domenica 24 maggio 2015

mashal-082.
Essere fuori di testa non è una virtù!

mashal-082. Essere fuori di testa non è una virtù!

by Georg Moshe Rukacs


Clara era nata a Brescia, nel 1965, da una famiglia di impiegati trasandati. Prima aveva frequentato le magistrali e poi aveva studiato lingue all’università. Le prime frequentazioni e le prime scopate la hanno subito collocata tra il solito qualunquismo di sinistra, tra i comunistoidi. Un comunismo da parrocchia. Che significa? Non lo so. Ma non lo sanno neppure loro. Tanto meno lei. Eppure è così... 

Quando incontrò Bruno, un keniota del 1960, lei si disse che doveva provare un negro con un bel cazzone grosso, mentre lui si disse che aveva finalmente trovato una bianca che ci stesse, che ci stesse pure con lui e non solo per qualche scopata occasionale ma per dargliela più o meno stabilmente. Una vera e propria scalata sociale, dal suo punto di vista, la fica ‘bianca’.

Si erano sposati che lei era ancora all’università, a lingue. Mentre lei ancora studiava per laurearsi, era arrivata la prima figlia, Liliana, nel 1985. Poi, Giulia, nel 1988. Infine, Ivo, nel 1991.

Bruno, il marito, un tipo vivace ed intraprendente, si arrangiava nei lavori più vari. Lei, Clara, aveva cominciato ad insegnare, spagnolo, già prima di laurearsi. La casa non portava loro via molto tempo dato che vivevano felici nella sporcizia e nel disordine. Non che occorra poi molto tempo a tenere in ordine e pulito. È che ad entrambi piaceva sporcare e creare confusione. Poi, però, non amavano pulire né riordinare, neppure velocemente.

Lui si aspettava che lo facesse lei, la moglie. Lei non ne aveva alcuna intenzione. Apprensiva ed agitata, Clara non lo era per nulla relativamente alla casa. Per un po’ avevano battibeccato perché lui avrebbe voluto che, oltre a farsi chiavare, lei facesse pure la moglie donna di casa. Lei si diceva che lei era un’intellettuale e che non poteva abbassarsi a pulire ed a riordinare. In realtà, già nella famiglia di origine era abituata a vivere nella merda. Erano, inoltre, entrambi fumatore e fumatrice accaniti. Cosa che aggiungeva sporcizia a sporcizia. Subentrata la routine, nel sesso, e con quei dissapori relativamente alla casa, coll’arrivo del terzo figlio proprio non ne potevano più l’uno dell’altra, per cui si erano separati e poi avevano formalmente divorziato.

Le due figlie, pur piuttosto diverse tra loro, sebbene fossero entrambe prive della logica più elementare, avevano studiato regolarmente ed avevano completato l’università. Non studi tecnico-scientifici, ovviamente. Liliana, la prima, aveva preso la rozzezza e la paraculite del padre. Aveva un’aria sporca e furbastra. Disseminava di sporcizia e disordine pure dove viveva. La seconda, decisamente sul grazioso, era nettamente più pretenziosa ed anche con un po’ di disprezzo per i tipi fuori di testa, pure nella propria famiglia, anche se poi, a livello di cazzi, non è che andasse troppo per il sottile, pur sempre insoddisfatta da quelli da cui si faceva chiavare. ...Come già la madre... Eppure si sentiva e si sognava differente. Faceva la cameriera, la cameriera all’estero, nonostante la laurea. mentre sognava altro, pur sempre nell’area del posto fisso e sicuro. ...Come già la madre, appunto...

Chi era del tutto fuori di testa, e lo faceva subito vedere, sciatto come la madre e pretenzioso come il padre, era Ivo, il terzo. Era stato troppo viziato come il maschietto di casa infine arrivato. Da un lato, la madre, sciatta ma apprensivo-possessiva, lo copriva di attenzioni, come del resto faceva colle due figlie. Ma, con lui, di più. Dall’altro, quando l’aveva vista, dopo la separazione col marito, che scopava con altri, lui ne era restato sconvolto, pur tenendosi tutto per sé, dunque senza manifestarlo.

