sabato 6 ottobre 2012

mashal-051.Le tre papere, quell’inverno 1996/97, nella gesuitesca LLN e oltre

mashal-051. Le tre papere, quell’inverno 1996/97, nella gesuitesca LLN e oltre
by Georg Moshe Rukacs

Tutto cominciò quando, a febbraio 1997, Sun-ho mi trovò con Li-hu. Era una di quelle giornate tranquille, freddo fuori caldo dentro, con la temperatura e l’ambiente giusto per trastulli da camera.

In realtà, io glielo avevo detto fin dall’inizio, che lei era mia ma io non ero solo suo. Lo ero, ma solo coll’animo. Sarà una legge naturale, ma un uomo lo ha più duro ed ha più voglia se non scopa solo con una. Sempre con la stessa è come la legge dei rendimenti decrescenti. Per cui la pluralità del maschio è meglio pure per la ‘tradita’.

Sun-ho, dopo aver superato i pudori delle prime volte, in cui se ne restava intimidita su cosa fare, o dopo che l’avevo rapidamente ben svezzata, s’era subito rivelata un gran chiavatrice. Non se ne stava lì a cuccarselo, ma si dimenava bene e nel modo giusto di fianchi, cosa in genere le femmine, ed ancor più quelle che s’atteggiano a gran donne o gran puttanone, non era il caso suo con quell’aria così compita e modesta, proprio non sanno fare.

Anche quando strombazzavo in giro, non avevo mai trovato un’altra non solo con la sua purezza e profondità di sentimenti, ma neppure così vera femmina da letto. Le femmine, occidentali soprattutto, tanto più s’atteggiano a gran troie, come sembra essere divenuta la moda dei tempi, da lavaggi del cervello hollywoodiani, tanto più non valgono nulla, a parte starsene lì sostanzialmente passive a cuccarselo. Giusto il vezzo, talvolta, di farsi una montata corsara, dove l’impeto della conquista, oltre che le naturali gioe del sesso, supplisce all’eventuale insipienza di avere a che fare con l’occidentale media per quanto con un’aria fichissima e forme sensuali.   

Lo sapevo che Sun-ho era gelosissima, eppure lasciava perdere quando restavo evasivo alle sue insistenti domande di cosa facessi quando lei non era con me. Studiavo un sacco, non è che pensassi solo alla fica. Lei colla sua aria da finta sottomessa mi diceva: “Va bene..., ...me lo hai sempre detto che ami la libertà...” Non era questione di libertà. È che, ...davvero... ...una donna basta che si metta lì e se lo cucchi. Un uomo bisogna che se lo senta pieno di voglia e passione. Sollazzarsi in giro, aumenta, in un uomo, la passione con chi s’ama e si desidera davvero. Comunque, nonostante quelle sue commiserazioni, o finte commiserazioni, Sun-ho si faceva sempre più passionale. O, al sentirlo lei ben duro e passionale, sembrava poi a me che anche lei, godendosela alla grande, fosse più passionale. In fondo, l’amore è una interazione. Dai e produci. Ricevi e ridai. 

Probabilmente, Sun-ho credeva che le lasciassi intendere che magari strombazzavo pure in giro per rendermela più attaccata e sottomessa, ed in cuor suo sperava non fosse vero. Sta di fatto che, quando mi ha trovato con Li-hu – per colpa sua perché era un’ora nella quale non doveva proprio venire, le 2 del mattino –, è diventata tutta rossa, e poi di mille altri colori ben più cupi, e quasi non la ammazzava.

La ho lasciata fare perché mi ha sempre affascinato vedere due donne scannarsi per un maschio, specificamente per me. La ha proprio ridotta male, alla povera Li-hu... Senonché, Sun-ho ha poi preso l'aereo ritornandosene, a suo dire per sempre, in Asia. 

Com’era nera ed offesa! E tuttavia l’avevo rimessa sotto e, quasi a forza, l’avevo rimontata alla grande. Nonostante il suo corpo se la fossa ben goduta, era restata offesissima e se ne era subito scappata all’aeroporto. Sì, doveva essere proprio nera, nerissima. Lo seppi più tardi che s’era chiusa in convento, ce ne sono anche in Asia, dove aveva partorito una bimba deliziosa.   

Visto che lei era sparita, riandai a cercare Li-hu, con la scusa di vedere come stesse. Era una gran bella e gustosa fichetta... Tremava ancora di paura. La rassicurai che Sun-ho se ne fosse andata per sempre. Più che rassicurala, glielo feci un po’ cadere dall’alto. Lei lo percepì come fosse colpa sua. Comincio a dire tutta agitata: “Ecco è colpa mia!” “Però, potevi dirmelo che eri già impegnato...”

Le feci un po’ di sceneggiata. Del resto, anche lei stava facendo sceneggiate per fini vari. Una femmina le fa sempre per sapere, e poi per fare sui giochetti. Le dissi che appena l’avevo vista avevo perso la testa, che nessuno poteva resistere ad una bella come lei. Tra l’altro non c’era nessuno quando ora la andai a trovare. Abitava con altre ragazze. Verosimilmente a quell’ora erano a scuola, all’università. Col campo libero... ...approfittai dell’occasione. La presi tra le braccia. La spogliai e la ripresi.

Non voleva in realtà, o così diceva. Iniziò con le solite storie: “Lo sai che... ...credevo fossi libero e volessi sposarmi... ...lo hai visto che mi ero concessa proprio e solo a te...” Sì, insomma, la solita cinese che non la dà e che cerca da accasarsi, alias in cerca di padrone. D’altro canto, forse, pensava ancora al trauma di Sun-ho che ci aveva sorpresi e l’aveva pestata. Ma poi volle, dopo che l’ebbi eccitata a dovere dappertutto, e se la godette. Appunto, la solita cinese in cerca di padrone, oltre che di farsi ben chiavare, per quanto spesso si accontentino di chiavate mediocri con mediocri dalle e delle parti loro!

Intanto era arrivata una. L’avevo intravista che sbirciava sentendo il trambusto delle nostre attività da letto. Sbirciava sia per vedere che per evitare di farsi avanti nel momento sbagliato forse, se cercava la bimba che era con me. Poi, s’era ritratta limitandosi a sentire. Era bellina, con un faccino candido e l’aria di quelle che fanno le modeste ma con un bel culetto ed un bel portamento, almeno per quel poco che avevo potuto vedere, di riflesso, mentre ero occupato nelle attività da letto con Li-hu. Al che, avevo proseguito con più vigore con Li-hu, perché fosse più chiassosa, non che lo fosse moltissimo, nelle sue vocalità orgasmiche.

Quando avevamo finito e la tenevo lì contro di me, l’altra si fece avanti. Appena Li-hu la intravide, si cacciò sotto le lenzuola e contro di me come a nascondersi sotto o dietro me, e mi sussurrò:
- “Digli che non ci sono!”
Quando l’altra, tutta rossa, per quanto possa essere rossa una cinese che cerchi di fare l’indifferente, mi chiese di Li-hu le dissi un netto ma un po’ sarcastico:
- “Dice che non c’è...” mentre le facevo segno cogli occhi che era lì. Lei arrossì ancora di più ma con quell’aria da finta indifferente si ritrasse. In quei pochi attimi, sarà stata la sua voce, quella sua aria, la sua dolcezza, il fisico che m’eccitava, m’era ridivenuto duro.

Li-hu che era proprio ‘nascosta’  nei paraggi del mio coso, appena l’altra se ne fu uscita dalla stanza ed andata a chiudersi nella sua, mi guardò con aria sarcastica:
- “Ecco lo vedi che sei proprio innamorato di me...”
- “No, è stata la vista di quella tua amica...”
Rossa di imbarazzo e d’un po’ di stizza mi disse:
- “...Ma è la mia sorella minore.”
Cercai recuperare:
- “Ecco, perché mi sono eccitato... ...anche lei, come te, è bellissima.”
La prese male:
- “Ecco lo sapevo, sei solo un donnaiolo, uno che corre dietro a tutte le sottane.”
- “Mannò”, le feci, “...se nella tua famiglia siete tutte bellissime...!” E cambiai discorso: “Guarda che l’ha visto che sei qui e che hai fatto l’amore con me.”
Al che, lei:
- “Oh, sono rovinata... ...che cosa penserà di me?!”
Continuò, dopo un attimo di riflessione:
- “...E se lo dice ai nostri genitori... ...oh, tu non puoi saperlo... ...poi non mi sposa più nessuno...”

Sì, insomma faceva i soliti discorsi, anche se non li fanno espliciti come me, bensì solo vagamente accennati, che o le vendono al bordello a 12 anni oppure devono tenerselo stretta fino a che non trovano marito perché sennò nessuno le vuole. Non che sia del tutto vero, perché poi dipende dagli ambienti e da tante altre circostanze. Ci sono ambienti in cui la cosa vale, ed altri in cui non conta nulla. Però, a loro piace contarsela.

Ad ogni modo, mentre pensavo alla solita teoria e realtà dei doppi (le cose che mi capitano sempre doppie) applicata al caso specifico che stavo vivendo in quei momenti, passai a pensare come averle tutte e due in contemporanea. Le riandai sopra e dentro e dopo averla fatta un po’ sussultare, mi interruppi e le dissi serio serio:
- “Certo, che se lo dice ai tuoi è proprio un bel disastro per te... ...lo sai cosa faccio, anche e mi sono innamorato di te, me ne vado e non ci vediamo più...”

Ed intanto glielo spingevo lento mentre facevo il giochetto dell’induro (usare la parte volontaria della muscolatura del pene per farlo come pulsare; si trasmette come una scarica al muscolo che lo fa indurire di più per un momento e per tutti i momenti in successione che si vuole), cose che alle femmine produce una ulteriore sensazione piacevole.

Riprese con la solita sceneggiata:
- “Ecco lo vedi, te ne vuoi andare con le altre...”
- “Ma come puoi dire queste cose”, controbattei, “non lo vedi come ti voglio...” e continuavo a passarglielo lento ed a farle sentire scariche d’induro nella sua fichetta piccolina e tesa che se lo godeva proprio tutto.

Le chiesi:
- “Ma tu le vuoi bene a tua sorella?”
- “Certo, è mia sorella!” mi rispose.
- “Sei gelosa di lei?”
- “No, che non la sono! È mia sorella!” rispose.

Le buttai allora lì:
- “Guarda, mi sacrifico per amore tuo... ...lo sai cosa facciamo... ...diventiamo amanti, ...io, te e tua sorella... ...così sei sicura che non lo va a dire a nessun.”
Mi dette dei pugnetti sul torace:
- “Ecco, vuoi tradirmi con mia sorella!”
- “Mannò, lo faccio solo perché tu stia tranquilla e così siamo tutti più felici e quieti! ...È davvero l’unico modo!”
Le montai sopra è la feci sussultare di godimento. Io evitai di venire. Mentre lei gridolinava:
- “È troppo! È troppo! Mi fai morire... È troppo...”

Senza dilazioni le dissi netto:
- “Ora prendo tua sorella. ...Vai di là e mandamela!”
- “E come faccio?” mi chiese.
- “Vai di là e me la porti qui... Poi resti qui mentre le faccio la festa... ...se sei gelosa vuol dire che non ami lei e che non a ami me... ...in tal caso me ne vado e non ci vediamo più!”

Mentre s’avviava lenta, a passettini:
- “Fa presto, che sennò me ne vado per sempre!” Del resto la sorella l’aveva sentito che la sorella si sollazzava. In quei casi, una femmina sogna di esserci lei al posto dell’altra che se la gode.

Quando la sorella arrivò con lei:
- “Dai vieni un momento... ...ecco... ...non so come dirtelo... ...amo tua sorella ed appena ho visto te mi sono innamorato pure di te...” e la tirai verso di me per farle sentire il contatto della pelle e del mio corpo mentre con le mani la accarezzavo prima sopra, poi sotto i vestiti, per arrivarle il più rapidamente possibile attorno e sulla sua righetta.

Nessuna femmina, se almeno un po’ attratta, sa resistere all’eccitazione in tutte le sue più decisive zone erogene... E lei, dal momento che ci aveva sentiti, non faceva che pensare al cazzo... Prima cercava un po’ di ritrarsi sebbene più sul paralizzato, una paralisi da cose del tutto inaspettate. Dalla paralisi passò all’imbarazzo, imbarazzo di eccitarsi per quei contatti e quelle carezze. Infine si lascio spogliare a tirarsi su di me sotto le lenzuola. Intanto avevo ritirato pure Li-hu accanto a me. Trovai il modo di cavalcare Li-hu fino a farla venire mentre dedicavo uno speciale trattamento di labbra alla cosetta della sorella che se ne stava, col suo culetto e la sua cosetta propria sopra la testa di Li-hu. Fatta venire Li-hu, mi dedicai a far la festa nel modo più delicato ed eccitante alla sorella, che intanto era bagnatissima e pure un po’ sconvolta per avere assistito alla trombata della sorella. Me la trascinai sopra, le entrai lentamente da sotto, e poi, quando il mio coso fu ben entrato, ci rotolammo sì che lei finisse sotto per una bella cavalcata per far ben godere lei e per venirle dentro pure io. Veramente gustosa pure la sorella, turbata (da quella situazione del tutto imprevista ed a tre) ed eccitatissima, nello stesso tempo, ed infine ben fatta e goduta.         

Della situazione psicologica e personale di Ester, già sapevo. Non solo avevo le mezze frasi carpite a Corinne le volte che aveva deciso di sparire, con me, qualche pomeriggio, per vendicarsi dell’assenza e della quasi indifferenza che Claude ostentava, secondo lei, nei suoi confronti. Ci sono donne che nel silenzio della notte tacciono come per non rompere l'immobilità e l’omertà del buio e delle stelle, e che al contrario, nel tardo pomeriggio, prima di andarsene, e mentre le vezzeggi e sfiori la loro pelle per indurle ad attardarsi ancora, dopo l’amore, o nell’attesa di rinnovarlo, si sentono in dovere di rispondere alla tua presenza, fatta di sensazioni e non di parole, con le loro parole, raccontandoti tutto di tutti, ed è allora facile indurle a soffermarsi più sull’una o sull’altra persona di cui raccontano.

Ma in più, di Ester, avevo intercettato la sua cassetta e-mail, gli interi file ‘in’ e ‘out’. Clara, straordinaria navigatrice delle reti informatiche, non aveva saputo dirmi di no neppure in questo e mi aveva dato tutte le ‘dritte’ che servivano per entrare senza lasciare mie tracce dove avevo bisogno di entrare, e per succhiare dal dischetto, che in questa stravagante facoltà conteneva i file della e-mail, ciò che solo lì poteva trovarsi.

Più interessante, psicologicamente, ben più intricata ed intricante, della e-mail della spagnola che si interessa agli amori delle sue amiche e che descrive le sue giornate di studio, o del peruviano che proclama la durezza della UCL, o del triestino che lecca il culo ai suoi professori italiani oltre che locali, o del magnifico esemplare nicaraguense che si lamenta che il marito non la chiavi abbastanza e che poi ti corre sotto il naso per mostrarti che le sue natiche sono perfette, e lo sono veramente, come lo è tutto il resto. È pure differente da quella della berlinese originale che ostenta orgasmi su video ed in gola mentre legge sullo schermo, mostrando in realtà, al di là delle intenzioni, non un amore vero altrove, ma un amore uso esterno per crearsi una immagine pubblica e per la sua auto-sublimazione.

Nella e-mail di Ester c’erano due elementi: la tipica circolarità paranoica e la paranoia delle e-mail in sé. La circolarità paranoica è nei contenuti. Lui è un ansioso che cerca di ostentare indifferenza mentre la insegue. Lei si lascia inseguire senza concedersi veramente, ma anzi accentuando la distanza più lui cerca di avvicinarsi. Ester è una che deve sentirsi desiderata ma ha paura, anzi terrore, di essere posseduta e di possedere. Così, nelle sue e-mail, c’è una logica da burattina a burattino, e da burattino a burattina. Ordinaria, ripetitiva, come una chiavata continuamente tentata dove lui non viene e dove lei resta con un senso di disgusto, ma dove ognuno deve e vuole riprovare, pur sapendo che la volta successiva non finirà meglio. Divorata dall’inespresso, lei, e disposto a subire una che ha terrore di esprimersi e di darsi, lui. La paranoia della e-mail in se è nel fatto che la e-mail con un ‘maschio’ è la facciata che Ester si è costruita di fronte alle altre ‘donne’. Da un lato può vantare un ‘maschio’ che la vorrebbe al punto da tenere con lei una fitta corrispondenza, sebbene talvolta la mostri a qualche sua ‘amica’ per trarne comune dileggio: ...purtroppo questa è la qualità dell’esemplare. Dall'altro è una scusa per fuggire da dove abita, in orari in cui la biblioteca è chiusa o non ha lezione, o non ha impegni col pretume. Fugge dalla realtà delle altre donne come fugge dalla realtà del maschio. In verità fugge dalla realtà di sé stessa, che non ama, anzi che detesta.

Incredibile, è vero! Senonché a volte capita che la realtà possa superare la peggiore immaginazione. Non lo so... Non lo so... Ma che girassi con la scorta, che abitassi in un fortilizio di cemento armato e ben difeso, che tenessi qualcuno sotto tiro, o che qualcuno ci tenesse me, che dessi ordini che dovevano essere eseguiti, o che qualcuno li desse a me, che mangiassi orate od un caffellatte con pane e biscotti, che digiunassi, o che seduto su un pavimento, o per terra, consumassi un pezzo di pane, o nulla, che viaggiassi nella notte e nei bui del mattino, non mi sono mai sentito differente, meglio o peggio, più in alto o più in basso. Persino il sorriso ironico, oppure di simpatia e di compiacimento, degli altri, la compagnia o la solitudine, le altre mille esteriorità, possono forse svilirci o nobilitarci, se non siamo noi che abbiamo qualcosa dentro noi, o che non la abbiamo?

