmaria serviva anche
come svicolo di spie che passavano le linee. Non potevano permettersi di farsi
bombardare. Dovevano avere una qualche convenzione con gli Alleati: noi non vi
spariamo e voi non ci bombardate. Lui diceva di detestare i tedeschi,
affermando invece di avere trovato affabili gli austriaci con cui era a contatto
lì alla Palmaria. Si fosse trovato ad avere a che fare con loro nei pogrom, o
nei campi di concentramento e sterminio, di sicuro l’avrebbe pensata
differentemente.
Insubordinato
ed amilitarista, non era per nulla visto di buon occhio dai fascisti, per cui
in effetti non aveva mai avuto alcuna simpatia [contingenze familiari, paterne,
oltre che propensioni ed assenze di propensioni]. In vita sua, sparò solo una
volta in aria. Gliela menavano che non puliva mai il fucile. Per cui, una notte
che era di guardia, alla Palmaria, gridò il classico: “Chi va là?! Altolà!” Poi
sparò in aria. Scattato l’allarme disse che aveva forse visto un’ombra. A quel
modo aveva pulito l’interno della canna del fucile. Era il massimo fosse
disposto a fare.
Alla
fine fu un suo parente acquisito [da parte della sorella della madre, una
maestra, Tecla, che aveva sposato un commerciante di una famiglia di riccastri
toscani], un Ricci, un gerarca del Fascio e della Camice Nere, che doveva
essere anche lui lì alla Palmaria, evidentemente un superiore gerarchico, che,
stufo della sua insubordinazione, del suo amilitarismo, e pure del suo
afascismo, lo mandò a morire.
Lo
fece assegnare alla Linea Gotica, quella vera, di terra. Era l’ultima linea di
resistenza di quella sceneggiata chiamata guerra, lì la IIGM oramai verso la
fine. Schierarono lì i soldati per l’ultima resistenza, e costruirono linee di
fortificazione. Passarono l’inverno. Poi sarebbe stato scatenato un fiume di
fuoco dal lato anglo-americano, e la Linea Gotica sarebbe stata sfondata per
raggiungere la Germania pure da sud. Era il luogo perfetto per mandare qualcuno
morire. Venne assegnato alla Linea Gotica e con raccomandazione di metterlo
sulla prima linea della stessa dove, o di pallottole o di bombe, potesse essere
ben ripagato di quella sua costante insubordinazione.
Quando
gli anglo-americani iniziarono i bombardamenti anche coi mortai, cominciò a
scatenarsi un inferno di fuoco. Dal punto di vista di chi sia oggetto del fuoco
del mortai, è semplice seguire quello stia accadendo. Si sente un fischio.
Quando il colpo ti sta venendo addosso lo senti, lo senti che sta arrivando e
sta arrivando su di te, e non c’è nulla da fare. Il fischio si esaurisce
naturalmente ed è immediatamente seguito da un’esplosione devastante. Il
mortaio funziona in modo appena differente dal cannone che spara contro il
bersaglio. Il colpo del mortaio vi cade sopra. Viene sparato verso l’alto,
dipinge una vera curva, quasi un semicerchio, non la curvatura limitata del
cannone che, per pure ragioni fisiche, non può tirare proprio diritto-diritto
soprattutto sulle lunghe distanze. Sparato verso l’alto è più lento. Per questo
fa il fischio, un vero fischio, e poi, ben avvisatoti, ti cade sopra, se è
destinato a te. Ti godi il fischio, che si trasforma in timore se ti sta
puntando, e lo senti bene se si sta approssimando a te anziché dirigersi a
distanza almeno di sicurezza. Senti
l’esaurirsi dello stesso, e l’esplosione devastante che subito lo segue.
Angelo,
mio padre, non ha mai drammatizzato quando raccontava la cosa. Sentiva il
fischio. Se il colpo gli stava andando addosso, od in prossimità, lo sentiva, e
deve essere successo varie volte. Inutile in effetti panicare o fuggire (sei
sei militare ci sono le polizie militari che ti sparano addosso, se fuggi). Mio
padre si tappava le orecchie e chiudeva gli occhi, mentre infilava il viso, per
quel poteva, nel terreno. Dopo l’esplosione, quando li riapriva, gente attorno
a lui era sparita, disintegrata, od era stata variamente sfasciata dall’esplosione.