Vivevano tutto l’anno nella merda. Poi, durante le vacanze scolastiche, pur continuando a farli vivere nella merda, lei si trascinava coi figli in giro per il mondo, in particolare nell’area ispanica essendo lei insegnante di spagnolo. Come compagnuzza, li trascinava nell’area ispanico-compagnuzza, od almeno nei luoghi che la retorica sinistra considera parte del suo universo.    

- “Sono stato a Cuba e tra gli zapatisti”, diceva Ivo. Anche se poi non è che avesse alcuna idea di quello avesse visto od appreso da quelle “esperienze dirette”. Si ricordava solo di avere intravisto, standoci lui male, la madre, sempre alla ricerca del cazzo grosso, farsi chiavare da neri (che lui, nella sua testa, chiamava ‘negri’) e da rudi contadini indios.

Beh, come compagnuzzo, quei luoghi, Cuba ed il Chiapas, facevano parte della retorica sinistra per cui li sentiva, come compagnuzzo, parte del suo universo. Non sapeva perché. Erano solo infantili suggestioni materne, di quelle comunque poi ti restano, se di mente e spirito gretti.

Chissà che aveva visto poi... A Cuba, da latifondisti, i Castro si erano impadroniti di tutta Cuba, sprofondandola ancor più nella merda mentre loro si arricchivano. Gli ‘zapatisti’ se li erano inventati gli inglesi che li manipolavano dal Belize per avere una spina nel fianco contro il Messico. Il Chiapas restava nella merda mentre qualcuno era divenuto ‘grande’ capo guerrigliero, dunque accumulato qualche privilegio e qualche soldo. La madre non poteva vederli questi banali aspetti. Ivo ancor meno. Vedevano pidocchietti inquadrati, non differentemente dalle burocrazie ed eserciti ufficiali. E si dicevano quelli erano il mondo alternativo, differente, migliore, che riempiva il cuore al solo pensarci. Suggestioni da parrocchietta. Quando eviti una parrocchia usuale, è solo per cercarne altre, di solito.

Incapace delle minima concentrazione, e subito in preda a crisi di panico non appena avrebbe dovuto dedicarsi alle cose più elementari, pur studiando nella scuola dove la madre era docente, dunque favorito, Ivo aveva abbandonato il liceo linguistico che stava frequentando (e dove la madre insegnava). I centri sociali gli davano la copertura ideologico-religiosa per dirsi che lui era differente e meglio.

Lavoricchiando, e coi soldi della madre, quando i suoi non bastavano, era andato un po’ in giro per il mondo da solo. Fricchettone e compagnuzzo, gli era facile solidarizzare coi fricchettoni e compagnuzzi anche se poi, alla fine, se sei fuori di testa, ed ancora più fuori di testa della media di quelli frequenti, gli altri facciano spesso a stufarsi e, magari con un sorriso e con buone maniere, a negarsi e, di fatto, a mandarti affanculo.

Dato che le sorelle si erano stabilite a Bruxelles, ecco che anche lui, in realtà eterodiretto dalla madre (che, ansiosa, aveva la mania di dovere controllare i figli, dunque meglio averli concentrati nella stessa città), era finito lì. La sorella più grande, arruffona e sporcacciona come lui, di tanto in tanto lo andava a trovare. La seconda, la fichetta, invece lo evitava del tutto. La madre apprensiva e fuori di testa, gli comprava gli indumenti a Brescia e poi glieli portava a Bruxelles perché lui non era capace di procurarseli da solo, o così si dicevano. In realtà, aveva una decina di paia di scarpe e chili di indumenti di ogni genere che spargeva dappertutto, nelle case dove abitava. 

Riempiva le cucine delle case dove abitava di piatti sporchi in lavelli, fornelli, tavoli ed in altri luoghi. Comprava quotidianamente chili di alimenti che poi marcivano dato che si dimenticava di quello aveva acquistato. Sebbene mangiasse moltissimo, non riusciva a star dietro a tutto quello comprava.

Uscendo di casa, perdeva tutto, dai soldi, ai telefonini, ai documenti. Andando al lavoro, si dimenticava di timbrare il cartellino per cui lo pagavano solo per quello che lui aveva formalizzato, non pagandolo quando lui si dimenticava di registrare la sua presenza. Non capiva perché lavorasse così tanto e lo pagassero così poco. Anzi, lo capiva. Ma se uno è fuori di testa, e non è neppure capace di timbrare un cartellino o di passare un tesserino magnetico...