Evidentemente ci sono persone che dentro non hanno nulla o che non vogliono avere nulla. La stessa logica delle e-mail Ester cerca di costruirsela nella realtà dei luoghi dove viene a trovarsi. Il maschio lo accetta solo come non-maschio, cioè come essere da compatire che accetta la sua logica sadomaso. Lui deve annientarsi. Lei deve mostrarglisi suadente dominatrice che lo degna ora di sberleffi, ora di compassione irridente. Lui deve subire e lasciarsi divorare dalla logica ansiosa e nevrotica della colpevolizzazione di non poter avere un essere che gli si mostra a portata di mano ma che quando lui tenta di prendere si sposta un po’ più in là. Ester resta sempre prossima, eppur sempre un po’ troppo scostata perché il burattino possa prendere la burattina. Se il maschio resta maschio e non burattino, e dunque la rifiuta, o si limita ad osservare con distacco la sua teatralità nichilistica, è allora lei ad andare in sbattimento totale, perché lei lo vorrebbe con tutto il suo cuore e tutto il suo corpo, ma il suo cuore ed il suo corpo non ne sono capaci: la pazzia li blocca e lei dalla sua pazzia non vuole liberarsi, evidentemente.

Il gioco sadomaso del burattino-burattina, Ester lo ha riprodotto, nell’inverno-primavera 1997 con Bibendum, ricercatore vallone, che forse non si rende conto di tutta la fica che c'è nel mondo e che lui potrebbe avere semplicemente domandando. Il ragazzotto non è privo di qualità. Generoso, altruista, servizievole (che gli idioti e le idiote prendono per debolezza), voce profonda che tuttavia diviene grossa e grossolana per celare la timidezza e le inferiorità che si crea nella sua testa, intellettualmente concreto, spiritualmente sognatore. Il tipo che pensa a comprarsi una casa ed a mettere i soldi alla posta, procurarsi una moglie e produrre un paio di bimbi, ma che nello stesso tempo vorrebbe imbarcarsi ad Anversa e sarebbe disposto a fare il mozzo pur di raggiungere luoghi remoti ed esotici, nuovi, differenti. La pancia non è mai stato un ostacolo a chiavare per chi, anziché tormentarsi in inseguimenti impossibili, metta, freddamente e senza arrossire, la mano tra le gambe o sui fianchi di fiche cui valga la pena metterla. Una percentuale di ceffoni, non troppo forti, è del tutto inevitabile. Il no al primo tentativo è una prassi usuale. Ma poi, una percentuale non irrisoria di femmine sì trattate si offende se non passi alla fase operativa. Naturalmente occorre individuare la propria tipologia di fattibilità, che non è una tipologia di qualità apparente ma essenzialmente di tipo psicologico-caratteriale. È una questione di intuito animalesco, di sano istinto, cose non meno nobili delle finte civilizzazioni e razionalità.

Che originali quelle confuciane all’estero! ...L’anno prima in Inghilterra. Min, Sud Corea, dopo che mi aveva quasi (senza quasi) svillaneggiato perché non le avevo detto nulla, sebbene il primo giorno, al bar, mi fossi subito seduto affianco a lei ed all’altra, ed avessi continuato a guardarla ed a parlarle. Poi l'incontro da Tesco. La sua aria smarrita tra i cartelli della mercanzia alimentare britannica. Io che le dico: “Avrei piacere di vederti”. Lei che lo ripete, per ciò che la riguardava. ...Ma dopo il fine settimana che lei doveva dedicare alla corrispondenza. Poi il bar, il suo elegante e compatto dizionarietto bilingue, piccolo e lungo, e su carta sottilissima e forte. Io che faccio il corteggiatore serrato e lei che finge di non capire. E che poi mi dice che nella sua cultura ci sono delle regole. Che qualche volta si può anche non rispettarle ma che ci sono. Poi la volta successiva, ma più distante, più formale. Ed il venerdì che io, facendo violenza a me stesso, resto a guardare nel vuoto, ma con una certa indifferenza ed eleganza, lei che si attarda volutamente finché resto l'unico europeo in una selva di asiatici. Poi la raggiungo. E lei che mi dice che quel fine settimana era occupatissima con la sua comunità nazionale. Mossa di raffreddamento, cui io rispondo con un largo ed apparentemente totalmente franco sorriso e me ne vado. E poi il lunedì me la ritrovo affianco, raggiante. Io mi chiedo: “Ma cosa vuole questa”. Ma Mikkò, acuta osservatrice, evidentemente, e che già ci aveva visto, avendola noi incontrata, il primo giorno che la avevo invitata, mi fa, quasi senza malizia: “Ha veramente un'aria appagata e soddisfatta affianco a te...” Ed io che mi dico: “Boh, chissà cosa ha da essere soddisfatta, non essendoci visti. Lo sarà da altra fonte, eventualmente...”. Ed invece aveva ragione Mikkò. Lo ho capito quando poi, più in là ci siamo rivisti. Mille dettagli, che uno per uno forse significano poco, ma che tutti assieme fanno la differenza. In camera sua, sopra il suo letto aveva appiccicate le foto dei suoi familiari. Già questo mi ha dato subito la dimensione di un'incredibile tenerezza. Poi la sua modestia: “Non è vero che sono molto bella... Sono del tutto comune... Evidentemente dici questo perché ti piaccio... Guarda che sono soltanto un'insegnante...”. E così via. Qualunque cosa facesse la faceva con amore. Può sembrare banale dire, o sentire, se non se ne è avuta la percezione, che se ti dava un tè o una tisana, per esempio una sua qualche tisana amara che dubitava potesse piacere ad altri, non ti preoccupavi del sapore apparente perché era piena di amore che immediatamente ti pervadeva. Se ti imponeva un panino, che non volevi, non era più una imposizione. Ma guardavi come lo faceva, come te lo dava, il sapore che la sua creazione aveva assunto. Non era più un panino. Era amore che prendevi, che volevi, che non potevi non volere. Femminilità pura. Incapace di parlare di altri. Incapace di parlare di sé stessa, generalmente. Non sapeva veramente parlare male di qualcuno. E siccome il confine tra parlare bene o male non esiste, quando si parla di qualcuno, il non parlare male degli altri era non parlarne. Tutto era nei comportamenti. Quasi nulla nelle parole. Se le chiedevi del suo breve viaggio a Parigi, di qualche mese prima con la sua amica, e le scappava detto: “Sono proprio belli gli uomini francesi!”, e se tu le rispondevi: “Voglio il tuo amore, anche se non sono bello come tu dici essere i parigini”, subito ti si gettava addosso e ti avvolgeva con dei riparatori: “No, non è vero, sei bellissimo”. Non so... Ma il suo tono ed il suo accoramento erano sinceri. Totalmente sinceri, senza ombre. A volte mi è capitato di sentire, in occidente, delle femmine, che pur si accompagnavano a dei ragazzoni che sembravano fare la loro figura, dire ad altre femmine: “Oh, guarda di chi mi tocca accontentarmi...”. Cosa che le confuciane strette che ho conosciuto non avrebbero mai profferito, e neppure pensato. La volta che all'amica di Min cercai di baciare la mano, innocentemente, dopo averle dato dei fiori, come a Min, per farmi scusare del tempo che avevo fatto loro perdere causa le lungaggini di una mia fermata alla banca, fece un balzo indietro sottraendosi, arrossendo tutta e dicendo: “No, no, scusa ma sono coreana.” ...Sebbene fosse cattolica. L'ultimo giorno che ho visto Min mi aveva confidato, come gesto di tenerezza e di amore, ma tutto finiva per essere tenerezza ed amore in lei, che era venuta via, per un anno, dal suo paese anche come fuga dalla sua famiglia che continuava ad assillarla affinché si sposasse, avendone già l'età, ma che lei non aveva trovato chi avrebbe voluto come marito. Poi mi ha telefonato, la sera prima che me ne andassi. Dopo più nulla. A parte quel biglietto di amore, alla mia prima partenza, quando restai nel paese. Ed a parte il suo: “Ti amo”, in tedesco, l'ultima volta che la ho vista, prima che io prendessi il treno. Lei restava lì. Io me ne andavo di lì in un luogo col mare in mezzo, sebbene non moltissimo. Non potevo e non volevo chiederle nulla di definitivo, sebbene ci avessi pensato... E Mikkò andatasene via, solo logisticamente, dal marito nel momento in cui la figlia era andata negli USA, eppure senza ricerche di soluzioni in loco. E Bee, la mia compagna di Esercitazioni, obbligata poi ad andarsene perché irritata dal fare rude di un insegnante scozzese dal cognome irlandese. Quando sia l'una che l'altra mi avevano detto: “Ma se ha te interessa una femmina inglese, non hai bisogno di ingegnarti a trovare le parole. Ma con gli occhi che hai tu e lo sguardo che hai tu, basta che la guardi negli occhi, vai verso di lei e la prendi...”

Ester, abituata a sfuggire i maschi, il padre che lei ha sempre vissuto male sentendosi tradita nell’affetto e nella fiducia che lei avrebbe voluto avere per lui e da lui, si è creata rifugio nella madre, le altre donne, che in realtà non la ha/hanno mai trattata meglio ma solo in modo più sottilmente ipocrita ed infido. Lei lo sa. Ma se lo nega. Al padre lei ha sempre rimproverato una preferenza per i figli maschi. Mentre la madre, che dal padre non era differente, è stata per lei l'ultima spiaggia per evitare la disperazione totale ...o una  sana e netta ribellione che rompesse colle logiche delle recriminazioni e delle ripicche. Infatti, le altre donne che lei cerca, sono poi non delle donne ma degli equivoci esemplari come le altre due papere. Non è neppure mai riuscita a fare la scelta di una solitudine vera che, attraverso la negazione di compromessi più nevrotici delle situazioni che vorrebbero gestire, le permettesse di parlarsi, di conoscersi, di fare i conti coi propri desideri, di crearsi un presente ed un futuro.

È proprio nella solitudine che si può scoprire l’altro, l’altra, e soprattutto che si trovano delle persone straordinarie, straordinarie sia come persone che come amori. Così, evitate pure le altre donne, le sono restate le ‘donne’ che lei considera sue ‘amiche’, da cui, inevitabilmente, si subisce tutto. L’ultima spiaggia della sua mamma... L’ultima spiaggia delle sue ‘amiche’...

Qui, a LLN, il problema di Ester si chiama Lara, la sua ‘amica’ e connazionale. Sia l'una che l'altra fanno le damine di carità cattoliche. Per Ester, divenire cattolica è stata un dispetto al padre che, non avendo il coraggio di contrastare apertamente, ha voluto colpire attraverso, lo screzio della conversione. Ed anche un bisogno di conformismo. Si sentiva già diversa in tante cose, che non sopportava anche la diversità, che lei percepiva negativamente, della religione. Per [non] uscire da una alienazione ha aggiunto alla alienazione del padre, l’alienazione derivante da un’altra struttura totalizzante ed autoritaria che le impone regole, divieti, senso del peccato, culto dello spirito gregario, falsità ed ipocrisie. Non contenta di un solo autoritarismo ora ne ha due: il padre interiorizzato ed il padre-Chiesa.

...Benché non siano mai le chiese ed i padri, od altro ed altri a tiranneggiarci, ma siamo noi che accettiamo, se non addirittura chiediamo e supplichiamo, di farci tiranneggiare e che dunque ci scegliamo chi ci tiranneggi. Nulla e nessuno hanno potere su di noi se non siamo noi a darlo loro. Ma del resto, se incapace di ribellarsi al padre ed alla famiglia, le occorreva solo qualcosa per fare loro un dispetto, seppur grande, non poteva che celarsi dietro una burocrazia quale quella pretesca. Il classico farsi del male per far del male agli altri: è la logica dei suicidi o tentati suicidi. Invece, per Lara, il cattolicesimo militante è il prolungamento naturale dell’ambiente in cui è cresciuta e della sua insicurezza e debolezza caratteriale, che esprime attraverso il bisogno di fare la capetta, quando ne ha l'occasione, cosa non difficile essendo piuttosto diffusa, tra il pretume ed il parapretume, la specie degli insicuri/e e degli ansiosi/e maso, dunque disponibili ad accettare una insicura sado come bossetta.

Lara è il tipo contadinotto tondeggiante nei punti giusti, seppur con tendenza allo sfatto rapido, voglia di chiavare ma bisogno di strizzarti prima le palle per dirti che lei è una gran donna e tu nessuno. Per cui, alla fine, il bisogno di chiavare vorrebbe realizzarlo dopo aver tagliato lo strumento necessario all'operazione... Eppure le permane uno spirito di naturalità contadina. È il tipo autoritaria e castratrice col suo uomo, se ne ha uno, e, nello stesso tempo, il tipo di persona che sogna che un macellaio la sospinga colla pancia nel retro, la sbatta su un tavolo, si scosti il grembiule insanguinato, sbottonatosi i pantaloni la faccia un po’ sussultare, e finita la cosa le strizzi le chiappe con una manata mentre con voce grossa le dica volgarmente: “Ti è piaciuto eh?!”, con lei è tutta rossa in viso e lui lo ritira e si riabbottona i pantaloni. E che poi le faccia un piccolo sconto sul prezzo dicendole: “Beh, te lo sei meritato... e mi saluti suo marito, ...signora, ha! ha! ha! ha!”

Sovente, Lara si veste in tenuta ginnica, crede lei. In realtà, ha l'aria da sguattera di un ospedale per malati terminali. È il tipo di persona che si potrebbe di trovare sull’ingresso di una camera a gas con fogli e tavoletta per scrivere sotto braccio, mentre qualcuno suona o fa ascoltare Mozart, ed a sollecitare, con un sorriso smagliante, ad affrettarsi perché i posti sono limitati e lo spettacolo sta per iniziare, e che, dopo aver chiuso la porta stagna, urli: “Bastardi!”.

Corinne mi ha confidato che a Lara piace urlare sguaiatezze, in compagnia delle sue ‘amiche’, sotto le finestre di persone su cui non riesce ad averla. Un modo per ostentare superiorità (la sguaiatezza in presenza del suo entourage) mentre è inferiore (sia perché le finestre sono più in alto di lei, sia per il fatto in sé di fare questo genere di cose a quel modo).

Quando si dà un contegno più formale o professorale, e quando sta a digiuno [digiuno-digiuno, di mangiare, perché, almeno lì a LLN, di cazzo sembrava di quelle che stavano sempre a digiuno... ...non so in patria...] per qualche settimana, Lara non è orrenda alla vista, benché il viso tenda ad ingrossarsi e ad espandersi nelle fattezze matronesche di una cinquantenne ormai fuori gioco. Infatti, ha la tendenza a mangiare troppo per trovare nella gola un appagamento che neppure nelle malvagità trova veramente. Ha un sorriso aperto e cordiale, da chi cerca di sedurre psicologicamente il mondo. Ha anche un certo senso dell’umorismo ed una intelligenza semplice quanto veloce. Comunque a Demografia, a giudicare dal tempo che dedicano alle e-mail, alle attività religiose e sociali, ai pranzi ed alle cene, ad andare in giro, ed alle fantasticherie, evidentemente o sono tutti geni e genie o non devono essere eccessivamente caricati dai loro docenti che verosimilmente cercano di risolvere l'apprendimento nelle ore di lezione e di esercitazione. Non che in altri dipartimenti gli studenti vengano frustati ma poi, inevitabilmente, i nove mesi del terzo ciclo divengono 12 o 18, od anche 24, e/o si risolvono in esami o lavori preparati frettolosamente. Benché ci sia da dire che a LLN sia Demografia che Développement sono stati sdoppiati in due anni, mentre nel Regno Unito sono dei normali corsi postgraduate di un anno. Infatti, alla UCL, sono stati concepiti come corsi per neri e per latino-americani, dunque per persone giudicate inferiori, cui necessita un tempo doppio per l'apprendimento.

La Vallonia è una strana terra, tra le più sottosviluppate, e luride, d'Europa, dove però, perché un tempo ebbero qualche colonia, pensano di essere un grande Stato del Nord-Europa e che può permettersi di trattare le altre razze e nazionalità (neri, ispanici, italiani, arabi, etc.) come inferiori. Prenderlo nel culo dagli inglesi di cui sono creazione e colonia, e sotto-Casa Reale, rende baldanzosi. Sarà l’effetto-cazzo-in-culo, senza riferimenti al frocietto DiRupò (quello ben connesso cogli Squadroni della Morte delle Polizie Segrete della Corona da cui è coperto) ora fatto finto capo di un finto governo mentre il Belgio non esiste più come vero Stato unitario. Resta la monarchia, una monarchia di origini germaniche come l’inglese. Ma le varie comunità già belghe vanno ognuna per i fatti suoi dopo che i fiamminghi si sono definitivamente stufati di dare soldi ai luridi ed arroganti francofoni. Infatti, non ne danno più. Anzi, si stanno risarcendo prendendosi territori.

Per ciò che concerne gli italiani, ci sono anche delle altre dinamiche, rispetto alle femmine. Se una femmina del loco (ma la cosa vale anche per le fiamminghe) sa che sei italiano, basta che ti sorprenda a prenderle le misure, o che ti mostri un minimo cortese, che poi si offende se non la chiavi, o se non le chiedi di farlo. Non c’è fiamminga, anche sposata, cui abbia rivolto la parola che, sapendomi italico, non sia immediatamente divenuta congestionata nel viso ...e bagnata tra le gambe. Evidentemente gli italici, venuti a lavorare qui, si sono creati (o è stata loro creata) la fama di metterlo non importa dove, purché respirasse... Boooh! E tuttavia, evidentemente, pure belgi e belghe sono caratterizzati da un tale sottosviluppo culturale ed umano da comportarsi come si comportano. ...Un paese contadino che, pur uno dei pochi centri dell’industrializzazione all’inglese, è restato, o ridivenuto, così profondamente e grettamente contadino. ...Non il contadino florido e felice, il contadino senza campi e senza vita contadina... Appunto, la Vallonia ed annessi. 

Invero, LLN, quel paesone-università, era ancora più strana. Lo vedrò appieno più tardi, sebbene già allora avessi raccolto non pochi e tutt’altro che secondari elementi. Gli inglesi hanno sempre fatto coi gesuiti, come cogli ebrei, cogli islamici e con tutti gli altri. Gesuiti... Prima gli inglesi li perseguitarono. Erano ispanici... Poi, quando furono perseguitati da Napoleone (o così sembrava; ...ci sono anche altre versioni...) e loro non apparivano più ai britannici come agenti ispanici, dato che la Spagna era stata liquidata come Impero, ecco che gli inglesi accolsero i gesuiti e le loro accademie. E se li misero a libro paga per la sovversione europeo continentale. L'Inghilterra è sempre stata il centro del terrorismo mondiale. Pensate a Mazzini, il sanguinario terrorista genovese al soldo del governo inglese... 