Lui, nulla. Non si è mai fatto neppure una scalfitura, da soldato.
Gli
successe qualche anno dopo, quando aveva aperto una fonderia con un socio, un
sindacalista comunista, Cipolli. I soliti dissidi tra soci, lì, evidentemente,
piuttosto irrisolvibili. Un giorno gli dissero che la mancina si era bloccata e
che si doveva andare sopra a vedere che cosa fosse successo. Lui andò sopra a
vedere. Da sotto fecero partire la mancina che lo lasciò spiaccicato contro un
muro. Tra la vita e la morte, alla fine se la cavò con decine di fatture che
gli procurarono dolori ad ogni cambiamento climatico per tutta la vita. A dire
il vero, lui, Angelo, non se ne lamentò mai né mai disse che avevano cercato di
ammazzarlo. Rimosse la cosa. Si sarà detto che se era capitato doveva capitare.
Poi, il Cipolli, il sindacalista comunista divenuto quasi industrialotto, non
essendo riuscito ad ammazzare il socio, mio padre Angelo, accettò qualche soldo
per la sua quota di comproprietà della fonderia e se ne andò a cercare fortuna in
Argentina. A La Spezia, doveva abitare in Via dello Zampino, quella dove poi
c’è una galleria di cento metri che passa sotto la ferrovia, ma lui doveva
abitare piuttosto in prossimità di Piazza Saint Bon, ai piani alti di un
vecchio edificio con finestre sulla strada. ...Se era lui che abitava lì...
Lo
sfondamento della Linea Gotica non fu questione di un giorno. Anzi iniziò già
prima dell’inverno 1944-45 ma, nonostante tutto, l’esercito tedesco si rivelò
piuttosto duro, e seppe tenere testa agli inferni di fuoco ed all’infinità di
mezzi dal lato anglo-americano. Inoltre gli inglesi, che avevano regalato mezza
Europa ai sovietici [il finto ‘nemico’ di domani va pur preparato!], dovevano
lasciare agli stessi il tempo di prendersi il loro. Anche con la primavera del
1945, lo sfondamento non procedette in modo rapidissimo, sebbene il destino
delle cose fosse ormai segnato. Gli eserciti non dipendono solo dalla prima
linea bensì, ben più, dalle retrovie. Nelle retrovie, gli anglo-americani
stavano devastando tutto con bombardamenti a tappeto su industrie, vie di
comunicazione e civili. Dove salvarono aziende, erano aziende variamente
collegate ad interessi anglo-americani. Le guerre sono business Non è come al
cinema. I bombardamenti sembra distruggano tutto, indiscriminatamente, sebbene
possano avere precisione chirurgica sia nel distruggere che nel non
distruggere. Distruggono tutto-tutto solo quando lo si vuole. Per esempio, le
vie di comunicazione coi campi di sterminio ed i campi di sterminio stessi coi
loro annessi industriali non furono mai toccati dai bombardamenti. Era
un’attività che faceva comodo a tanti, a tutti [gli inglesi dovevano
distruggere chi voleva togliere loro la Palestina, gli USA ed i sionisti
dovevano distruggere l’ebraismo europeo per poter creare il loro Israele, i
russi erano felici disfarsi degli ebrei rimuovendoli dalla loro parte d’Europa
– i tedeschi, che non avevano un vero interesse loro nel genocidio, si sono
fatti infinocchiare e corrompere dagli anglo-americani]. Pure aziende, o loro
parti, di interesse anglo-americano non furono toccate.
L’offensiva
finale degli Alleati inizia il 9 aprile 1945. Dunque è in quello spazio
temporale che si concentrato, nuovamente, i cannoneggiamenti e bombardamenti
che precedono gli attacchi delle truppe combattenti. Gli anglo-americani
abbondavano in bombardamenti devastanti, sono solo di cannoni e mortai, ma
anche aerei, ed avevano oramai il dominio assoluto dell’aria, prima di far avanzare truppe di terra.