Tornando a casa, dal lavoro, prima passava dagli spacciatori per approvvigionarsi di cannabis che fumava tutta la notte, fino a che facesse alba.
- “Sono apprensivo, in questo periodo. Fumare mi calma.”

In realtà il cannabis gli aumentava crisi di panico, assenza di capacità di concentrazione, agitazioni e depressioni.

- “Io voglio vivere per qualcosa. Sono un comunista. Voglio fare la rivoluzione. Credo nella superiorità nera, nel potere nero.”
Lasciava sigarette e cicche dappertutto. Idem stoviglie sporche. Idem indumenti sia sporchi che appena lavati. ...Settimane in lavatrice, o gettati umidi su una sedia od un tavolo, perché non era capace di stenderli... Quello era il suo ‘comunismo’, la sua ‘rivoluzione’, la sua ‘superiorità’!

Se aveva un banale problema col computer, gli venivano le convulsioni al solo pensiero di doversi concentrare un minuto per vedere come risolverlo.
- “Tanto ho un amico che me lo fa...” Non era vero.

Se doveva compilare un modulo, non riusciva neppure a scrivere correttamente i suoi dati anagrafici e l’indirizzo dove viveva.
- “Tanto ho un amico che me lo fa...” Non era vero.

Se si svitava un pezzo di una lampada, di quelle col braccio e che si fissano al tavolo con con qualche sistema di avvito, ...con una staffa o come si chiama..., non riusciva a risistemarla. Cose da trenta secondi. Gli veniva il panico al solo pensiero di dover vedere come un meccanismo, un incastro ed un avvito fossero mai combinati.

Un pacco grande di rotoli di carta igienica, comprato da altri, lo consumava in dieci giorni. Uno e più al giorno. Lui non era capace di ricompralo. Si accontentava di rotoli che rubacchiava sul lavoro, quando poteva. Oppure restava senza carta igienica che pur consumava a chili. Tuttavia comprava chili di cibarie ...che dimenticava cucinate e ricucinate nel forno, od addirittura nel lavello coi piatti e le pentole sporche e le cicche che si accatastavano, e sui fornelli esposte all’aria ed agli insetti, od in tutti i luoghi più impossibili. Lì restavano giorni, settimane, pure di più. 

Ovunque passava, sembrava passato un ciclone di arruffo e di sporcizia. Non, ‘sembrava’. Era proprio così e pure peggio.
- “Lavoro troppo. Sono poi troppo stanco per mettere in ordine e pulire”.
Però per passare la notte a fumare cannabis ed a rimestare su facebook... Non era stanchezza. Era il panico che lo pervadeva, e lo faceva tremare e perdere, al solo pensiero di dovere fare qualcosa. Panico!