Ecco che le università ed i centri gesuiti, l’UCL di LLN inclusa, divennero, fino ad oggi, centri para-britannici di diffusione di sotto-culture sotto-sviluppiste. Se formi i vari livelli delle classi dirigenti che terranno, con ‘solidi’ fondamenti teorici, sottosviluppati e marginali i loro Stati e regimi... Ragazzotti e ragazzotte strapagate di famiglie di boia, più nuove reclute dirette anche da classi più basse, che vengono formati nella fede che i loro studi, lautamente finanziati da borse di studio (se di famiglie non abbienti), si tradurranno in posizioni strapagate o mediamente pagate per loro, mentre applicando le teorie e le pratiche apprese tutto continuerà come prima ed i loro Stati resteranno cagnolini poveri agli ordini dell’Impero... L’Impero è felicissimo, le oligarchie indigene ed i gesuiti ci mangiano alla grande, mentre il popolo continua ad essere inculato e senza speranza.

...Gli stessi ‘comunisti’, ‘che hanno studiato’, dicono loro che non c’è altro da fare... Lo hanno appreso nelle università francofone od in altre... ...Pure a Cambridge o negli USA, ed in tutta la rete dell’Impero nel mondo...

Alla fin fine, nei centri dell’Impero tutto continua ad andare avanti secondo la logica dell’Impero. Nelle aree marginalizzate, secondo la logica della marginalizzazione. Nelle aree per qualche ragione sotto la direzione di oligarchie sviluppiste, secondo le logiche sviluppiste di queste oligarchie che hanno scombussolato le logiche imperiali pur evitando, e proprio perché hanno evitato, conflitti aperti con l’Impero. L’idiota diviene agente di grandezza nelle prime e nelle ultime. Il genio diviene agente di sottosviluppo nelle seconde. Ci sono regimi contrattuali e di subordinazione, ma anche formazioni accademiche funzionalizzate alla perpetuazione del gioco predatori-prede.

Il capo occulto della Loggia di LLN della Congrega si faceva chiamare dai propri compari GranMaestroCarloMaurizio. Era, nel contempo, partecipe di interlogge ‘antireligiose’ varie. ...Tipico per i preti della Congrega... Il GranMaestroCarloMaurizio era un prete che non credeva a nulla. Un ometto vile ed avvilito, come un po’ tutti quelli di quelle specie gesuistesco-massonico-mafiose.

Il suo discorso ‘religioso’, o ‘spirituale’, chiave era la proposizione della comunità arcaica come soluzione alle supposte devastazioni della cosiddetta modernità. Scemenze mafiose. Era solo una visione nazi-fascio-comunista, ora presentata come nera, ora come rossa, ora come bianca, il cui messaggio in codice era che la sottomissione alle logge, cioè a lui/loro o poteri/logge con lui/loro connessi, permetteva di vivere, mentre l’individualità libera sarebbe stata da lui/loro accidiosamente combattuta. Non aveva idee. Non aveva valori. Era un debole e maniaco che si faceva forte e ‘normale’ attraverso perversioni collettivistiche. Anni prima, circoli di potere lo avevano destinato a questo ruolo del tutto inutile in un mondo normale e di protagonisti...

...Massì, li conoscete quelli lì, quelli che dicono sempre ‘la nostra chiesa’, ‘la nostra associazione’, ‘il nostro movimento’, ‘la nostra democrazia’, ‘la nostra società’, se sono in una università: ‘il nostro dipartimento’, se in una galera: ‘la nostra cella’, ...quelli che coprono sempre altri fini dietro una qualche ‘superiore’, ‘esterna’, alterità per deresponsabilizzarsi e deresponsabilizzare dietro un dover essere delle cose che è poi solo copertura per loro maniacalità. ...È solo il dover essere delle loro maniacalità, maniacalità anche collettive purtroppo.

Aveva suoi mandatari, od era connesso a mandatari di logge connesse, nei vari centri di quel paesone-università. A Sociologia e Politica v’era un personaggio simile ma non un prete. Era un tipetto di più di due metri. Timidissimo e viscido, con la pelle biancastra malaticcia, e lo sguardo evanescente che s’atteggiava a consigliore di logge sia monarchiche, che gesuitesche. Uno che da giovane era stato nazi-fascista, poi divenuto ultra-comunista quando il vento era quello lì, dopo divenuto monarchico-governativo con pubblico brucio dei suoi libri sinistri quando appena laureatosi aveva subodorato che la sua carriere accademica e personale sarebbe stata possibile solo al servizio dei poteri formali e reali. Convinto che solo al servizio dei poteri si divenisse potenti, si dilettava al guardonaggio delle classi dirigenti al cui servizio s’era posto. Non che servisse un granché come consigliore. Infatti era usato più che altro come servo, che tuttavia cercava di emergere come puparo pur senza mai riuscirci.

Antisemita e razzista, s’esaltava nella francesità, che era sinonimo di sé stesso e dei poteri etnici lui serviva in Belgozia, e tuttavia pronto a fingere di aprirsi agli altri quando la sua convenienza personale necessitava di ‘tradimenti’ di quella francesità ostentata. S’esercitava così nelle bassezze in cui in genere si dilettano questi personaggi, bassezze fatte di deliri rancorosi contro l’uno o l’altro rei di resistere al loro sogno paranoico e vano di divenire manipolatori dei destini dell’umanità. Inculati che cercando di inculare gli altri vorrebbero sentirsi meno tali... Un’esigenza d’essere capo da parte di chi non capirà mai che i capi non esistono. Alla fine il suo ambiente era quello dei puttani e delle puttane di cui ci circondava. Una se l’era sposata. Le altre e gli altri, tanto più insipidi e viscidi, li e le promuoveva mentre segava irrimediabilmente tutti coloro il cui quoziente di puttaneria non fosse adeguato ai livelli di nullità e servilismo pari al suo. Tutto forma (pur con continui scatti paranoico-mafiosi che di forme o sentimenti ‘alti’ avevano nulla) niente sostanza, era dunque in proficua malefica collaborazione col GranMaestroCarloMaurizio (inevitabile per cercare d’arraffare quel che poteva dalla sua posizione accademica), come con figuri di Logge Reali e Governative.

Si faceva chiamare Frogner. Siamo più precisi. André-Paul Frognier, fine 1944, era figlio di una troia belgo-francofona e d’un SS tedesco degli Einsatzgruppen. Alla fin fine, il controllo di tutto questo mondo scolorito era nella monarchia belga che era mandataria locale della Corona Britannica. La monarchia belga governava e terrorizzava il Belgio tramite le sue Polizia Segrete militari ed altre. Tutto il resto era colore. Il Frogner, schizzetto di questo colore, aveva subito appreso che quanto  ti ordina chi può, si deve obbedire solerti. Eppure lui, come molti altri belgi, era peggio. Doveva farsene una ragione. Per cui, si faceva dire non solo cosa fare ma cosa pensare e quali sentimenti  e sensazioni provare. Vile e viscido. Doveva detestare, odiare, chi, i loro obiettivi, lo ‘obbligava’ ad essere l’infame era.   

La Belgozia (già francofona nelle classi di potere e di ceppo germanico nel proletariato) ha una tradizione ‘fascista’, di estrema destra, che si confonde con la sua natura profondamente mafiosa: nazifasciomafiosa. Che siano socialisti, comunisti, liberali, democristiani, normali o pervertiti, o chissà cos’altro, il belgozio, a livello di classe dirigente e di suoi servitori diretti, è un nazifasciomafioso. Come del resto è il francese. Se ne studino le storie e lo si vedrà, e forse se ne capiranno pure i perché. ...salvo poi fingersi altro, per chi abbocchi o voglia abboccare, non appena una convenienza, uno slogan, un colore, un etichetta, lo imponga.
 
Lì, a LLN, sia preti che antipreti delle Logge sia ‘religiose’ che ‘antireligiose’ convergevano nella promozione del ‘peccato’, gli uni per speculare sulla ‘religione’ gli altri sull’‘antireligione’, cioè per specularvi infine allo stesso modo... ...Il mondo è fatto così.... Ogni abiezione era legittima. Durante le feste rituali di LLN, si trovavano studenti e studentesse ed incularsi in piedi contro i muri di cortili appena oscuri con altri studenti e studentesse a fare la guardia all’ingresso. Uscivi di notte da un edificio universitario e passando davanti ad una vetrata vedevi una studentessa che si dimenava contro il vetro come reazione a colpi le arrivavano da dietro, nel culo... ...Uscito dallo stesso cortile, non dalla stessa vetrata del montaggio evidentemente, ti imbattevi in qualche bruttocchia come quella inculata contro la vetrata che faceva la guardia all’inculaggio da cortile. I condom, in verità piccoli, venivano distributiti gratuitamente, anche nelle cassette della posta, da ditte cui profittavano sia la Loggia della Congrega che logge “antireligiose”.

In che consiste l’attività delle logge in Belgio, come un po’ dappertutto nel mondo? Adescano i polli, perché tutti sanno che le logge sono milizie parallele di Stato, per cui è pericoloso dire di no mentre se ne hanno vantaggi a sottomettercisi.

Organizzano saltuarie riunioni conviviali tanto per far finta di essere un qualcosa. In realtà, è il valore simbolico del farsi vedere, magari un volta all’anno, tutti assieme. Poi, il maestro o gran maestro, coltiva i polli uno per uno. I polli vengono classificati secondo reddito, scolarizzazione, professione, possibili connessioni. Su quella base, il maestro o gran maestro vede come manipolare e trar profitto dai vari polli. Ovviamente ci sono canali di consultazione permanente tra chi controlla formalmente le logge ed il potere, i poteri.

Le varie polizie e servizi hanno vari dipartimenti, dal Dipartimento Affari Religiosi, al Dipartimento Politico, al Dipartimento Affari Massonici etc. A volte è lo stesso dipartimento che si occupa allo stesso tempo di tutto ciò. A questi dipartimenti sono preposti ufficiali di Polizia Segreta che operano in contatto con governi e capi di Stato, oltre che sotto supervisione inglese, statunitense o di loro mandatari sub-imperiali. Questi ufficiali di Polizia Segreta intervengono per segnalare persone da rovinare. A loro volta, maestri di logge od altri chiamano per avere informazioni suoi loro polli, se vi siano ostacoli a favorire l’uno o l’altro.

In Belgio, funziona esattamente così, ...come un po’ dappertutto. Dove vi sono regimi monopartitici di ‘socialismo reale’, ci sono solo variazioni formali. Invece delle logge massoniche, ci sono massonerie con altri nomi. Se vi sono logge, sempre di Stato e di regime (come dappertutto), sono molto più ristrette, dato che per la massa della popolazione è in realtà uno spreco avere milioni di affiliati a logge dove vi sia già un partito unico ed altre organizzazioni obbligatorie, dunque con burocrazie che già si occupano di classificare tutti e di riportare su tutti.   

L’homo jesuiticus, il gesuitesco, è un prodotto e produttore di questo ordine malato belga ed ‘occidentale’. Il gesuitesco s’eccita ad ascoltare i ‘peccati’ nel confessionale per poi usarli come strumento di controllo dell’individuo, altri gesuiteschi, che si ‘redime’ solo con la sottomissione a lui gesuitesco. Il gesuitesco medio usciva dal ‘sacramento’ della confessione tutto rosso, sudaticcio ed eccitato da quello aveva ascoltato ed assolto. Ed il gesuitesco giudicato ne usciva egualmente sudaticcio ed eccitato da quello che aveva raccontato. Dunque, il gesuitesco ‘amministratore’ ai vari livelli della macchina gesuitesca deve ben promuovere ‘il peccato’! ...Egualmente l’antireligioso che s’eccita nell’imposizione di comportamenti ‘liberi’, in realtà standardizzati attraverso la codificazione fattane dalle propagande mediatiche, ‘comportamenti liberi’ che poi le stesse Logge antireligiose usano per canalizzare la ricerca di spiritualità o demonicità del conformista ‘libero’ per condizionarne la coscienza da parte dei furbastri che sognano domini sugli altri e manipolazioni del mondo. Ecco che l’antireligioso, non differentemente dal prete, specula sulla diffusione del ‘peccato’, ‘peccato’ che deve promuovere.

L’imperativo lì, a LLN, come in tutta Belgozia, era che, dai 16 anni, tutti dovessero scopare con coetanei. Siccome i comportamenti reali non sono mai standardizzati sui comandi né sulle età rigidamente stabilite ed imposte, ecco tutto il mercato dell’anormalità, su cui speculavano sia preti che antipreti, con protezione per i loro compari e repressioni per gli altri. In Belgozia, indifferentemente le assistenti sociali ‘antireligiose’ che quelle quelle ‘religiose’ che i gesuiteschi in prima persona, ciascuno coi toni ad esso propri, invitava la ragazzette a ‘compiacere i bisogni dei ragazzi’, i ragazzetti a ‘compiacere i bisogni delle “ragazze’, e, nelle famiglie, ciascun coniuge a ‘compiacere’ l’altro.

A tal fine, per le famiglie, era diffuso a livello di massa lo scoutismo. In pratica, il sabato e la domenica, vedevi frotte di bimbi e bimbe, ragazzetti e ragazzette, per strada, con l’uniforme da scout, magari rintanati oziosi e desolati nei sacchi a pelo nei rigidi inverni, per lasciare i genitori liberi di ‘fare il loro dovere coniugare’ ...a comando il sabato e la domenica, ed altre festività! In realtà, fisici sfigurati da pance abnormi da cibo-immondizia ed alcolici, pur nell’alta natalità da aree sottosviluppate, indicavano una società avvilita piuttosto che goduriosa. La vera religione era la birra ed il continuo super-mangiare più che un culto del fisico sano e del piacere.

Infatti, se si sbirciava nelle case di queste famiglie liberate dai figli rintanati in sacchi a pelo in gite scout senza senso, ...nelle piazze di LLN!, si vedevano mariti a trincare birre guardando le TV e mogli che facevano le pulizie, se le facevano, oppure egualmente e mangiare, bere e guardare la TV. Altro che scopare! Del resto, in Belgozia, abbondano i casini per cui, se ad uno viene duro, si compra una fanciulla in vetrina anziché farlo con la moglie verso cui spesso non sente più attrazione. Eppoi, se non riesce, la bagascia a tariffa non gli fa sceneggiate.

Esistono, naturalmente, ma per la classi alte soprattutto, tutti i giri delle perversioni, con regole del tutto differenti dai comuni mortali. ...Quello venne fuori appena appena e fu subito coperto quando di furono gli affari di ‘pedofilia’, in realtà giri che procuravano ragazzette e ragazzetti destinati ad essere trombate dalle oligarchie e poi ammazzati magari in grandi cacce semi-rituali. La famiglia reale belga è particolarmente perversa e corrotta ed a capo di perversi e corrotti. Vi parlano di diritti e libertà. Sono tutte balle di facciata quando ‘lo Stato’ venga attivato per crimini e pazzie per il godimento e le perversioni di chi lo controlli.

Il GranMaestroCarloMaurizio non lo incoccerò mai direttamente, faccia a faccia, quell’anno. Lo osserverò indirettamente. Anche Fogner, quell’anno, lo vedrò solo di sfuggita, salvo entrare nelle mire ossessivo-distruttive sue (su mandato della Polizia Segreta belga NATO su richiesta dei CC d’Italiozia) e delle sue puttane e puttani successivamente, in altra epoca, alcuni anni dopo.

Quell’anno, vidi Fogner sfruttare seminari LLN-Parigi per costringere gli studenti in trasferta seminariale a dividersi le camere mentre lui, con un suo discepolo, DeVinter, un pancione fiammingo, uno come lui intellettualmente scemo dunque quanto di ‘radiosa’ carriera lekko-accademica alla sua ombra, spendeva tutti i soldi per la trasferta parigina del seminario per sbevazzare ed abbuffarsi a spese dell’università ...e degli studenti costretti ad avvilenti coabitazioni di fortuna. Corrotti, ...non solo dello spirito, tra i corrotti. Io non andai al seminario, optando una ricerchina (ch’io trasformai in ricercona) sostitutiva.

...Quando il manicale Frogner col suo leccaculo fiammingo DeVinter prospettarono quel seminario LLN-Parigi, appena accennarono ai dettagli tecnici mi vidi su qualche freddo, scomodo e lurido divano parigino da contraccambiare poi con non so ben con cosa a LNN non avendo grossi spazi da offrire a magari luridi studenti parigini; certo potevo pagar loro in paio di notte d’albero ...per permettere coi soldi dell’università a Frogner ed a DeVinter di gozzovigliare a Parigi?! ...E per io aver l’‘onore’ di partecipare ad un seminario parigino dopo notti sconfortevoli ed alla fin fine chissà con che costi reali?! ...Perché i due cialtroni potessero gozzovogliare a Parigi? Così optai per la ricerca sostitutiva. Persi l’occasione per ‘ingraziarmi’ Frogner o, più probabilmente, per finire subito nelle sue mire maniacal-distruttive, sebbene allora lui, ligio milite, non fosse stato ancora attivato dalle Polizie Segrete belgo-NATO-italiotiche.
 
Attirerò le sue (su richiesta governativa-NATO) attenzioni paranoico-distruttive più tardi. Farà dei danni apparenti. ...Che sono anche opportunità per chi li subisce... Ossessivamente, cercherà di farne di gravissimi pur senza riuscirvi, nel caso mio. Sarà così maniacalmente ossesso che cercherà di far praticare anche la via dell’omicidio ‘bianco’, col rettore, e su istruzioni ricevute... ...Io, comunque, sono ancor qui... Davvero, non distruggerà nulla. Del resto i paranoici cercano di colpire il prossimo sulla base delle loro paranoie ed assumendo le loro paranoie come irresistibili. Li ricambieremo, comunque, lui e suoi complici od acquiescenti, con un programma di radiazioni astrali di cui non serve parlare. Se lo stan ‘godendo’. 