Soprattutto gli americani. Gli inglesi sono più duri, anche ben più dei
tedeschi. Gli americani cercano di evitare di mettere in pericolo loro
militari. Abbondano coi bombardamenti a distanza. I russi, all’opposto,
abbondanti di umanoidi e relativamente scarseggianti di mezzi, facevano correre
i loro soldati sui campi minati per sminarli, e sotto il fuoco del nemico per
far consumare ad esso pallottole. Ma di russi non ve n’erano da quel lato del
fronte.
10
giorni dopo, i tedeschi sono di fatto in ritirata ordinata verso la Germania.
Si sganciano e vengono lasciati sganciare, e se ne vanno. La situazione è
differenziata a seconda dei differenti tratti del lungo fronte, ma ormai il
crollo finale è iniziato. Del resto sarebbe stato un problema pratico avere la
resa di centinai di migliaia di soldati tedeschi in aree italiche. Cosa
facevano, aprivano campi di concentramento per tedeschi in Italia? Hanno già,
poi, dovuto aprire campi di concentramento e sterminio per camice nere. È più
comodo lasciare che tedeschi ed austriaci, ed altri loro aggregati, passino le
Alpi e poi regolare la cosa in Austria e Germania. Intanto, ormai, è tutto finito. Già da tempo i tedeschi hanno
crescenti problemi coi carburanti anche dove abbiano ancora mezzi terrestri ed
aerei potrebbero in teoria usare. Non è come al cinema dove tutto va avanti
come per magia. La logistica conta più dei quattro gatti d’assalto. Appena gli
anglo-americani avanzano ed i tedeschi sono spariti, le truppe italiane
ovviamente si squagliano. Le Camice Nere, ed altri reparti come compagnie di
ventura del tipo della X, devono stare attenti ai partigiani ora che i tedeschi
se ne stanno andando. Per cui restano compatti e si chiudono nelle caserme. Ma
i militari dei reparti regolari della RSI non hanno problemi. Sono coscritti
controvoglia e tutti lo sanno. Chi abbia anche solo la tessera del Fascio non
sta tra loro.
Mio
padre, che non ha mai sparato in vita sua (a parte quel colpo per aria per
‘pulire’ il fucile), e che detestava tedeschi e fascisti (ma anche lì, senza
odio – si è poi trovato a frequentare persone di tutte le fedi, non avendone
lui, ‘saragattiano’ senza tessera, alcuna fanatizzante), aspettava solo di
poter buttare via il fucile e di andarsene. Lo sapevano tutti che era finita.
La guerra non era mai stata una cosa sua. Ti chiamano militare e sei obbligato
ad andare. Tutto lì. Disfattosi del fucile, e di quel che poteva di altri
paramenti militari, pur non potendo restare nudo ad aprile, bastava
raggiungesse La Spezia, che non era lontana, ed era di nuovo a casa. Ma c’erano
alcuni suoi commilitoni che se la facevano sotto. Soli, con le divise della RSI
[dell’esercito regolare della RSI, per cui non ne fregava nulla a nessuno,
neppure a partigiani né ‘partigiani’], ancora coi tedeschi in giro, gli
anglo-americani, i partigiani, e la guerra in corso, avevano fifa a
raggiungere, senza una guida, le famiglie nel nord-nord. Che fa allora mio
padre? Li accompagna a casa loro. Sostanzialmente a piedi. Non ci ha mai
guadagnato nulla, né sul momento né in seguito. Dopo, da solo, allo stesso
modo, sostanzialmente a piedi, torna indietro fino a La Spezia. È incappato in
‘partigiani’ e banditi che l’hanno magari rapinato, ma senza violenza fisica,
di cosette marginali, tipo scarpe o calzini appena migliori dei loro. Non ne ha
mai fatto un dramma. Sono di quelle cose che capitano, se loro hanno un’arma,
anche senza minacciarti brutalmente, e tu non la hai.
Pur
non essendo né forte né grosso, non l’ho mai visto aver paura. L’avrà avuta di
tanto in tanto, ma senza tragediarne. Era sempre un po’ fatalista. In effetti,
se le cose devono succedere succedono. E se non devono succedere non succedono.
Non abbiamo mai avuto grandi conversazioni, per cui non ho mai avuto modo,
neppure l’impulso, di chiedergli sulla paura. Gli ho solo chiesto una volta
sulla morte. Mi ha solo risposto, semplicemente, che quando ti chiama ti
chiama.