Ah, siccome la madre gli aveva ordinato di leggere dei libri che gli mandava, ogni notte leggeva qualche pagina, o qualche decina di pagine, dei libri della madre... Romanzetti o romanzoni. Nulla di davvero serio. Qualunque cosa lo avesse mai fatto pensare, gli mandava in tilt il cervello in frazioni di secondo. A proposito... Siccome la madre, abituata pure lei alla sporcizia, apriva periodicamente tutte le finestre  di casa per fare uscire un po’ di odore di sozzume, aveva detto pure a lui di fare così almeno ogni qualche giorno. E lui lo faceva. Non serviva a nulla. Perché se fumi cannabis tutta la notte e lasci sporcizia nauseabonda, cose deperibili quale il cibo è, dappertutto, non serve a nulla far entrare periodicamente pure la puzza dei gas di scarico di fuori. Il puzzo ‘naturale’, di schifezze, dentro casa, si ricrea subito. No, poveretto, non c’arrivava. Glielo aveva detto la madre... Tuttavia, osservando questi aspetti animaleschi di obbedienza alla madre, pur nella confusione esistenziale, inettitudine e panici già accennati, mi venne il sospetto che se la madre, beh un’altra ‘madre’, gli avesse mai ordinato, prescritto... ...del tipo: “Ogni giorno studia analisi matematica e connessi per almeno un’ora. Poi almeno un paio d’ore di programmazione informatica. Provvedi a te stesso, lasciando pulito ed ordinato dove passi. Metti soldi e documenti in una tasca ben chiusa della camicia o dei pantaloni e controlla in permanenza che non fuoriesca nulla. Tieni sempre ben a mente quello che hai con te, ed in mano, e controlla sempre di non avere perso nulla ed in nessun posto. Timbra sempre il cartellino prima di iniziare a lavorare ed alla fine. Etc. etc.” ...ed ecco che lui, bravo pidocchietto, da scemo sarebbe divenuto un genietto, ...forse. Un’altra madre, ho scritto. Perché una sozzetta e trasandata, nervosamente concentrata sul succhiare e gettare sigarette, maniacalmente contro i computers, che panica di fronte a qualunque scienza e tecnica, col mito che per essere colti, anzi appena normali, si debba andare al cinema [sì, al cinema-cinema, quando oggi si trova tutto gratis online!] dove vedere film impegnati [cioè il luogo-comunarismo “di sinistra”, che poi è come quello di centro e di destra! ...o di qualunque altra collocazione o colore, od assenza di colore e collocazione, tanto tra essere e non essere non c’è poi alcuna differenza], cioè che facciano il lavaggio del cervello facendo vedere di farlo anziché quelli troppo ovvi ed in-apparenza-leggeri perché sembra lo facciano, e legger quotidianamente qualche pagina di ‘buona’ [quale è la differenza tra ‘buona’ e non tale?!] letteratura... ...beh, una tale scemotta, non avrebbe mai potuto ‘prescrivergli’ qualcosa di sensato! 

Se Ivo doveva trovare casa...
- “Tanto ho un amico tedesco che me la trova...” Non era vero. Anche gli ‘amici’ poi si stufano di quelli troppo fuori di testa. ...Pure le sorelle...
Dato che non risparmiava nulla, bensì spendeva tutto in cannabis ed in cibarie sprecate, oltre ai soldi che perdeva dalle tasche per trasandatezza, più quello che perdeva per non timbrare il cartellino sul lavoro, non aveva i soldi per pagare cauzioni. Beh, li chiedeva alla madre che tuttavia non è che fosse ricca anche se, arruffona come lui, magari se li faceva prestare in giro per alimentare la trasandatezza del figlio scemo... ...scemo come lei... anche se lei, infine, il “posto fisso e sicuro” lo aveva trovato.

Era terrorizzato di consumare troppa energia e di dover poi pagare un fitto più alto. Lo avevano convinto, facile convincere scemi su scemenze!, che non paghi quello consumi ma che, se superi certi limiti indefiniti, poi ci siano scatti da cento euro e cento euro! Tuttavia si dimenticava il forno ed i fornelli elettrici accesi dato che aveva troppo fretta e trasandatezza di dovere uscire di casa. Appunto, il panico di tutto e tutti lo pervadeva e controllava, e lo rovinava, ci fosse mai stato qualcosa da rovinare ulteriormente in un tale tipo. Al peggio, comunque, non c’è mai limite. 

- “Sono attivo. Sono uno sportivo. Devo andare ad allenarmi a pallacanestro.”
Tutte scuse, come e con tutte le altre, per non saper fare le cose più elementari, di panicare in  permanenza. Infatti, quando aveva un giorno libero, dormiva tutto il giorno. Se ne aveva due, usciva “per fare sport”, “a divertirmi”, “perché io sono uno attivo!”.

Ah, uno che non ci sta con la capa [la testa, il cervello che non ha] perde i soldi suoi ma non è neppure preciso coi soldi altri. O si fa fregare o ti frega, per sciatteria naturalmente, ma ti frega se gli dai dei soldi in più, come successe a me. ...Magari perché panica tropo a fare quattro conti e perché lascia tutti i soldi si trova momentaneamente in tasca a spacciatori ed a supermercati, per cui è sempre col conto in rosso. Panico ed eccessi. Eccessi senza essere geniale [contrariamente a quel che fa credere l’industria propagandistico-pubblicitaria, per cui l’eccesso (l’eccesso di consumi, di fatto) sarebbe automaticamente genio] ma solo troppo banale.

No, essere fuori di testa non è una virtù!