Quell’anno li osserverò occasionalmente solo a distanza. Fogner era un essere abbastanza abietto, figlio del Belgio profondo. Scaturito una una troia e da un nazista crescerà nel Belgio ipocrita e, di facciata, cattolicissimo. Già da piccolo lo reclutarono in giri tanto esclusivi quanto maniacali. A scuola, una scuola di preti, dato che era uno estremamente ambizioso, i fichetti della scuola lo invitarono, su indicazione dei preti, nel Circolo dei Corsari. L’iniziazione consisteva nel fare una sega a tutti i membri del circolo. Superata la prima prova, doveva fare un bocchino a tutti, coi più perversi che glielo spingevano in gola quasi a soffocarlo. Le perversioni continuarono, dato che le gerarchie belghe, e non solo, si fondano sull’obbedienza cieca, ...che lì testano in quei modi. Lui era già predisposto... ...Già da piccolo mozzava zampe a cani e gatti con l'accetta, cavava occhi ad animali ed animaletti, leccava escrementi di animali... Quando la madre si faceva chiavare dall’uno o dall'altro, lui se ne restava a spiare tutto congestionato e sudaticcio fino a svenirne. Poi, un’agitazione ed una rabbia indescrivibili lo pervadevano per giorni.  

All’università, i preti lo spinsero a sinistra. Dal nazi-fascismo di riconvertì subito. Si disse che, in fondo, bastava dire altre cose e non dirne altre ancora. Lo infilarono nella Quarta Internazionale di Mandel. Un giorno lo convinsero che lui poteva soppiantarlo. Per cui, lo indussero a presentarsi a Mandel e dirgli che era l’ora si facesse da parte per lasciare il potere operativo ad un francofono, lui, Frogner. Mandel scoppiò a ridere e poi serio serio alluse al fatto che lui aveva legittimazione britannica. Dopo la guerra, il SIS britannico creò o formalizzò, tutte le alimentò variamente, non solo le varie sinistre più o meno di massa ma pure quelle storiche piccolissime eppur ottime per operazioni speciali del SIS, che creava ed usava gruppi di ogni colore e sfumature. Per cui, gli fece intendere Mandel, che quell’alto Frogner che se ne appariva dal nulla a proporgli una qualche staffetta senza senso e di cui non si capiva la ragione lo poteva solo lasciare nell’ilarità. Mandel aveva i suoi riferimenti alle operazioni speciali a Londra, mentre quel Frogner mandato da qualche prete fuori di testa... Frogner, di cultura limitata e di poca e nulla esperienza, non capì le allusioni del Mandel. Capì solo che non c’era nulla da fare. Maturò un odio sordido verso la Quarta Internazionale e se ne andò per atteggiarsi ad estremista di sinistra libero, dato che rendeva in termini di carriera.

Prima di finire l’università fu avvicinato da quelli del GranMaestroCarloMaurizio e della Congrega coi soliti discorsi standard:
- “Lei ha qualità... È stato notato... Abbiamo grandi progetti, purché acceda ai segreti esoterici delle nostre logge e dunque divenga un eletto...”

Dato che lui aveva sentito il chiaro odore del potere monarco-clericale:
- “Ditemi come possono esservi utile...”
- “Innanzitutto, l’amore per la nostra patria ed i nostri regnanti...”
- “Certo, sono un grande patriota...”
- “Lei è ibero di pensare quel che crede... ....Abbiamo saputo di sue forti simpatie verso l’ultrasinistra...”
- “Furono i miei insegnanti, sacerdoti, che mi indirizzarono... ...Un’opzione solo culturale, che non interferisce col senso di patria e con la sottomissione alla nostra grande casa regnante...”
- “Ah, ottimo. Noi siamo comunque ad un altro livello. Non interferiamo con le scelte ideologiche dei nostri fratelli. Ci limitiamo a ricondurle ad unità perché questa nostra società belga progredisca senza conflitti...”
- “Oh... Certo! Certo!”
- “Noi siamo le classi dirigenti che si susseguono e si rinnovano, pur nella tradizione.”
- “...Tutto per questa nostra patria!”

Gli sottoposero questionati piuttosto dettagliati, anche imbarazzanti, perché a seconda delle preferenza degli adepti, li mettevano in contatto con circoli e sotto-circoli anche di perversione estrema, sempre che uno raggiungesse il livello per... O comunque utilizzavano l’adepto, anche senza lui lo sapesse direttamente, come ingranaggio per le cose più luride.

In Belgio, dalla diffusione dei narcotici alle perversioni demoniaco-sessuali, ci sono quelli che guardano e segnalano, quelli che procurano, quelli che vendono, quelli che usufruiscono, quelli che poi liquidano il materiale umano ormai usato e ritenuto da sopprimersi per ragioni di prudenza. Nessuno sparisce, se non viene fatto sparire. Tanta gente sparisce, perché c’è chi copre chi la fa sparire. 

Avevano usato il Frogner per riferire sull’uno o l’altro, per perseguitare, per falsificare, etc e lui era sicuro che non sarebbe stato ostruito ma anzi favorito nella carriera che infatti si srotolava senza ostacoli. Poi, lo avevano saltuariamente invitato a riti demoniaci con sgozzamenti di infanti. Erano prove, nel momento in cui lo spingevano sempre più sù, per vedere se lui capiva che la legge esiste solo per gli altri, non per loro che devono commettere qualunque crimine e pazzia se il potere lo chiedere loro, a loro pidocchi delle logge monarchiche.

Lui ingoiava merda, se ne faceva una ragione, e la sua mitomania e maniacalità se ne esaltavano. E segnalava suoi adepti, come Baudewyns (un mafiosetto che Frogner s’era preso come aiutante per le sue inchieste di mercato politico) ed altri, per farli contattare ed inserire nelle logge del GranMaestroCarloMaurizio.

Il GranMaestroCarloMaurizio aveva creato una sua rete, non solo tra i belgi ma anche tra i numerosi stranieri di LLN. Li usavano per creare reti parallele delle Polizie Segrete belghe e delle Polizie Segrete indigene dei vari Stati del Terzo Mondo per i crimini più vari, dai narcotici, alle armi ed altri contrabbandi (come di diamanti o materiali radioattivi), alla prostituzione e schiavismo sia adulti che infantili. Tastavano l’uno o l’altro per cooperazioni a vari livelli di questi traffici (cooperazioni parallele, perché già operavano coi governi e le relative Polizie Segrete), in aggiunta al traffico forse ancora più lurido, quello delle ideologie di copertura per cui, dunque, nelle loro posizioni di intellettuali, dovevano parlare d’altro e tacere su tali luridumi di potere. Lo vidi offrire ad israelo-arabi, a nero-africani ed a latino-americani di origini modeste prospettive di carriera se cooperavano a traffici di infanti per necessità maniacali loro belghe e se cooperavano con altre iniziative commerciali belghe, ...in aggiunta alla loro adesione ai ‘valori della francofonia ed occidentali’.

Man mano che Frogner saliva come carriera, ed in parallelo nelle logge, lo usarono, per legarlo maggiormente a loro, anche per qualche sgozzamento rituale di bimbi piccoli, preceduto da perversioni varie sui corpi degli stessi. Lui rivisse, con brivido, quando si eccitava a mutilare animali. Finalmente si sentiva come nei giri del potere. Eppure, nonostante qualche secondaria posizione istituzionale quando, giovanissimo, fu chiamato da politici nazionalisti con cui cooperava, non riuscì mai a sfondare nel mondo della politica come avrebbe voluto. Tentò anche, con arroganti e roboanti manifesti francofili ed  anti-fiamminghi, ma tutto cadde nel vuoto e nessuno lo pisciò. Continua a raccontare le stesse cose di facciata a studenti che devono solo superare esami inutili e cui non ne viene nulla culturalmente dai suoi vaneggi da agiprop. 

Lara usa Paperina, una libanese animalesca, una mula, che con l’aria alienata e l’espressione ebete si affaccia nelle sale informatiche, guarda bene chi c’è e le va a riferire. Che lavorino al PC o che stiano cercando qualche articolo nelle riviste della biblioteca, Paperina le è sempre attorno servile, pronta a correre come un cagnolino ed a guardare con riconoscenza la sua padroncina. È proprio l’infamina/ona della situazione. Ma la sua vocazione da quacquaracqua non si esaurisce a sufficienza, evidentemente, con Lara e si estende anche a Ester che, a differenza di Lara, che la guarda con un ironico disprezzo, le si rivolge con nostalgico affetto. Lara ha trovato le servetta mentre Ester sembra volersi specchiare in lei.

Paperina si veste con pigiamini e stoffette impossibili, scarpette di tela che tendono a sfondarsi sotto il peso di un fisico esile retto da polpacci e piedi gonfi e sformati che poggiano al suolo con una certa volgarità stravaccata. Paperina è sempre in giro, o con Lara o senza Lara, o che parli con lei, o che vada da lei o che venga da lei. Con la primavera anche Ester si è conquistata il suo spazio nell'istinto dell’animalina incoraggiata da Lara che vuole sorvegliare più da vicino una Ester sempre più inquieta ed irritabile. Il nostalgico amore che sembra accendere sbiaditamente gli occhi di Ester, quando le si rivolge, cela la ricerca di un conforto. Ester la guarda e si dice: “Forse esiste qualcuna più disgraziata di me”. Il mese di maggio ha trovato una Ester insofferente di persone come di luoghi. Ricerca la prossimità di grandi vetrate, viene attratta dagli spazi aperti, o comunque grandi e dai balconi, si sposta continuamente da un luogo all'altro alla ricerca di una pace che non trova. La sua voce ha tracce di toni, non abbastanza celati, da bisogno di piangere a lungo e disperatamente. Ma non lo fa perché potrebbe essere già l'avvio di una soluzione. Anche i suoi sorrisi campeggiano su delle labbra che si contraggono aride e spigolose. Si reprime e si combatte come sempre, ma la sua intolleranza a tutto ed a tutti si è fatta più acuta. La vedrei bene accettare le offerte di matrimonio di Bibendum, o di altri, come tappa cosciente per sprofondare ulteriormente verso una disperazione ancora più nera. Non perché lui o altri abbiano questi poteri mefitici ma per il genere di considerazione che lei ha per lui, e per tutti coloro che considera ‘amici’.

Paperina girovaga per LLN anche quando non serve le altre due. Fa la mula anche un po’ più in grande. O aiuta qualcuno del suo gruppo etnico a portare una borsa, o fa loro un servizio, o mostra ad un nuovo arrivato un indirizzo. Non la usano per spiegare cose più complesse perché proprio non ci arriva. In compenso fa degli ‘extra’, sempre con il solito muso inespressivo. Una sera che dovevo uscire da una finestra, ancora a settembre, essendo restato chiuso nell'università, passando per i corridoi che si dipartivano dall'ingresso principale, la vidi un angolo buio, appoggiata a pecorina ad un muretto interno, testa bassa, pigiamino ai suoi piedi mentre verosimilmente qualcuno la stava inculando dato che sussultava spinta da dietro e che degli escrementi liquidi le colavano lungo le coscine bianche. ...Un profumo... Un’altra volta che stavo andando all’Hocaille, da Clara e Maria che mi avevano invitato a cena, la ho scorta in una camera o appartamento interrato con un nero stravaccato su una poltroncina, le gambe aperte, le braccia abbandonate verso l'esterno e la testa all'indietro, che godeva per lei che inginocchiata davanti a lui gli succhiava l’uccello. Attitudine rara, almeno in occidente, supposto che il suo ciuccio fosse veramente di qualità, visto che anche le occidentali che si atteggiano a grandi chiavatrici e porcone, generalmente padroneggiano proprio male o nulla l’arte del sesso orale... Naturalmente non è detto che a tutti possa piacere farselo succhiare da un simile esemplare... La ho vista solo queste due volte, ma ogni volta aveva l’aria di una che faceva ciò che faceva senza emozione e piacere, come lo avesse appreso assieme all’arte di governare le capre e di mungere le mucche, come in effetti sembra fosse.

Il suo confessore, che una volta io riuscii a far bere, a sue spese, oltre ogni limite, e poi a sbottonarsi un poco, mi disse che paperina è una persona senza peccato, che in lei c’è qualcosa di atavico, e che, inoltre, anche grazie alle suggestioni religiose e psicologiche che le arrivano da Lara, fa queste cose come per dimostrare e per dimostrarsi che gli uomini sono veramente degli esseri luridi propensi al peccato. Ci sarebbe in lei come un’ansia di disvelamento dell’intima essenza maschile, secondo il suo/loro punto di vista. In un sussulto, il suo confessore, mi disse che lui stesso a volte le diceva che per penitenza doveva fargli una sega dato che in fondo pure lui era un uomo e che come rappresentante di Cristo aveva ben in diritto di darle una punizione appropriata perché capisse il disgusto di peccare. E lei, veloce, prendendoglielo tra due dita, glielo trastullava fino a farlo sborrare in un condom che lui si era previamente messo per non schizzare in giro e per dare un’apparenza professionale a quella ‘penitenza cristiana’. 

Martedì 11 febbraio, a metà mattinata, Ester era nella sala informatica che avevo aperto con la mia carta di accesso e che a quell'ora doveva essere libera e dunque di pubblico accesso. Faceva Esercitazioni un nero, e la classe era pressoché quasi tutta di neri, come al solito, a parte lei e forse qualche altra femmina. Era in un gruppo attorno ad un PC e stava seduta con le chiappe verso l’esterno e valorizzate un po’ più del solito da un paio di jeans che, a volte, non sempre, le evidenziavano coscione e chiappone. Infatti li mette raramente. Nulla di eccezionale, sia ciò che veniva valorizzato che i jeans. Del resto è sempre abbigliata in modo piuttosto dozzinale, anche quando, sollecitata, cerca di vestirsi secondo lei meglio.

Il docente non mi dice nulla. I neri mi guardano piuttosto in cagnesco, sebbene in generale la comunità nera sia quella che più si rivolge a me per l'uno o l'altro problema coi PC o con la stampante. Lei mi fa cenno che il PC vicino alla porta è libero e poi cerca il docente cogli occhi come per dirle: “Vero che lo lasci lavorare?” Lui la ignora, come ignora me. Così io silenziosamente mi seggo e mando il file alla stampante che è all’esterno. Dovevo infatti stampare una cosa che aveva una certa urgenza in quel momento.

La sera, uscendo dalla sala informatica, in cui entrambi eravamo nuovamente, la ho ringraziata per la mattina e lungo la strada mi sono messo a parlare non so di cosa, fingendo di non sapere nulla di lei. In realtà, in francese, devo avere emesso solo dei suoni senza senso inventandomi parole come ‘impresser’ al posto di ‘imprimer’, fino a che lei non mi ha chiesto la nazionalità e abbiamo scoperto la comunanza di lingua, più o meno. Non so se lei lo sapesse già grazie al mio dizionarietto italiano-francese sempre in esibizione.

Quando, all'inizio dell'anno scolastico, Lara mi si sedette affianco, intenzionalmente, a una lezione di uno dei tanti profe che qui fanno apologia del sottosviluppo, ma fu poi immobilizzata da un nero che la coinvolse in una appassionata ed entusiastica discussione sulle materie oggetto di studio, Lara lesse il mio nome su un foglio che il professore aveva fatto passare, e che a lei arrivò da me, senonché io mi ero ben guardato dal mettere un nome ed un cognome dal quale fossero decifrabili la nazionalità. Ed infatti Lara continuava, in qualche rara occasione in cui mi sculettava sotto il naso ed a domandarmi pretestuosamente qualcosa, a farlo in francese. In realtà, Lara aveva due belle chiappone prima che l’approssimarsi della primavera le gonfiasse e le appesantisse oltre misura i fianchi, segno fisico di un possibile sovra-accumulo emozionale che non trova la via per fluire liberamente.

Che tipo è Ester all'apparenza? Ginocchio valgo e piedi che poggiano per terra con difficoltà, da persona che deve chiedere scusa al mondo di esistere, e che vorrebbe sempre essere altrove. Infatti non solo è a volte bloccata, a volte inesistente, emozionalmente, nelle chiappe e nelle cosce, ma è proprio la parte inferiore della gamba che non sa come porsi con la realtà, col suolo. Sebbene l'incedere cambi a seconda dei suoi stati d'animo. A volte è pesante, quasi trascinato, altre insussistente e scialbo. Eppure lineamenti delicati – anch’essi mutevoli - a volte fanciulleschi, altre sfioriti, quanto non sente il bisogno di contraddire la delicatezza con quello che esce dalla sua bocca (un po’ ochesco...), occhi lontani ed infiniti, quando non si fanno gelidi e calcolatori, pelle sensibilissima alle carezze ed alle parole, quando non si ricompone riispessita, la vagina che le brucia e petto che le va in fibrillazione, quando avverte un maschio che gliene potrebbe minacciare l’inesistenza, seni costantemente celati ma sostanziosi, popposi, bisogno di affermarsi rispetto alla sua famiglia ed al mondo attraverso o lo studio e/o uno status sociale, aria antica e da ebrea di confine tra l'ebraismo occidentale e l'ebraismo degli shtetl. La sua scrittura è minuta e repressa. I caratteri della sua scrittura ebraica sono israeliani standard e non usa il corsivo. Le sue dita sottili indicano un’intelligenza analitica che lei nega con un uso convenzionale delle sue facoltà intellettive. Ha pausa di osare anche intellettualmente. Conformista e timorosa, studia o ricerca solo quello che le dicono ed ha paura di ricercare per il gusto di farlo. Lo fa semmai per esibizione. Mai per intimo piacere della conoscenza e della scoperta. Trastullarsi con piacere attorno al nuovo ed allo sconosciuto sarebbe, per lei, come trastullare la pelle di un maschio ed eccitarlo fino a tirarselo dentro per perdersene ed esploderne...

Cosa mi attirava di lei? Tutto il resto. Il desiderio che lei reprime ma che le affiora, sebbene lei lo rireprima immediatamente, di fare scoppiare l’incartapecorimento e di lasciare fluire tutto l’inespresso. Solo questo. Che tuttavia non è poco. Una comprensione ed una possibilità, sebbene remota. Nient’altro. Non l’essere ma il divenire eventuale. Vaneggi... Nessuno cambia mai. Inutile inseguire quello si vorrebbe e l’altra non è.

Non l’immondizia, le nevrosi, le paranoie, le pazzie, se non per dissolverle. L’oltre di un essere, se avesse voluto essere. Quando parla in situazioni formali e distanti, o col pretume, o con Bibendum, o fa gli auguri pasquali o natalizi da brava bambina che si deve sentire in ordine col mondo, il labbro superiore le si arriccia verso l’alto tracciando tra le labbra e la base del naso la linea tipica delle donne, e degli uomini, senza un forte interesse per cose di sesso. Esibisce allora la parte acquosa, interna, delle labbra e delle gengive metafora di una vagina aperta da ogni lato, insussistente ed inesistente. Altre volte le labbra sono stropicciate, frammentate, a volte fatte di schegge pronunciate senza essere carnose, sofferenti, come slabbrature irrimediabili di una vagina fisica o mentale di persona irrimediabilmente ferita ed oltraggiata nel profondo della sua femminilità. Ferite che rifiutano le cure dell’amore e del piacere, e che cercano appagamento nella rivalsa e nella vendetta, cui tuttavia manca la grandezza, dunque la verità. Labbra da succhiare oppure da lasciare distanti se rifiutano la terapia delle sensazioni e della passione. Labbra vecchie che non vogliono trovare la giovinezza, sfiorite senza essere fiorite. Ma anch’esse mutevoli a seconda delle tempeste che devono mascherare o combattere. Appunto... È sempre un vaneggio inseguire ciò una potrebbe essere. ...Siamo tutti quel che siamo...

La ho intravista due giorni dopo, mentre tra due lezioni controllava come al solito la e-mail: è una tecnica per fuggire dalla classe negli intervalli fingendo un’occupazione. Le ho fatto un cenno senza dirle nulla.

Lunedì 17 febbraio, stava lavorando al PC. Clara aveva messo fuori uso il PC affianco al suo. Quando sono arrivato mi sono così seduto al PC fuori uso che era l’unico libero. Lo ho ripristinato, e la ho investita di un fiume di parole senza senso. Lei comunque ascoltava, sebbene non troppo. Lì ho scoperto che lei divide il mondo in coloro di cui deve subire l'autorità ed in quelli che non sono nulla. Se, al contrario, non sa dove collocarti, si sente disorientata, deve saggiare le tue reazioni, cerca di inquadrarti in una delle sue categorie stereotipate e tende ad avere comportamenti inconsulti. Non che lei abbia fatto o detto nulla di particolare ma ci sono dei piccoli atteggiamenti che dicono un’infinità di cose sulla personalità di qualcuno. Come percepire ogni osservazione come fosse diretta a lei personalmente e dunque cercare di rispondere a tono e sempre con un po’ di incarognimento. Se nell’altro intravede una personalità che non arretra, si difende subito aggredendo e col tono rude di chi vuol farti sentire che aggredisce. Lo fa con piccoli colpi di stiletto per saggiare l’altro, ma lo fa in modo evidente, e non di fino. Al contrario, se nell’altro vede la debolezza che si mostra, lo insegue con commenti di commiserazione fintamente bonaria in un avvitamento dove lei prevale sull’altro col parallelo pervadersi del disgusto per la persona che la lascia prevalere.

Asettici sorrisi di anestetizzazione e di autoanestetizzazione, o qualche buffetto materno, permettono la nascita e la permanenza di una relazione burattina-burattino. È il gioco che fa con Bibendum (che tuttavia non è un debole, in realtà), che tanto più si mostra servizievole, buono e tollerante, colla speranza che il ‘bonario’ trattamento che Ester gli riserva diventi amore, o almeno qualcosa che dell’amore sia surrogato, viene ripagato con questo disprezzo zuccherato. Lui lo percepisce ma non sa liberarsene. È tipico delle persone che inseguono non chiedersi mai dove stiano andando ed evitare di guardare l’oggetto dell'inseguimento. Quando Ester conduce (o pensa di condurre) questo tipo di giochi, ha le chiappe lisce ed i fianchi piatti, e dei movimenti del bacino totalmente insipidi. Quando di fronte a lei lo sente duro, e si incazza di non riuscire ad averla sull’altro, e non trova burattini su cui scaricare a sufficienza i suoi asti, allora le sue cosce diventano gonfie, il suo passo si fa pesante, il piede tonfa sul suolo. È un intasamento emozionale della parte inferiore del corpo, quella della relazione con l’altro sesso, che non trova appagamento e conforto psicologico e fisico dove dovrebbe trovarli, mescolato a situazioni di ingrippamento dei suoi meccanismi alienati di sopravvivenza. Se la rivalsa, vera o presunta, ma per lei reale ed appagante, sulla specie maschio, è trovata, in una forma o nell'altra, compresa la sublimazione-alienazione religiosa, allora ritrova lo scialbore del bacino e delle gambine. In questo caso, si fa tutta asessuata, mentre nell’altro caso la voglia la brucia e il tormento la sconvolge.

In un film americano la raffigurerebbero in un fisico da ficona e da super seduttrice, e la manderebbero in giro con ascia ed artiglieria pesante e sfregiare le sue conquiste maschili, dopo averla raffigurata con qualche iperviolento trauma infantile. Non sono quelli che rapidamente si informano del suo stato civile e delle sue inclinazioni sessuali, e che subito abbandonano e la evitano, che la tormentano. Già alcuni ispanici ed italiani dei circuiti para-preteschi la lasciarono perdere all’inizio dell'anno scolastico dopo averci fatto qualche pensiero di fattibilità. Chi la fa impazzire è chi gli fa sentire l'odore, glielo mostra, e poi rifiuta di farselo tagliare. Resta lì, lei lo vorrebbe, ma non può farlo a pezzettini. E soffre del rifiuto che lei stessa attua. E del non poter sgretolare l’oggetto del suo rifiuto. È una psicologia da potenziale ninfomane che si reprime.

Ma già quel lunedì, c’era dell'altro. L’oggetto, pretestuoso, del mio fiume di parole fu il fatto che ero presissimo da una relativamente voluminosa (75'000 parole, su 10'000 richieste) comparazione tra Francia e USA che era già in stato di avanzata scrittura e che dovevo concludere quanto prima per passare al progetto finale dell'anno. Lei, che in realtà non mi seguiva e cui non gliene fregava nulla, ad un certo punto mi butta lì uno sconcertante, sia perché non c’entrava proprio niente, sia per il tono: “Bene, allora lo leggeremo”, dove non solo il plurale majestatis ma l’enfasi usata faceva intravedere un’autorità esterna. ‘Noi’ chi? Lara? Qualche congrega pretesca? O più semplicemente lei che si sentiva, e si sente, investita da una missione, che aveva interesse a sezionare dettagliatamente cosa ci fosse nella mia testa e nella mia penna su un tema specifico. O perché uno ti accenna, tanto per dire qualcosa, ad una cosa sta facendo, pensi che voglia invitarti a leggerla? In realtà lei si sente sempre investita di una missione e si fa sempre carico dei problemi di tutti, come dell'intera umanità. Un modo per non guardare l'unica persona che poi resta, sé stessa.

Quando ci preoccupiamo eccessivamente dell’universo è sempre per tagliare fuori l’osservatore, noi, l’io, dall’osservazione. Di sé stessa si preoccupa solo di come può apparire, di come si può giustificare, di che cosa penseranno gli altri, di come evitare questo e di come evitare quello: fobicocentrica.

Restando indifferente, non risposi nulla sia per il contenuto totalmente eretico di ciò che avevo scritto che non avevo nessuna intenzione di sottomettere a sconosciuti, sia per la mancanza di interesse ad essere giudicato da chicchessia (a parte l'inevitabile giudizio sotto forma di voto del docente destinatario del mio lavoro) e dunque per l'indifferenza tanto a critiche che a gratificazioni che proprio non mi interessavano. Ma ciò che mi provocava sgomento era il tono, il pathos, di chi si sentiva in dovere ed in diritto di farsi tramite di qualcuno o qualcosa per giudicarmi. A parte le implicazioni psicologiche e l’aberrazione estetica del presentarmi a lei un giorno con, o lasciarle nella cassetta della posta, il fascicolone di 140 pagine A4 fitte, magari con dedica a mano, e dirle, o scriverle, come un bravo scolaretto: “Ecco, te ne faccio omaggio... Spero che ti interessi...”. No! Proprio no! Sono tantissime le parti da scemo che è umanamente possibile farsi. Ma ce ne sono delle altre che proprio è meglio lasciare ad altri. Ad ogni modo mi aveva creato una occasione, qualora io avessi voluto sfruttarla, per farmi una bella e colorita parte da imbecille. O meglio: il suo era stato un modo paranoico di porsi per vedere, eventualmente, se io fossi della tipologia che cadeva nella circolarità del gioco dei burattini. Evidentemente le sue routines di comportamento alienato sono così collaudate ed usuali che operano in permanenza ed in modo totalmente spontaneo.

E ancora: quando le chiesi che cosa studiasse mi gettò lì, frettolosamente, come se ne vergognasse: “Demografia”, arrossendo. Tipico di persona abituata ad essere sgridata e criticata qualunque cosa faccia e dica. Il suo stesso nome lo proferì arrossendo, giustificandosi: “Me lo ha voluto dare il mio babbo...”

Giovedì 20 febbraio, la sera, è comparsa in sala informatica, facendo la tutor per due del para-pretume. Anche Lara, in quei giorni, svolgeva la stessa missione per qualche nuovo giunto affidatole dal pretume. Quando me ne sono andato via, Ester mi ha guardato fissa come se si aspettasse che andassi da lei a dirle qualcosa. I due non si sono più rivisti nelle sale informatiche. Segno che lei li aveva portati lì per farmi credere che aveva dei ‘giri’ e dunque per suscitare una mia reazione. Cosa che si è verificato: infatti mi scappava da ridere per l’evidenza della cosa. Ci sono donne che pensano che gli uomini siano in concorrenza con gli altri uomini e che dunque loro donne debbano suscitare l’ansia dell’incertezza, per poi regnare sullo spiazzamento da loro creato. Evidentemente non si rendono conto che esistano altri metodi di comportamento o di competizione, più sottili, più femminili, anche in un maschio. Sebbene, nella logica della creazione di una circolarità burattina-burattino, o burattina-burattini, il meccanismo dell'ansia e dell'inseguimento sia assolutamente fondante per l’esistenza stessa della dinamica. Nevrosi. Le ficone in genere non ne hanno bisogno. Sono cose per insicure.

Lunedì 24, la ho incontrata sotto casa mia, esattamente alle 13 e 55. Ester va alle lezioni sempre sul filo dell'orario, e lei abita trenta metri oltre dove abito io, che abito pressoché a ridosso della facoltà. Quando è colta di sorpresa non si cela mai molto bene, o non si cela affatto. Non aveva l’aria né felice, né distesa. Era in disappunto o distrutta, o per la domenica o per altro. Alla mia domanda: “Come va?”, ha parlato d'altro, rifiutando il solito ottimismo di facciata, anzi reagendo con turbamento, e se ne è andata. Ciò che mi ha lasciato male è che è arrossita. Non che per lei sia raro. Ma ero arrossito anch’io, un po’. Magari era solo uscita di casa turbata, dato che spesso le sue compagne di casa si fanno venire i ragazzi per trombare. Lei inevitabilmente sente e poi ci sta male.

Il giorno dopo, martedì, la cercai, ma in modo casuale. Già la volta che, prima dell11 febbraio, per farle sentire il tono della mia voce, mi diressi su di lei nello sgabuzzino della stampante... ...Le due bimbe ispaniche che avevano perfettamente, da vere femmine, immediatamente intuito la manovra, dopo aver visto la faccia di lei, che io non potevo vedere, ritornata in sala PC, avevano commentato tra di loro con una mezza frase il cui senso era: “Hai visto il furbone!”...

...La seconda volta che lei ci si era ridiretta, per dirle che doveva pazientare il tempo di una ventina di pagine inviate da me alla stampa, lei era schizzata fuori prima ancora che io entrassi, mi aveva risposto e si era sganciata con un sonoro e caricato: “Ça vaaa!”, espressione che racchiude tutta la volgarità vallona (e di chi la imiti) ed è usata sia per chiedere/affermare se/che va tutto bene, sia per dichiarare, come in quel caso, che era lo stesso. Infatti non gliene fregava nulle dei tempi delle mie stampe. Il suo era un andare e venire da esibizione. E nella risposta, e nel defilarsi, mi aveva mostrato i canini, affamati di carne, di desideri naturali e primordiali. Nella fuga contingente c’era una presenza di voglie.

...E poi, sia prima che dopo quella volta, i suoi sguardi, il viso congestionato, talvolta quasi tumefatto, pesto senza esserlo da interventi esterni, le richieste di attenzione e considerazione, come qualche vogliosa auto-coccolata di seni attuata stiracchiandosi le braccia verso l'alto e scuotendosi, od anche solo una normale curiosità femminile che vede uno scuro ed oscuro che apparentemente non parla non nessuno, che lavora in ore inusuali, e che tuttavia ha le antenne verso tutto e verso tutti, guarda e scruta anche quando guarda altrove con occhi che sembrano spaziare a 360°, e con un raggio che parte dalla base della fronte e che passa gli altri da parte a parte, e che sembra non mangiare mai se non spessi pezzi di cioccolato...

Mercoledì 28 febbraio, mi ero già procurato i suoi orari, così alle 10.30 la ho aspettata prima di lezione. Naturalmente è sempre di corsa. Arriva alle lezioni a filo per poter dire che deve andare, se qualcuno la blocca, anche se la rassicurai che non era ancora passato pressoché nessuno, cosa vera. Voleva andare lo stesso ma per un attimo si fermò. Quando le dissi che volevo assolutamente vederla ha fatto un finto balzo all'indietro come costruito, fabbricato, parrocchiale. Quando le ho detto che volevo ascoltarla, ascoltare la sua voce, mi ha risposto che finalmente avrebbe avuto l'occasione, che attendeva, di essere psicanalizzata e cercare così di risolvere qualcuno dei mille problemi che si portava dentro. Quando le ho detto che non mi interessava psicanalizzarla, mi ha risposto che non era capace di parlare di nulla, che non sapeva di questo e che non sapeva di quello, che era una persona noiosa e banale. ...Di quelle che si preparano la ritirata... Ci sono persone, femmine come maschi, che vogliono essere inseguite per poi darsi totalmente e con tutta naturalezza. Ci sono persone che vogliono essere inseguite per il puro gusto di essere inseguite: c’è un sottrarsi prima del piacere e c’è un sottrarsi senza piacere. Poi se ne è andata dove si stava affrettando dicendomi che sarebbe venuta in sala computer più tardi e che ne avremmo parlato. 

È che non puoi andare da una ragazza, della quale sai tutto, ma che lei non sa tu sappia tutto, e dirle, esplicitamente ed immediatamente: “Non me ne frega niente della gran donna. Mi interessa sola la bambina delicata e sensibilissima, con una pelle che va in orgasmo solo se gliela sfiorano delle mani e delle labbra piene di amore e di desiderio. Voglio solo femmine sincere ed autentiche.” Eppure in realtà glielo ho detto e lei lo ha percepito, sebbene non riuscisse a razionalizzarlo. ...Le mancavano le strutture linguistiche... Le mancavano anche le strutture animali, perché le nere, se le attizzavo in qualche modo, poi me le portavo dove volevo e facevo loro quello che volevo con loro ben felici ed entusiaste di farsi fare.

Che la mia non fosse una banale ed immediata richiesta sessuale lo ha capito subito. Proprio per questo ne ha avuto ancor più paura. Il futuro della Ester gran donna sarà, verosimilmente, salvo soprassalti di femminilità e sovversioni totali del suo essere passato e presente, un uomo che la userà per masturbarcisi in fretta dentro e per lasciarla, come lei vuole essere, con quel vago senso di disgusto malcelato di cui ama forgiarsi l'espressione delle labbra quando evita l’invito di qualche studente dicendo nieca: “Sono stancaaa...”, o quando saluta, idiotamente felice e da sacrestia, con la mano a paperina. E magari finirà per darla altrettanto insoddisfatta a qualche collega di lavoro o di parrocchia per equilibrare il marito che se la farà dare da qualche d’un’altra. È troppo conformista ed ansiosa di apparire in ordine col mondo per non decidere alla fine di sposarsi e magari avere un bimbo, se ci riesce, per mostrare che anche lei è come tutti, e come tutte, e per fare, più o meno, ciò che fanno tutti e ciò che fanno tutte. Sebbene la vedrei anche ricorrere alla barriera pubblica dell’adesione a qualche ordine religioso con voti. Ottimo per coprirsi.

Lo stesso giorno, Ester in sala computer si è limitata a mostrarsi, facendo la finta vezzosa con l'italico del nord che talvolta si fa vedere in giro con una ficona sommessa e gustosa. Ester teneva le gambine strette come a protezione, aveva i seni inusualmente gonfi ed ondeggianti, e la parte inferiore delle gambe che scodinzolava a follettina.

Quando Ester ostenta una finta sicurezza con qualcuno è perché non gliene frega nulla e gli dà, in realtà, senza esserne cosciente, del senza coglioni, come fece, ad esempio, qualche settimana dopo, attardandosi a parlare di cose di scuola, nello sgabuzzino della stampante, con Bibendum, lo zazzerone che lavora qui come ricercatore e che Lara vorrebbe mettergli nel letto. Al contrario, quando avverte nell’altro il maschio di cui subisce il fascino divampa dentro, non sa che cosa fare e fugge. Fuga dal piacere. Fuga dalla possibile felicità, effimera o duratura.

Complessivamente aveva un’aria che feci bene a lasciarla perdere. Del resto, volevo che avesse il tempo di parlare con Lara. E poi le donne, qualunque cosa decidano, è bene lasciarle cuocere. Del resto, qualunque cosa mi avesse detto o promesso quel giorno, a caldo, se la sarebbe rimangiata, e la avrebbe agevolata nel cercare di costruirsi, con me, la circolarità paranoica del burattina-burattino. Se vogliono giocare al gatto col topo è bene, per l'equilibrio cosmico, che il topo siano loro, ...le gran donne.

Infatti... Infatti, appena Ester ha riferito a Lara che le avevo parlato, Lara si è scatenata. La pazza latente è diventata manifesta ed immediatamente aggressiva. Gliene ha dette di tutti i colori. Una vera femmina reagisce in altro modo. Lara ha reagito non solo stando veramente male, e tormentata tra gelosia (bisogno di competere) ed invidia (bisogno di distruggere, di distruggerla).

Lara, alla prima occasione, dopo un paio di settimane, ha tentato di attaccarsi con me. Avevo mandato un file a stampante. Tra l'altro, se prima di un file normale ce ne è uno di demografia, questo sballa e sfalsa l'impaginazione perché il formato del print dei programmi è differente. Poi, i tempi che il sistema mette per carburare le richieste di stampa sono lunghi e dipendono da mille fattori. Lanciata la stampa me ne sono andato e sono tornato più tardi per recuperare la stampa. C’era un suo commento dove mi dava del maleducato in francese e diceva che dovevo chiedere ai presenti prima di fare stampe relativamente lunghe e poi, capolavoro!, c'era un sarcastico grazie in italiano. Naturalmente, la ho evitata ed ignorata. Ho preso la stampa e me ne sono andato. Se uno ti spara, può essere sufficiente spostarsi. L'importante non è né il rumore dello sparo, né la pallottola. L'importante è che non ti colpisca. Si è rifatta viva poco più tardi, sedendosi di chiappe a me e voltandosi per lanciarmi delle espressioni tra il il sarcasmo e l'ammiccante. Quello che una paranoica non capisce sono le tecniche assertive. Una attacca sulla base delle sue nevrosi e si aspetta la reazione che su quella base lei darebbe. Anche Ester si aspetta sempre che gli altri reagiscano sulla base degli schemi che lei ha nella testa. In realtà, Lara voleva essere agganciata e voleva esserlo sulla base di una interazione conflittuale. Se una donna vuole agganciare un maschio non è meno seria se lo fa direttamente. Ci sono comunque mille altri modi per farsi agganciare che creare dei conflitti, salvo appunto quando si concepisca un’interazione solo come fondata su di essi.

La non possibilità di attaccarsi con me ha invelenito ancor di più Lara contro Ester, che ha continuato a svillaneggiare in mille modi con sorrisi ed iniziative stravaganti, che Ester si subisce totalmente. L'aspetto patetico è che Lara si è messa ad imitare Ester. Sono così differenti che in realtà non c’è nulla da imitare. Si è messa a fare gli sguardi deviati e scivolosi, i non saluti persino coi conoscenti diretti, l’elusione quando normalmente sorrideva a tutti, anche a me, senza che questo le togliesse nulla, anzi rendendola semmai epidermicamente più simpatica e gradevole. Se una femmina ha delle qualità, le ha per lei stessa. Se una donna vuole un cazzo, la cosa peggiore è proprio mettersi ad imitare la supposta concorrente, o cercare di castrare il maschio da cui vorrebbe farsi chiavare. Ed Ester mangia merda. Odia il padre, dunque il maschio, al punto tale che mangiare merda dalle altre donne le sembra irrilevante, oppure un male inevitabile. Anzi se ne riempie a tal punto che poi se la spande attorno.

Tre giorni dopo, sabato primo marzo, quando la ho riagganciata, e lei ha atteso di farsi riagganciare, Ester aveva già pronte tutte le sue difese. È arrivata in sala PC. Ma io non son andato da lei subito. Ho aspettato che il nero di fronte a lei se ne fosse andato. Non mi sono invece preoccupato di Barro, angolano che sta lavorando ad una tesi su popolazione e sviluppo con Claude-Michel, che era al PC affianco al suo e che le era appena stato presentato dal nero che se ne è poi andato. Tipo originale Barro, che cercò, qualche tempo dopo, di farmi qualche sgambetto, in altri giri, con altre persone; io non me ne curai particolarmente, né le sue iniziative mi arrecarono alcun danno. Quando mi sono avvicinato a lei, lei ha cercato fintamente di restare sui convenevoli. Ma aveva la sua lezioncina pronta. Era lì per recitarla. Cosa che iniziato subito a fare quando le ho detto che ero lì per la mia richiesta/desiderio di vederla.

Mi ha detto che è cattolica, che già in se è una dichiarazione che non significa nulla. In altra occasione, il 30 aprile, lei mi disse che lei è infida ed usa metodi subdoli col prossimo. E quando io le ho detto che sono senza morale, non ha capito che era una risposta ilare e polemica alle sua dichiarazione di cattolicesimo. Se una ti dichiara di essere cattolica, cioè non si sa bene cosa, se tu le dichiari di non avere morale, fai in realtà una affermazione di moralità e di etica ad un nulla che ti è stato appena propinato dalla controparte. Ha dichiarato, appunto col tono di chi ripeteva una lezioncina accuratamente preparata, che non vuole maschi e che è felicissima, anzi più che felicissima, con le altre donne di alloggio, e suggerendo abbastanza chiaramente, con mezze frasi, che vedersi con un uomo interessato a lei come femmina la mette in difficoltà insormontabili. Insomma, ha espresso tutto il suo terrore di essere femmina. Siccome io continuavo a guardarla con una certa indifferenza e per nulla impressionato da quelle frasine che evidentemente usualmente avevano successo, provocando turbamenti ed imbarazzi nei destinatari, mi ha detto che aveva una autentica passione per la demografia. Ora non se ne vergognava più. Anzi la vergogna era divenuta passione! Disciplina di studio interessantissima, come qualunque altra, ma anche, nel caso, eventualmente, un modo per fare del guardonaggio sui risultati del sesso praticato dagli altri o per dilettarsi nella contemplazione dei glandi costituiti dalle rappresentazioni m/f delle distribuzioni di una popolazione per fasce di età.

Ha poi enfatizzato che era in uno stato tale di nirvana che la sua permanenza a LLN era veramente il periodo più stracolmo di felicità, di serenità, di spensieratezza, della sua vita. In effetti, considerando la sua vita passata ed il tormento della sua famiglia, che tuttavia cerca di starle addosso anche qui in vari modi, evidentemente poteva esserci una verità, benché assolutamente relativa, nel quadro che cercava di rappresentare. Ciò che mi lasciava esterrefatto è che per dire a una che non me ne fregava nulla di lei, io non ho mai avuto bisogno di dirle che ero felicissimo, o che ero occupatissimo, o altre stupidità. Ma anche una donna, per negarsi, o per tracciare un confine o un limite, non ha proprio bisogno di dire nulla né di fornire alcuna spiegazione. 

Ad un certo punto, se ne era uscita, in un momento in cui non c’entrava nulla - evidentemente le è usuale sbottare in uscite che seguono solo le sue logiche interne-, con uno stravagante: “Ma lo seeeiii un po’ maaattooo...”, chiara frasina precostituita con Lara. E poi, come per lanciare l’esca, mi ha ributtato lì che poteva anche vedere qualcuno ma per parlare di cose distanti, scientifiche. Mi aveva già ripetuto con insistenza: “Io sono un tecnica”, stravaganza di cui mi sfugge il segno caricato dal destinante. Infatti, già la volta del 17 febbraio, mi aveva detto che qualcuno stava cercandola di interessare alle teorie dell’ordine e del caos. Il qualcuno era Bibendum che, spinto da Lara, stava cercando di agganciarla con la scusa di questo tipo di tematiche usate anche per studiare popolazioni. In realtà, il senso profondo e vero, malcelato, era che lei è disposta a concedere la sua presenza, assente, a qualcuno purché lei ci guadagni qualcosa: borse di studio, posizioni accademiche, status sociale. Infatti, non casualmente, mi aveva domandato: “Ma tuuu come ci sei capitaaatooo qui a LLNeee”. Le avevo risposto cose vere ma messe in modo tale che lei non aveva capito bene perché io fossi qui. In realtà, lei voleva collocarmi socialmente e professionalmente per vedere se poteva avere qualche cosa da me, eventualmente, per lei: il maschio come idiota da succhiare per avere vantaggi e poi lasciare, senza avergli dato nulla di vero, se non false speranze, quando i vantaggi sono esauriti, o non si concretizzano. Boooh! ...Seguiva uno schema standard e fisso chiunque le capitasse mai davanti...

Quando le ho detto: “Ma come sei bella”, è arrossita leggermente sul viso, dappertutto nel corpo, e le è divampato il ventre, e mi ha detto, nella sostanza, che se la attaccavo a quel livello e le procuravo quelle sensazioni era proprio meglio non vedersi. Ha aggiunto che tuttavia lei era sempre disposta a parlare se ci si incontrava casualmente in sala computer. Io le ho risposto che mi interessava lei e non parlare in sala computer. Intanto mi aveva buttato lì, come in una svendita veloce, il nome di qualcuno che sognava di amare ma esprimendo nello stesso tempo il sentimento che così non sarebbe mai stato, ed il nome di un suo ‘amico’ a cui stava scrivendo. Bombe d’acqua, grosse come degli schizzetti, fra me e lei.

Una che ti svende, come lei fosse un infame sotto interrogatorio in una caserma, un dio grande e grosso, un amore ideale ed eterno, ed un amico intimo, è una persona che non ha nulla e nessuno, neppure sé stessa. Infatti, senza alcun turbamento per cazzetti immaginari, od anche veri, che mi sciorinava sotto il naso, e che non mi procuravano alcun sentimento, le ho risposto che nei suoi occhi non vedevo nessuno, che osservandola, le settimane precedenti, avevo sempre e solo visto lei di qua, il mondo di là da lei, separati, lei ed il mondo, da un qualcosa di sottilissimo e quasi impercettibile, ma presente e reale, che le impediva di entrare nel mondo. A questo punto il suo giochetto era rotto. Io non le avevo chiesto il suo stato civile e, ad una sua ventilata, ipotetica, rivendicazione di stato civile non del tutto libero, avevo come risposto: “Tu bari. Non è vero. E comunque non mi interessa.”. E così era. Lei era lì, senza maschere, di fronte a me. Io lo sapevo. Lei lo sapeva.

Poi, ha aggiunto che per avere qualche speranza di conquistarla bisogna farla ridere, fare i buffoni anziché, era sottinteso, farla divampare dicendole, ispirati, che è incantevole. Infatti: il lui fa il buffone, lei lo commenta con compatimento sufficiente, l’avvitamento burattina-burattino è solidamente fondato. Inoltre, uno che le si esibisca buffonescamente sotto il naso, le da l'opportunità di scaraventarlo contro qualche d'un altro che lei cerchi di coinvolgere nella circolarità paranoica. L’atteggiamento globale era fobico: desiderio spasmodico, coniugato al terrore di appagarlo. E quando, prima di inviarle un bacio a distanza dopo che lei mi aveva rifiutato, schizzando (anzi schizzandole tutte e due, come faceva quando i suoi la picchiavano), all’indietro verso il suo ventre, la mano che le avevo chiesto per baciargliela, ed andarmene,  le ho detto, due volte che avrei scatenato i miei demoni ed i miei dii nei suoi sogni, mi ha risposto che lei aveva dio e che il suo dio era più grande.

- “Ma il mio dio è più grande”, lei lo ha detto con voce suadente e caricata come risposta del catechismo usata per convincersene lei stessa. In quel momento lei ha avuto paura. Sebbene le avessi detto che i miei dii ed i miei demoni non praticassero il male. Ed ha avuto ragione perché i miei demoni la hanno devastata in tutte le sue finte sicurezze e nelle sue routines di fuga dalla realtà e da sé. Mentre il suo diuccio grande e grosso non era con lei. In verità, ho fatto oggetto tutta la sua congrega di magie ripetute... Basta lanciarle. Poi si scatenano e continuano in automatico.

Alias: quando la realtà supera l’immaginazione. Quando se ne è andata era tutta congestionata. Con bacino e gambe pesanti. Bruciava ed è fuggita.

Dopo che ho scatenato i miei dei ed i miei demoni nelle sue fantasie, scatenamento debitamente rafforzato da riti magici, lei è stata proprio male. Gliene sono capitate di tutti i colori, in loco come in Italia. Io sono restato fermo al mio non interesse di parlarle in sala informatica. Ma non la ho cercata neppure altrove. Al contrario, mi sono premurato di evitarla e ad osservare divertito le sue interazioni borderline con le altre due. Sembravano un trio lesbian anche se, quando prevalgono in loro ‘le gran donne’, sono troppo aride persino per arrivare a quel livello.

E poi non è che ci sia da avere molto interesse a parlare con una che insulta sé stessa in continuazione e si versa addosso la merda che ingoia giorno dopo giorno da ogni dove e che inevitabilmente le strabocca incontrollata. In realtà, lei avrebbe voluto continuare il gioco, per lei usuale, di crearsi una interazione nevrotica, ...un’altra..., dove il maschio la insegue e lei si nega. Nei suoi occhi terrificati e desolati, e nei suoi rossori neri, c’era il terrore di non essere aggredita e perseguitata, ciò che avrebbe legittimato l’intervento del gruppo.

Nel gioco della sottrazione, negandosi costringe il maschio a mostrarsi per ciò che vale. Se lui continua ad inseguirla, lei lo costringe a farsi sempre più burattino sì da poterlo disprezzare. Se lui non rientra nello schemino e dunque rifiuta l’interazione paranoica, lei se ne innamora sempre più, ma a questo punto è un amore senza amato, perché lui se ne è inevitabilmente andato. Il risultato è comunque raggiunto: il maschio è tenuto distante.

Nella realtà che lei si crea, coloro cui lei può accedere non le interessano e coloro che lei ha indotto ad andarsene divengono i suoi amori immaginari ed impossibili. Naturalmente, come ha già fatto e sta facendo anche in questa circostanza con qualche tamarro ansioso, usa l’amore immaginario per tormentare chi lei ha già ridotto a burattino: tipi vestiti come si vestono la settimana dopo Pasqua, gli sbirri fuori servizio, o gli impiegati del comune, o i maestrini. Elementi che in casa si trascinano in pantofole, la domenica non possono stare senza i risultati delle partite, d’estate vanno al mare, la domenica nella casa in campagna, a metà settimana telefonano alla mamma per informarla di quanti chili è aumentata la pancia, e, se anche hanno qualcosa di autentico dentro di loro, lo cacciano per lasciare dominare la routine. Piccolo-borghesi e proletari ‘soddisfatti’...

Lunedì 10 marzo, mi sono fatto trovare non sul suo cammino ma poco prima, attaccato a dove sarebbe passata, comunque prossimissimo e visibile, infatti mi si è quasi proiettata addosso (del resto la toponomastica non permetteva altrimenti, salvo nascondersi, io, in sgabuzzino stampante, o andare in orario differente), in attesa di entrare in sala PC, che fino alle 12:45 era occupata da una delle lezioni del suo corso. Le si stava defilando dalla porta appena aperta scavalcando le sedie per le sue solite rapide fughe dopo lezione. Io le ho fatto un cenno con capo e col busto. Lei pure, senza proferire parola ed imbarazzatissima perché poco più in là dentro l’aula c’erano Lara e Paperina che infatti restarono a lavorare alle loro cose. Fu esattamente quello il giorno in cui Lara tentò di attaccarsi. Io infatti stavo aspettando per entrare e stampare un file. Cosa che feci. Null’altro.

Sabato 15 marzo, ero in sala PC dal mattino presto a lavorare ai miei file. Lei è arrivata per i suoi soliti giri oziosi più o meno legati alla e-mail, o a qualche lavoretto scritto, ma non scrive molto, né usa molto i programmi del suo corso. Probabilmente sfrutta Bibendum, che spera ne scaturisca un afflato, una comunione personale, di studio e lavorativa futura, cosa non inverosimile sia per la carenza di personale docente nell’università che probabilmente non attira a sufficienza, sia per le doti da brava maestrina di Ester, sia perché Ester sta progressivamente dandosi un contegno, passeggiando con Bibendum, da docente con docente, crede lei. In realtà, lei assume un’aria dimessa, triste, sia che ostenti risa sia che resti seria, un po’ ingrugnita, gli occhi perduti che fissano con intenso interesse la punta delle sue dita. Si sta costruendo l'immagine del: “Eravamo tutti e due quiii... lui mi ha aiutaaatooo... io glielo ho detto che amavo un altrooo... ma lui ha così insistiiitooo... E poi tutti mi hanno detto che è un bravo ragaaazzooo... Che cosa dovevo faaareee...?!”.

Bibendum è anche il bidone, almeno nelle intenzioni di Lara per Ester, per dirle, memore di altre, passate, sfide tra le due: “Ecco, questo è al tuo livello!” Infatti Lara ha subito cercato di spingere lui verso di lei non appena ha avvertito l’inquietudine pre-primaverile di Ester. Che il ragazzo si lasci svilire è vero, per quanto, obiettivamente, non sia per nulla vile. Ha una zazzerona einsteiniana, anzi meglio, da grande musicista. Viso ciccioloso ma tutt’altro che sgradevole. Fisico ben proporzionato, pancia a parte, in quanto birra e gola siano poi la rovina, spesso, di tutti i bei bambini. Ma lo rovinano, agli occhi di Lara, come di Ester, l'assenza di aggressività, la servizievolezza confusa dai furbi/e per dabbenaggine, l'inclinazione a subirsi, ed a restare preso da qualunque seduzione immediata, anche priva di contropartite, e qualità sottostanti, vere. L’accontentarsi, insomma.

Venerdì 21 marzo, la ho salutata, immediatamente fuori dalla porta dell’università, mentre Paperina, con aria da infamina a rapporto, le spettegolava qualcosa. Lei era di spalle ma ha subito risposto come avvertita. Il mio messaggio era di normale cortesia.

Mercoledì 26, era sola ad un PC, mentre le altre due papere erano ad un altro, rigida e timorosa anche solo di guardarmi. Costipata. Terrificata. Erano proprio un bel trio. Lei tesissima e falsa anche quando cercava di fare la naturale. Lara che si crogiolava nelle sue rivalse sadiche. Paperina che quando le due si parlavano restava smarrita e sgomenta come a chiedersi: “Se parlano tra di loro, come faccio a riferire all’una quello che dice l’altra?” Veramente in crisi d’identità, l’infamina, quando resta spiazzata nel suo ruolo.

Sabato 29 marzo, vigilia delle Pasqua cattolica, Ester ha implicitamente dato del senza coglioni a Bibendum. Io continuavo a passare sotto il naso a Ester che avrebbe voluto qualche scambio di frasi. Allora, spazientita, si è precipitata nello sgabuzzino dove Bibendum stava fingendo di avere stampe impellenti. Quando lei subisce il fascino elettrico di qualcuno, schizza via, ha paura ad avvicinarglisi troppo, e di restare sola con lui. Venti minuti in uno sgabuzzino, a parlare sonoramente e serratamente di non so cosa, significa per lei ripetere ad ogni istante all’oggetto del suo intervento: “Sei proprio una chiavica!”, sebbene il suo fine contingente non fosse quello. Poi, da brava pretina che aveva ancora nel pancino il languorino dell’ostina della comunione, ha salutato tutti compreso un saluto con la manina a paperina parrocchiale al sottoscritto che la ha ricambiata con un indifferente e perplesso cenno di risposta.

La sera quando accarezzavo le cosce ed i fianchi di Camilla, che mi aveva lasciato un biglietto, “Vieni da me i due giorni di Pasqua!”, continuava a venirmi alla mente il senso di miseria di quel braccio rattrappito, e di quella manina da papera, così come quella lietezza di facciata per la santa Pasqua pretesca, ed invece la generosità e la disponibilità umana di una ragazza bella e delicata, ma viva, vivissima, che ti vuole per piacere, per allegria, per amicizia, per guardare la TV, dormire, sorridersi, vezzeggiarsi e per... chiedermi che cosa volevo dalla sua Siberia, dove stava per andare. Le chiesi un libro della Achmatova, che non è siberiana, in russo, e non per la somiglianza del viso tra la Achmatova ed Ester, ma per il piacere una edizione russa delle sue poesie. Altrimenti, nel caso, un volume di Esenin.

La Pasqua/Pesach è giorno intenso, di cibo consumato frugalmente in piedi, di fuga, di viaggio, di pericolo, di liberazione lunga e sofferta di un popolo che nel viaggio e nell’altrove ha la propria essenza. Nulla a che fare coi satolli rabbini ‘meregani. La rinuncia alla sicurezza della schiavitù, per la libertà e la sofferenza di una lunghissima peregrinazione. Metafora dell’umano errare. A cosa l’ha ridotta il pretume? A una manina paperina e scodinzolante, alle ovette o alle ovone, al din-don campanaro, alle figurine del buon pastore. Lui l'eretico, il rivoluzionario nichilistico e disperato, il negatore delle chiese, della socialità preesistente, il creatore di una setta orgiastica e dissoluta quanto disgregatrice, dura ed indomita di un intero impero, Jeshua (sia favola o storia di un millennio e mezzo prima la sua collocazione ufficiale ‘cristiana’), ridotto a coccolatore di bambini golosi di dolciumi e di pecorume, metafora chiesastica degli accoliti...

Sabato 5 aprile, se Corinne mi ha riferito bene, Ester ha mandato uno strano tamarro in sala PC per guardarmi. Non aveva ben capito, e dunque non ha potuto dirmi di più, se fosse il fratello o uno dei suoi ansiosi italici. Che importa...

Mercoledì 16 aprile, di ritorno dalle vacanze pasquali - evidentemente a Demografia possono anche permettersi di andare in vacanza a metà quadrimestre -, mi ricompare in sala PC, in pose statuarie. Ho fatto finta di nulla. Non ne avevo proprio voglia di avere a che fare con la addolorata in deambulazione abulica!

Allora, due giorni dopo, venerdì 18 aprile, mi si è piazzata di fronte in rinnovata posa monumentale, con pettinatura accurata e da seduzione, in attesa che le dicessi qualcosa. Le ho solo fatto un cenno quando è arrivata. Lei si è messa a fissare lo schermo di uno dei nuovi PC senza fare nulla. Finché non è arrivato un latino-americano di cui osservai i lineamenti somatici, un misto tra l'indio e l'asiatico. Ad un suo invito, Ester ha risposto con un nieco: “Sono così stancaaa...”, che mi ha lasciato allibito. Me la sono immaginata sposata ad un panciolino, quando dopo avere passato la serata a far la lavatrice ed a stirare, e di fronte ad una sua richiesta, si gira per l'ennesima volta dall'altra parte dicendo: “Oddio come sono così staaancaaa... Nooo, proprio nooo...”

Mi ha reso ancora più sgomento l’apparizione ingrugnita di paperina sulla porta, chiaramente per controllarla per conto di Lara. Le si è subito avvicinata, come per dire: “Ma cosa fai qui, statuaria, senza fare nulla e davanti a lui?!” Lara la ha contraccambiata con un sorriso di amorevole ebetaggine. Non ho visto quando si è sfilata da dov'era per andarsene. Ho mandato subito una e-mail a Clara: “Salvami!!!” Lei mi ha risposto di passare da loro la sera anche se lei aveva da fare. Sono così restato, la sera, con la sorella, la cui pelle diviene elettrica non appena le si sfiorino il collo e la nuca. Fortuna avere trovato due sorelle che preferiscono far vita ritirata sia per indole sia perché LLN è piccola e la parrocchia ancor più e loro ci tengono, per ragioni professionali, a conservare la immagine di rigide e caste cattoliche. Per cui, quando le cerco, sono pressoché sempre libere e felicissime. Mi hanno detto che nella confessione raccontano al prete di avere peccato coi pensieri, cosa che per loro risponde alla assoluta verità perché il piacere è una cosa che si sente nello spirito e nella testa.

Del resto, la confessione cattolica attribuisce al prete, formalmente, il dovere di individuare ed assolvere il peccato, senza attardarsi in sottili inquisizioni su tutte le sue sfaccettature. Così loro sono sincere con dio senza che il prete capisca in dettaglio il luogo del peccato, cosa di cui non dovrebbe preoccuparsi di capire, visto che in fondo è l'anima che lui deve assistere, la confessione di una essenza e di una percezione, non la localizzazione di un atto. E poi, se lui è tramite, come non è vero ma come viene venduta al fedele la confessione, che in realtà è solo spionaggio e guardonaggio pretesco, non ha veramente nessuna importanza la sua comprensione esatta. Il cosiddetto pentimento, che è poi una ammissione e null'altro, non dipende certo da una preghiera in più o in meno. La preghiera sebbene venduta come riparazione è solo la chiusura del cerchio, anzi in sé è già invocazione diretta, senza intermediari. L’intermediario lugubre e talato è creazione di chi di qualcosa doveva e voleva pur vivere, e così si è fatto agente della lucrosa impresa del peccato e della grazia, sfruttando una esoterica, pretesa quanto mai esistita, trasmissione di poteri da parte di un detentore originario.

Noi, cavalieri e vestali delle terre alte e basse, l’investitura la riceviamo direttamente dal cielo e dalle tenebre. Rifiutiamo trasmissioni di cui non possiamo verificare il potere di trasmettere. I poteri, quando li abbiamo, ci danno anche la facoltà di riconoscere i nostri fratelli e le nostre sorelle e di associarci con loro, e di rafforzarci e ritrovarci coi riti e le feste della Fratellanza. Ma le pratiche comunitarie non possono dare un potere che non si ha. Così come una scelta di erranza solitaria, o perfino un disconoscimento da parte della Fratellanza, non possono toglierci un potere che abbiamo e dunque il nostro essere fratelli e sorelle della luce e delle tenebre.

Clara la conobbi quando, lavorando una sera in una delle facoltà scientifiche, bussai alla porta della responsabile del servizio informatico e chiesi un PC senza protezione per usare il mio PC-Tools ram-resident, per recuperare un file erroneamente cancellato. Lei mi accese il PC affianco al suo. Io feci la mia operazione. Poi restammo a parlare. Io credo di averle fatto tenerezza per l’aria disarmata che spesso ho e per il mio francese stentato. Lei molto bella ed apparentemente distante. Apparentemente. Perché in realtà le mancava tutto, della persona distante. Le mancavano l’alterigia, le affermazioni di confini, la cortesia affettata, le pretese di autorità, il bisogno di riconoscimenti. Teneva la distanza che doveva tenere ma nulla più. Non creava sbarramenti, ma manteneva solo un perimetro di osservazione, che non pregiudicava delle tese di mano quando voleva prossimità. Globalmente è la persona che sa dirti, ogni momento in cui sia necessario farlo, nel modo più piano, dove puoi arrivare e che accetta tu le dica dove lei può arrivare. La sorella è sostanzialmente identica benché più giovane e si presenti in modo completamente differente. Eppure sono simili benché una totalmente immersa nell’aramaico e l’altra nelle tecniche di protezione delle reti informatiche.

Mercoledì 23 aprile, ho incocciato Ester che usciva da una lezione che aveva seguito in prima fila con aria da brava scolaretta di cinque anni. Era con Lara. La ho sorpassata senza preoccuparmi di loro passando ad un millimetro dai suoi piedi e ho proseguito veloce per la mia strada.

Il giorno dopo, giovedì 24, mi arriva alle spalle e mi chiede direttamente come entrare nel sistema dei nuovi PC. Le dico la password universale. Le ho anche detto come usare, con un trucco, i PC della sala informatica del terzo piano, ma lei come al solito stava pensando ad altro, non ha capito, per cui non ho insistito. Non le interessava nulla né di PC né di altro. Voleva solo mostrarsi, cercare di tirarmi nelle sue pazzie, che già avevo rifiutato con suo stupore e sgomento evidente, e pretendeva, naturalmente, che fossi io a fare dei passi per entrarvi. Altrimenti, se una vuole riaprire, o aprire, o vedere se è ancora possibile aprire o riaprire, un discorso franco e chiaro con una persona che ti ha già detto che vuole vederti, e che non ti ha mai mostrato la minima ostilità, non c'è nessun bisogno di giochetti ed esibizioni. Per quanto il parrocchiume abbia, in genere, una visione totalmente stravolta delle relazioni umane.

Venerdì 25 aprile, mi ha salutato con un sonoro  “Ciao!”, come ha poi preso a fare in altre occasioni, come a dire: “Guarda che sono qui! Dai...”, mentre parlava di nulla in corridoio con Lara. Lara appena ha percepito la mia presenza e visto il turbamento di Ester, la ha fatta oggetto di uno dei suoi equivoci quanto lugubri ed irrisori sorrisi con cui la omaggia in simili circostanze, come a dirle: “Hai visto?! Anche con questo riesco a non fartici fare nulla e nello stesso tempo ti faccio credere che l’inetta sia tu e solamente tu...”

Dopo due mesi da quando le ho parlato, e dopo averla, poi, sia evitata, che assistito divertito sia alle sue esibizioni con chi giudica innocuo e burattino, che osservato con commiserazione come si fa trattare da Lara che la svillaneggia piuttosto rozzamente e da Paperina che viene a controllarla, ho voluto incontrarla in biblioteca. Era il 30 aprile. Era in preda ad una delle sue ansie di redenzione del mondo e cercava di appagare la sua morbosità interessandosi ai massacri interetnici dell’Africa nera. Nera in viso.

Raccolta su se stessa. Si stringeva gambe e petto, al pensiero oscuramente eccitato del sangue degli sgozzamenti e delle donne montate a forza da bande armate: sublimazione macabra dei sangui della femminilità e della maternità, e della gioa e del piacere di farsi cavalcare per libera scelta e desiderio di piacere. Nei suoi occhi, c’erano le visioni del calpestio degli anfibi, delle urla, dei fuochi, delle violenze, degli orrori. Che potrebbero anche essere stati, cambiando i termini, in differente contesto, festa, danze, chiassi di liberazioni orgiastiche. In più, c’era probabilmente l'eccitazione che il nero procura talvolta sull’immaginario della femmina bianca.

Nei Balcani, solo a poche centinaia di chilometri da dove Ester è vissuta, sono accadute le stesse cose con relative benedizioni dei cleri ai loro clan. Quando le ho chiesto chi fossero i buoni e chi i cattivi, non ha risposto nulla. Il pretume non deve avergli detto che le chiese romane locali danno sempre la benedizione ai genocidi e che, specificamente, l’hanno data nei casi recenti dell’Africa nera. Vivono così. Prima benedicono gli Squadroni della Morte. Poi fingono di soccorrere le vittime. È modo per controllare e riferire ai boia, oltre che di mangiare su tutto e tutti. Esattamente come in America Latina ed altrove, dove fingono di stare con popolo, con le teologie della pseudo-liberazione, od altre demagogie, mentre si coltivano i ricchi e ricchissimi che vivono con salari europei ricchi mentre il popolo vive con salari cinesi, ed inferiori, ma in presenza di prezzi europei e superiori. Tecniche di marketing per coprire tutti i mercati. Che sono poi gli stessi giochetti che fanno le congregazioni evangeliche che non sono altro che la penetrazione nord-americana ed inglese in aree prima cattolico-romane.

Quando, non sapendo ancora l'oggetto della sua morbosità nera, la ho impattata, dicendole: “Hai un'aria molto teutonica [alias feroce]... Guardi quel libro come se volessi ucciderlo... Fallo!”, e le ho posato in mezzo al libro una taglierina da tappezziere, lei è restata impietrita. È vero che il libro era aperto come una fica, e che la taglierina era come un cazzo posato in mezzo, esattamente sulla riga centrale, sulla giunzione tra le pagine... Ma lei non ne ha dato una interpretazione razionale, o distaccata, o psicologica/psicanalitica, alla cosa. Lei ha visto nuovamente il pene, che io le avevo messo lì, sotto il naso, e che nuovamente attentava ai suoi desideri repressi ed alle sue nevrosi. Continuava a chiamarlo ‘coltello’, ed infatti voleva dire ‘pene’, mentre, al di là della forma, era una taglierina sì di forma vagamente fallica (come un pennarello etc), come milioni di oggetti, ma leggera, di plastica, che si vedeva fosse leggera e con una lama che, benché ritratta, era intuibile molto corta, a tronchetti di millimetri, esattamente per carta, tappezzerie o moquette, non per penetrare vagine. Infatti lei non la ha toccata neppure con un dito. Manteneva una guardinga distanza. Il fallo era lì. Lei lo aveva dinnanzi. Le sue dita ne restavano distanti, ritratte e nascoste, come sempre faceva dopo che gliele avevano picchiate, e perché non gliele picchiassero ulteriormente, i genitori quando era piccola. Alla fine la ho ripresa e messa in tasca, sì che cessasse di sentirsi minacciata da questo coso sotto il suo naso. Ma continuava a parlare di me come di una minaccia a lei, alla sua fobia per il piacere.

Le ho parlato, prendendo scusa appunto dalla mia taglierina che le dissi usavo per tagliare i sacchi dell’immondizia che i valloni amano - amavano, prima che cominciassi a tagliarglieli - abbandonare a tempo indeterminato nelle scale dove abito, e di come quello sia uno dei metodi da usare (comuni tecniche assertive, o pavloviane, sia elementari che un po’ più sofisticate) coinquilini-spazzatura, alias individui-spazzatura talvolta, zozzoni che pretenderebbero di fare i padroni del mondo.

Naturalmente non ha capito che la metafora era per la situazione che lei vive. Si limitava a ripetere: “Avranno pensato: questo è un faaaasciooo..., è uno proprio maaattooo..., ma io dico che ti si veeendicanooo”. Ester è ossessionata dal termine ‘matto’. Lo ripete in permanenza. Evidentemente ne era e ne è continuamente beneficiata dalla sua famiglia. O è conseguenza di un vocabolario estremamente limitato. Il tono, e la sostanza, era di chi balbettava escrementi che le scivolavano della lingua e della bocca e che la ricoprivano. E quando le ho detto, riferito al termine ‘fascio’, evidente etichetta su di me suggeritole da Lara: “Proprio ieri uno di Développement, mi ha attribuito una lunga stampa di un file di una dettagliata storia del MSI, che comunque non era mia ma probabilmente di altro italico. ...Di uno del ramo... dato che spesso le persone scrivono su quello loro sono... ...Senonché, io non mi occupo di politica né mi sono mai trovato ad avere contatti con quella sigla...”, se ne è uscita con un: “Eh, veeediii”, che non c’entrava nulla. Vedi che?! ...‘Sto cazzo!

Lei, in realtà, trovava conforto in ciò che si erano detti con Lara, dove fascio era sinonimo, nel loro immaginario, di cazzo duro. Come lo è, per loro, il fatto che uno abbia la testa rapata. ...Conclusione del tutto arbitraria, e tutta loro. Che pena! Probabilmente, c’è restata male quando me ne sono andato senza chiederle nulla.

Già la seconda metà di aprile ed ancor più a maggio, attorno a Lara c’era una situazione di inquietudine generalizzata. Da un lato Bibendum dedicava le sue giornate al rastrellamento sistematico di tutta l'area dove Ester poteva essere o passare: strade, biblioteche, sale informatiche, corridoi dell'università, supermercati, compreso il passare sotto il suo balcone e la sua finestra decine di volte al giorno, al punto che nel quartiere veniva confuso per l'addetto alla manutenzione degli edifici. Dall'altro, Ester era in moto ed in esposizione perpetua. Nelle biblioteche, si metteva presso grandi vetrate, con le altre due papere, da dove guardare chi passava nella strada e da dove essere vista. Ma anche lì era inquieta. Sentiva il bisogno, dopo un po’, di cambiare. Si spostava sconsolata in rastrellamenti del territorio, pur senza la foga di Bibendum.

L’inquietudine, l'ansia, sono divenute angoscia. L'agorafobia latente si è rafforzata. Sia per questo, che per le pressioni ambientali, che per rendersi più interessante (crede lei, sulla base dei suoi schemi), accetta, e subisce, la scorta di Bibendum. Lei naturalmente gli ha venduto che ama un altro, se non altro che dare ulteriore stimolo alle sue, di lui, autocolpevolizzazioni ed autocommiserazioni, e sì che qualunque cosa succeda, restino sempre delle ombre, anzi delle oscurità totali, ed una situazione falsa ed equivoca, ma per lei, Ester, giocabile. I solidissimi fondamenti della dannazione, da non lasciare al caso. Un domani potrà dirgli, con candido sadismo, un volgare: “Te lo avevo deeettooo... Sono fatta cooosììì...”.

Volgare, perché nella riserva mentale declamata, e voluta, c’è sempre una nullità, la falsità, di una interazione, che è non solo sottrarsi ma è soprattutto mancanza di rispetto, innanzitutto per sé stessi/e. Scorta: ci sono tanti modi di farsi scortare. Una si può vestire da ficona, con gambe ostentate, o dimenio di fianchi e di chiappe con l'ausilio di tacchi a spillo. O altri accorgimenti per valorizzare l’una o l'altra parte valorizzabile, o per rendere meno vili altre meno valorizzabili. Nulla di tutto questo. Lei riesce sempre ad assumere l'aria di chi, colla borsa della spesa ed in abiti da lavori domestici dell’altra metà di secolo, si stia frettolosamente recando in un negozio sotto casa in orario prossimo alla chiusura.

Lui le si dinoccola imbarazzato al fianco. E se incontra il rivale immaginario che lei gli ha fatto balenare – ‘rivale’ che o resta gelidamente indifferente o abbozza strane espressioni nell'imperativo di reprimere un sorriso irrefrenabile - Bibendum assume l'aria di sincero sbigottimento di chi si chiede: “E ora cosa faccio? Ester dimmi qualcosa!”, mentre rotea sconnessamente e rapidamente gli occhi alla ricerca di un qualsiasi conforto, che non riceve. In realtà, è tutto nelle fantasie, anzi nei fantasmi, precostituite/i. Nessuno attacca lui. Nessuno attacca lei. Nessuno attacca loro. Sebbene, poi, alla fine, le vittime siano vittime perché accettano di esserlo. Se in un gioco una parte non giocasse il suo ruolo il gioco sarebbe semplicemente rotto, impossibile. Lì, se lo giocano solo loro tra di loro...

Lunedì 12 maggio avevo preso tre libri alla biblioteca psicologia, di cui due di psicologia. Uno era Voice Therapy, che parlava della voce interiore che ognuno ha e che ora inibisce, ora incita all’azione, e che ora viene assecondata ora repressa. Martedì 13 lei era nell'usuale esibizione alla vetrata della biblioteca, sguardo nel vuoto. Quando le sono stato prossimo ha percepito la mia presenza. Allorché le sono passato affianco ha avuto un sussulto. Poco dopo sono ritornato silenziosamente. Quando, da dietro, sono arrivato pressoché di fronte a lei, mi sono rivolto a lei coi suoi due nomi ed il suo cognome e le ho detto: “Posso prestarti un libro?”. “Si, certo”, mi ha subito risposto, con disponibilità ed aria gradevolmente bambina da chi ha il piacere di un pensiero e di una attenzione.
“Devo solo restituirlo tra sette giorni. Non sei tenuta a farmi commenti, né mi interessano. Se vuoi lo leggi. Se non vuoi, non lo leggi. È tutto. Vado a prenderlo e te lo porto.”
“Va bene.”

Senonché: sgomento! Mentre faccio per andarmene, lei subito da brava scolaretta, ventre raggrinzito e piccoli passetti, si alza e si dirige da Lara, seduta pochi metri più in là, a riferirle tutto. Lara deve averla liquidata con uno sguardo sprezzante. Che del resto lei probabilmente avrà sia previsto che gradito, in ultima analisi.

Vado a casa a prendere il libro e glielo do. Lei vede il titolo. Io le dico che non c'entra nulla con la terapia della voce (la voce fisica) e non riesco a trattenermi un: “Tu confidati con la tua amica, che lei poi ti fa sputare sangue”. Ma a che serviva dirglielo... Perché lei non lo sa?! Se una persona non riesce a comportarsi in modo differente... Che pena! Nuovamente...

Fortuna che ho trovato, a casa, un biglietto di Li-hu, che mi diceva che sarebbe passata. Era l’una e non la aspettavo più. Se ne è arrivata trotterellante e sorridente, con aria complice, con panini caldi ed una bottiglia di Porto. Si è addormentata che le accarezzavo il viso sul mio ventre. E quando mi sono svegliato era lei che sorniona trastullava me. Mi ha chiesto se la amerò per sempre. Le ho risposto di no, che presto me ne andrò. Ma poi le ho anche detto che è impossibile non amarla per sempre.  Dopo un po’ mi disse che voleva essere richiavata. Le dissi che la la chiavavo due volte, ma che prima doveva chiamare la sorella.
- “Ecco non mi ami...”
- “No, anzi, ...vedrai...”
Chiavata la sorella un paio di volte, mi rigettai su di lei. Alla terza volta mi disse che era proprio distrutta:
- “Ecco, hai visto...”
Sorrise a lungo, complice...
Quando lei andò a darsi una sciacquata, vedendo la sorella che ne ne stava lì supina facendo finta di non sentire nulla, glielo scivolai lentamente nelle chiappe. Cominciò a sussultare pazza di piacere. Anch’io, in una cavalcata travolgente. 

Una settimana dopo, martedì 20 maggio, Ester tira fuori dalla borsa un libro differente, copertina meno nera di quello che le avevo dato io, di argomento diverso, le matrici input-output. Il ‘mio’ lo aveva lasciato a casa e sostituito con un altro. Lapsus freudiano... Dunque: non voleva restituirmelo, in realtà. Avrebbe voluto tenerselo, sebbene mi abbia fatto un altro dei suoi sconcertanti commenti: “Ma è un libro tristeee...” Eppure, in realtà, avrebbe voluto disfarsi di un libro, dandomelo, che a suo dire era, posso supporre, allegro. Sarà che è fuori dal mio modo di pensare che un libro possa essere triste o che possa essere allegro... Sta di fatto che lei, il ‘mio’, voleva tenerselo. Sennò non lo avrebbe dimenticato. Ma una sostituzione è più di una semplice dimenticanza. Nella dimenticanza c’è una assenza. Lei al contrario si era ricordata dalle restituzione. Lo ha persino preso. Solo che ne ha preso un altro ‘allegro’ che però voleva darmi al posto del ‘triste’, che voleva tenersi. Che non ci abbia capito nulla? O che ci abbia capito troppo? O che volesse tenersi una cosa mia...

Alle 15, quando mi ha finalmente portato il libro giusto, lei era differente. Nella zona volteggiavano Paperina e Lara. Lei mi ha visto, mentre entrava nella biblioteca. Mi ha raggiunto mentre ero nei pressi di un PC di consultazione biblio. Aveva tracce di disgusto sulle labbra e sul viso, e me lo ha dato come scrollandoselo dalle dita, liberandosi da qualcosa che la irritava e che rigettava. Lo ho preso proferendo a mezza gola un: “Addio”.

Giovedì 22 maggio, ero all'entrata della biblio che con la bocca stavo aprendo un pennarello per prendere un appunto su un foglio e lei alle mie spalle se ne esce con un altro dei suoi sonori “Ciao!”, che vorrebbero essere molto di più di un semplice saluto convenzionale.

Venerdì 23 maggio, ero da Clara. Lei mi viene sopra. Io le accarezzo il collo. E lei mi spara con noncuranza:
“Ah, oggi a legge c’erano miss soave e miss pigiamino. La prima era amorevolmente rapita dalla seconda, mentre la seconda ghignava compiaciuta tra i denti... Cosa ci trovi in quelle?...
“Per Paperina un senso di disgusto superficiale, per quanto in realtà non mi sconvolga, e la sua vista mi lasci sempre nell'indifferenza. Per Ester innamorata di Paperina un senso di pena...”

Ed era vero. Poi le ho scostato i capelli, e col filo dei denti ho cominciato ad accarezzarle ed a farle vibrare tutti i nervi del collo, sul suo lato destro, prima con delicatezza, poi con intensità sempre più profonda ed inarrestabile. Lei è sussultata tutta, come era inevitabile. Poi, al mio sorriso compiaciuto ed un po’ sarcastico, si è liberata dalle mie mani ed è andata a guardarsi allo specchio il magnifico segno rosso che le avevo lasciato.

È ritornata e mi ha detto tutta avvampata, ma pacatamente, controllandosi:
- “Ed ora come faccio con questo!”.
Allora la ho ripresa ed ho ricominciato con ancora più delicatezza, perché non potesse sottrarsi, a lavorarle l’altro lato del collo procurandole un piacere ancora più prolungato ed intenso. Dopo, le ho sorriso nuovamente, di sbieco, socchiudendo un po’ gli occhi.

E lei ancor più avvampata di finto rancore, in realtà piacere, ma con anche un’ombra di rabbia incontenibile, incerta tra il manifestarsi e lo sparire, da persona presa in un gioco/scontro psicologico:
- “Ed ora come faccio!? Non ne bastava uno?”
Io continuavo a sorriderle, tra la sfida e l'autocompiacimento. Per poi aggiungere sornione:
- “Qualche volta bisogna ben pagare un prezzo per il piacere... E poi oggi è luna piena... Lo sai che non posso farne a meno quando i lupi ululano ed i miei istinti più selvaggi si eccitano e si scatenano...”.
Ed ho continuato a guardarla compiaciuto ed ambiguo, prima di continuare in quel gioco, con lei vinta ed abbandonata, sempre più incurante della quantità dei segni, cui solo la cosmesi poteva ormai provvedere, nei punti in cui erano visibili.

A giugno, Nikita mi ha chamato a Tashkent. Così sono me ne sono definitivamente andato da LLN.

...In realtà, prima di andarmene....

Avevo sentito Ester che diceva che ormai aveva finito, non aveva più nulla da fare e che uno dei prossimi giorni avrebbe fatto la valigia, sarebbe andata a Bruxelles per, da lì, raggiungere la sua Bergamo.

Me ne stavo lì con Li-hu e la sorella che, nel cuore della notte, mi svegliai col cazzo duro, durissimo. Mi feci della pasta e poi la strapazzai in mezza dozzina di uova. Bevetti una gran quantità di Coca-Cola. Fu un problema poi pisciare, perché col cazzo duro ed eretto... Non so come facciano, al cinema, ad averlo snodato... Io se lo ho duro mi sta bello eretto e senza un grande gioco. ...Neanche a parlarne degli ‘slogamenti’ a 180 gradi che si vedono al cinema. Già meno sarebbe troppo, per il mio. A letto, stavo per risbatterlo dentro alle due, ma continuavo ad avere un pensiero fisso.

Mi vestii ed uscii. Ester abitava ad una trentina di metri più sù. Il suo appartamento aveva le finestre aperte. Scavalcai il balcone che dava sulla strada... La vidi lì distesa, con una cosetta chiara che la copriva. Mentre mi spogliavo le premetti con forza il collo sì da eccitarla e da farla sentire dominata. Con voce nieca ed un po’ apprensiva sussurrò:
- “Chi seeeiii? ...Cosa mi fai.”
- “Je suis Satan et je vais te foutre!” 

Passando da dietro, glielo misi nella fichetta che mi aspettava ben lubrificata. Cominciò a goderselo agitandosi, con la fichetta che si contraeva e godendo con la bocca da cui uscivano degli “Oh, ooh, oooh” sempre più profondi che le smorzavo tenendole il viso e la bocca ben premuti sul cuscino molle mentre la cavalcavo e me la godevo. Il senso di soffocamento le rendeva più intensi gli orgasmi. Le venni dentro quattro volte. Poi, con un lenzuolo, le legai come un sacco sul busto e sulla testa e con due estremità le legai le mani. Una cosa che si liberava un un paio di minuti. Con voce minacciosa, le sussurrai: “Je viens demain à te foutre de nouveau!”

Il giorno dopo seppi che era andata via. Incrociai Lara tutta ancheggiante e con culo esplosivo che mi lanciò un’occhiata di apparente disprezzo come a dire: “Che porco che sei...” E divenne tutta rossa, rossissima.

Mi dissi che dovevo farle lo stesso servizio... Andai a dare un’occhiata dove abitava. Non era di facile accesso. Tuttavia la serratura era sufficientemente spanata, di quelle basta introdurre un’altra chiave e si aprono egualmente. Provai. Funzionava.

La notte successiva, dopo avere chiavato le due sorelle, mi successe come la notte prima. Mangiai abbondantemente ed il cazzo continuava a restarmi irriducibilmente gonfio e duro. Ma non era solo quello. Era quel culo pieno di della porca di Lara che continuava a ronzarmi per la testa. Entrai in casa sua. Il rischio era pressoché nullo, dato che a LNN sono un po’ tutti alloggi studenti e pure abbastanza frequentati. Nessuno chiama la polizia per uno sconosciuto. Eppoi, uno fa sempre in tempo ad andarsene. Tenevano tutte le porte aperte, dato il caldo. Trovai la sua stanza senza grandi difficoltà nell’appartamento buio. Chiusi la porta della sua stanza, le montai sopra e la strinsi con le ginocchia come si fa con un cavallo. Mentre si svegliava, le premetti il cuscino sulla faccia e sulla bocca, mentre le fasciavo gli occhi stretti con un panno era nei pressi del letto. Capita la situazione, lei disse:
- “Non sono mica una puttana...”
- “Je m’en fiche. Je vais prendre ton petit bijou”, le dissi secco ed ultimativo.

Le tirai su le gambe piegandogliele, e glielo misi nella fica soda e piena. Oh, che goduria! La montai e la rimontai. Ed ancora ed ancora. Lei, godendo, continuava a dire: “Oh, amore... oh, amore...” mentre gorgogliava di orgasmi e la fica le schizzava soddisfatta.

Quando capì che me ne stavo andando mi disse:
“Ti voglio sposare...”
Ed io:
- “Impossible. J’ai deja trois femmes et dix enfants. Mais je reviens à te foutre...” 

Quando stavo uscendo passai davanti alla porta aperta di Paperina che aveva ascoltato il trambusto ed ora se ne stava lì tutta eccitata, nuda nel letto, con la fichetta appena coperta da un lembo di lenzuolo tra le gambine bianca. Voleva essere chiavata. ...Si era preparata... Ma mi faceva senso. Non ne avevo alcuna intenzione. Per cui, non mi trattenni. 

I giorni successivi, mi fu impossibile ripetere quelle incursione notturne. La vidi poi, un giorno che se ne stava andando trascinando una grossa valigia.

Mi dissi che non poteva esserci due senza tre. C’erano quelle bimbe ispaniche che continuavano a ronzare... Mi dissi che avevo solo da ripetere l’incursione con la più attraente del gruppetto. Anche una fosse uscita di testa e mi avesse mai denunciato, dopo essersela goduta, che cosa poteva dire? Per una vera violenza occorrono dei segni della stessa non i segni che una se la è goduta con orgasmi in rapida successione e di grande intensità... ...che erano gli unici restavano.

Nuria aveva un bel culetto pieno e quell’aria da pensare sempre al cazzo, sebbene fosse sempre con le sue amiche. Da alcune settimane si era sistemata nello stesso edificio dove abitavo io al piano si sopra. Ma non dava apparenza di stare con maschi. Doveva essersi trasferita lì con sue amiche solo per qualche ragione logistica. La serratura era una delle solite sbagasciate di quell'edificio. La notte che passai all'azione sempre col cazzo durissimo e dopo una certa quantità di pasta strapazzata con abbondanti uova, la aprii con una specie di spatola che infilai nella fessura della porta per fare ritratte il catenaccio della serratura. Il problema fu trovare la sua stanza. Non fu necessario.   

Nuria stava dormendo su un grande divano che stava nella cucina. Chiusi la porta della cucina. Mi spogliai mentre lei dormiva di grosso. Visto che era proprio di sonno duro, ne approfittai per sollevare il tavolo e metterlo contro la porta della cucina, sì che facesse ostruzione avessero mai tentato di aprirla. Poi, col cazzo turgido le fui sopra, da dietro. Lei si sveglio lentamente:
- “¿Quién es usted?”
- “Soy el italiano. ...estoy aquí para follarte.”
- “Oh, por favor...”, disse con aria annoiata.
- ¡Por supuesto! Te follo ahora!”, le dissi deciso, senza scoraggiarmi, mentre glielo mettevo nella passera passando da dietro. Scivolò dentro senza difficoltà...

Lei cominciò subito a godersela, con dei sussulti orgasmici sempre più profondi e sempre più rumorosi. Le finestre della cucina erano tutte aperte per cui le espressioni vocali del suo godimento si spandevano nei paraggi. Sentii qualcuna che ridacchiava sommessa. Forse le sue compagne di appartamento. Pensarono che finalmente di fosse decisa a farsi chiavare da qualcuno... Quando le venni dentro l’ultima volta, lei restò come esaurita e priva di sensi. Mi vestii rapidamente. La baciai sul collo. Staccai l’interruttore dell’elettricità dell’appartamento, sì che non rischiassi di trovarmi luci accese mentre uscivo e guadagnai l’uscita che era attaccata alla porta della cucina. La sentii poi che, nella notte, parlava fitta con le sue amiche di casa e gridava di tanto in tanto: “Viva l’Italia! Viva l’Italia! ...Dove sei?! Viva l’Italia!”
  
Mi venne duro ancora, dopo che mi mangiai di nuovo la solita pasta alle uova e mi idratai con bicchieri di Coca-Cola. Lo infilai alle due sorelle cinesi che stavano con me anche quella notte. 

Invece, qualche nera fichissima, con ancheggi sensuali, culetti belli pieni e vite finissime, non a caso figlie di governanti dell’Africa Centrale, la feci venire da me. Troppo rischioso farsi di quelle parti corsare. Prima di trovarsi la testa mozzata, nel cuore della notte, da qualche fratello o fidanzato nei paraggi... Bastava dire loro perché non facevano un salto da me per fare quattro chiacchiere, mentre sorridevano arrossendo, e poi spogliarle dopo averle tirate a me e loro, caldissime, mi si avvolgevano subito attorno. ...Venivano tra sonori schizzi vaginali... ...Davvero una razza superiore...

Infine fui io che, mi avevano già chiamato, dovevo avviarmi per Tashkent. Non mi piacciono né saluti né addii. Là, una casa familiare, degli amici in apparenza leali, per quanto sia sempre tutto effimero e mai nulla si rinnovi identico. La mia destinazione era l'Asia centrale e poi la Scozia. Potevo così passare nelle mie vere terre, dove ho il mio cuore più bambino. Il deserto torrido e gelido, bruciato dal sole, spazzolato dal vento e dalla tempesta. Il tempo che a volte si ferma, ed il cielo che altre scorre veloce. I suoni familiari, i luoghi della memoria. Il mio cavallo nero, la scimitarra, la mia Webley ed il mio Winchester. E soprattutto colla mia gente.

E dopo le terre alte. La fratellanza. I castelli. Gli spiriti dell'eternità. Le feste. I silenzi. La conoscenza.

Il viaggio per Tashkent, e poi anche i ritorno, ho voluto farlo via terra, per vedere scorrere i luoghi, per gustare la lentezza, perché ore e giorni che si cumulavano fossero un trapasso non una rottura. Da qualche parte a qualche altra parte. O più semplicemente per la materialità del viaggio, sempre più importante delle mete. Quando, seduto, il pullman mi trasportava, ed il rollio mi cullava, davanti ai miei occhi, improvvisamente... ...mille cose che non dirò mi apparivano e si consumavano.